Mentre televisioni e siti internet diffondono gli ultimi sondaggi, per molti americani le elezioni si sono già celebrate. Nelle ultime ore, nei trenta stati che danno la possibilità ai propri residenti di votare prima dell’apertura ufficiale dei seggi martedì mattina, hanno già votato circa venti milioni di elettori. Un dato straordinario che ha autorizzato molti osservatori a scommettere su una partecipazione elettorale da record, vicina o addirittura superiore a quella registrate negli anni sessanta. Le ansie e le speranze dei due campi si concentrano sul voto degli indecisi, che sarebbero in tutto venti milioni. Se Obama attenderà i risultati a Chicago dove sono attesi un milione di partecipanti a quella che i democratici immaginano come la celebrazione di massa di una storica vittoria elettorale, McCain si ritirerà nella sua Arizona in un contesto decisamente più intimo e, stando alle previsioni, molto meno allegro.


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Gli ultimi sondaggi danno infatti largamente in testa Obama. Stando a quelli pubblicati nelle ultime ore dalla CNN – che produce regolarmente un cosiddetto poll of polls, una media dei diversi sondaggi - e dal sito Pollster.com il margine a favore del senatore dell’Illinois sarebbe piuttosto ampio. Nel voto popolare, le previsioni di CNN e di Pollsters sono molto simili, con Obama che prevarrebbe con il 51% dei voti sul 44% di McCain. Ma come si sa, a contare sono il numero di grandi elettori che i due candidati saranno in grado di ottenere sulla base del voto dei singoli stati. Per vincere ne servono almeno 270. Se per CNN Obama se ne aggiudicherebbe 291 a fronte dei 157 di McCain con 90 grandi elettori ancora di attribuzione incerta, per Pollsters.com il candidato democratico potrebbe spingersi fino a 311 grandi elettori contro i 142 del rivale repubblicano ed 85 di attribuzione ancora incerta. In entrambi gli scenari, McCain non riuscirebbe a vincere nemmeno se facesse incetta dei grandi elettori degli stati in bilico e quindi non attribuiti a nessuno dei due candidati. Ad Obama basterebbe conservare tutti gli stati vinti da Kerry nel 2004 – come previsto da tutti i sondaggi - strappando qualche stato ai repubblicani. Uno stato con molti grandi elettori – come la Florida – sarebbe sufficiente a portare Obama alla Casa bianca. Due stati di minori dimensioni – come l’Ohio e la Virginia – sarebbero egualmente sufficienti a realizzare la grande impresa.

Obama all’attacco e McCain in difesa negli stati-battaglia
Ma vediamo quali sono gli stati-battaglia nei quali secondo gli attuali sondaggi si deciderà il destino presidenziale del paese. La mappa elettorale che da mesi ormai perseguita chiunque in America abbia una televisione o una connessione internet – quindi virtualmente l’intero paese – è a cinque colori: ci sono gli stati in cui Obama prevarrà sicuramente (blu) e quelli in cui è in testa ma con un margine più ridotto (azzurro), ci sono poi gli stati il cui orientamento per McCain è certo (rosso) e quelli in cui è in testa ma con un margine più ridotto (rosa), nel mezzo stanno gli stati incerti in cui la distanza fra i due candidati è troppo piccola da dare luogo all’attribuzione ad uno dei due candidati (giallo).

Troverete ovviamente bizzarra l’associazione dei colori ma, come si sa, in America il rosso è il colore dei conservatori, viceversa il blu è quello dei progressisti. Quindi, per i progressisti ed il loro candidato una mappa molto rossa – come quella delle elezioni del 2004 – è il peggiore dei incubi in questa vigilia elettorale. Ma a quanto pare la mappa del 2008 sarà blu come poche volte prima nella storia del paese. Sono infatti diversi gli stati che dovrebbero tornare a votare per un candidato democratico dopo quattro decenni di dominio repubblicano: uno di questi è la Virginia, che aveva votato a sinistra l’ultima volta nel 1964 quando il candidato democratico alla Casa Bianca era l’inventore della War on Poverty e vice di Kennedy Lindon Johnson.

Ma andiamo per ordine, partendo dagli stati che nel 2004 andarono a Bush e che oggi sono considerati più o meno solido territorio di Obama: l’Iowa (7 grandi elettori) dove il senatore dell’Illinois trionfò in uno dei primi appuntamenti delle elezioni primarie l’inverno scorso, l’Ohio (20) – lo swinging state per definizione senza il quale mai un candidato repubblicano ha conquistato la casa bianca, almeno nella storia recente - il New Mexico (5), il Colorado (9), il Nevada (5), la Virginia (13). Questi sono gli stati che, secondo entrambi i sondaggi, sarebbero destinati a diventare quasi certamente territorio di Obama: in alcuni di casi con un vantaggio tale da rendere un capovolgimento di fronte difficilmente ipotizzabile. Altrove Obama godrebbe di un vantaggio inferiore o attorno al tre per cento: è il caso della North Carolina (15 grandi elettori) – che pure CNN considera solidamente pro-Obama – del Missouri (11), della Florida (27) e del Nord Dakota (3).

Infine, in una manciata di stati sarebbe McCain ad essere in testa ma con un margine ristretto, inferiore al tre per cento. Stati solidamente repubblicani quali la Georgia (15), l’Indiana (11) ed il Montana (3). Tutti gli stati citati fino ad ora erano andati a Bush nel 2004. Ed è questa la ragione per cui il destino di McCain parrebbe secondo gli osservatori irrimediabilmente segnato: incapace di strappare ad Obama stati che nel 2004 sono andati ai democratici – come nel caso della Pennsylvania (21 grandi elettori) dove le speranze dei repubblicani sembrano ormai essersi sciolte come neve al sole – il candidato repubblicano si troverebbe a giocare semplicemente in difesa, con margini di svantaggio troppo elevati in un numero troppo alto di stati.

La lunga notte dei numeri
Ma quando sapremo chi è il nuovo presidente? Gli Stati Uniti hanno un territorio sterminato con cinque diversi fusi orari dalla costa orientale alle Hawaii. Ovviamente, non ci sarà bisogno di aspettare i risultati del voto di Honolulu per farsi un’idea di chi occuperà la Casa Bianca. Alcuni degli stati-battaglia si trovano sulla costa orientale, come nel caso di Virginia e Florida. Qui i seggi si chiuderanno quando saranno fra l’una e mezzo e le due del mattino ora italiana. In altri stati interessanti, quali Missouri ed Ohio, chiuderanno alla stessa ora, in New Mexico ed in Nevada alle quattro ed in California alle cinque, ora italiana. Quindi, se per esempio, la serata dovesse partire con un voto favorevole ad Obama in stati quali Florida, Virginia o Ohio si potrebbe ragionevolmente scommettere su una presidenza democratica. Se viceversa questo non accadesse, la nottata si annuncerebbe decisamente più lunga e avvincente.