Taglio del budget del 20 per cento, da 386,6 a 300 miliardi di euro. Nazionalizzazione dello sviluppo rurale. Flessibilità senza vincoli. Eliminazione degli impegni obbligatori per clima e ambiente. Indebolimento delle sanzioni e dei controlli. Dopo mesi di speculazioni, la Commissione europea ha presentato la sua proposta per la politica agricola comune, la cosiddetta nuova Pac, post 2027, mettendo nero su bianco un ritorno al passato che fa fare un salto indietro di oltre 30 anni, ignorando le crisi ambientali che penalizzano proprio l’agricoltura e premiando la produzione che inquina suolo, acqua, aria.

Proposta inaccettabile

“La proposta di smantellamento della Pac contenuta nella bozza di bilancio pluriennale presentata dalla Commissione, relativo al periodo 2028-2034 è inaccettabile – afferma Silvia Guaraldi, segretaria nazionale Flai Cgil –. Il taglio del 20 per cento che si profila per le risorse destinate all’agricoltura europea è un segno di miopia che frena il rinnovamento necessario a uno dei settori strategici dell’Unione. In questo modo si baratta il sostegno al comparto che produce uno dei principali beni comuni, il cibo, col finanziamento del peggior mercato di morte, l’industria bellica, in un’irresponsabile corsa al riarmo”.

Condizionalità depotenziata

Sono tanti i punti che non quadrano e che rappresentano una minaccia per i lavoratori, la biodiversità, la produzione agroalimentare sostenibile, l’ambiente. Partiamo dal capitolo del lavoro agricolo, ancora una volta marginale. Due gli aspetti principali: l’indicatore dell’occupazione che non viene considerato tra i parametri per definire il valore del sostegno e la condizionalità sociale che non viene rafforzata.

“Il settore agricolo è uno dei comparti a maggior tasso di informalità e a maggiore incidenza di sfruttamento e irregolarità – sottolinea Guaraldi –. Per questo la condizionalità sociale andrebbe rafforzata ed estesa a ogni contributo pubblico. Invece non solo non si è proposto di farlo, ma dietro alle tanto sbandierate semplificazioni vediamo un forte rischio di deregolamentazione a discapito della legalità e della dignità dei lavoratori del comparto”.

Lavoro ma non di qualità

Anche per l’Effat, la federazione europea dei sindacati dei settori alimentare e agricolo, manca l’ambizione di migliorare gli standard di lavoro nel settore: non ci sono incentivi legati alla creazione di posti di lavoro di qualità o alla ricompensa delle prestazioni sociali, mentre i pagamenti basati sugli ettari rimangono il criterio principale. In questo modo, si ignora la qualità e la quantità dell'occupazione.

L’articolo 62

In particolare l'articolo 62 della proposta istituisce il fondo europeo per la prosperità e la sicurezza economica, territoriale, sociale introducendo l’esenzione da controlli e sanzioni per le aziende agricole inferiori a 10 ettari. Si tratta di una deroga che escluderebbe oltre il 70 per cento delle imprese Ue, limitando così la condizionalità sociale ad appena il 30 per cento. “La tutela dei lavoratori non dovrebbe dipendere dalle dimensioni dell’azienda – scrive l’Effat in una nota –. Escludere le piccole trasmette un messaggio negativo: le violazioni dei diritti dei lavoratori sono accettabili se le aziende sono di piccole dimensioni”.

Povero ambiente

C’è poi la questione ambientale. Per il Wwf Italia, la Commissione europea sembra aver dimenticato le crisi climatiche e della biodiversità che colpiscono in particolare l'agricoltura.

“La proposta rischia seriamente di minare gli sforzi per promuovere le pratiche agroecologiche più sostenibili – sostengono dall’associazione ambientalista –, concedendo agli Stati un’ampia flessibilità nella definizione dei livelli di protezione ambientale e attenuando gli impegni per le azioni agroambientali e climatiche che saranno solo volontarie”.

Il meccanismo è chiaro: se i Paesi otterranno il pieno controllo sulla distribuzione del denaro pubblico destinato all’agricoltura, senza vincoli di spesa per le misure ambientali, gli incentivi per la protezione della natura rischiano di ridursi notevolmente se non azzerarsi del tutto. Senza regole chiare i governi potrebbero semplicemente soccombere alle pressioni delle corporazioni e destinare i fondi essenzialmente a favore di sistemi agricoli a elevato impatto ambientale.

Una Pac necessaria

La proposta sarà discussa dagli Stati membri nel corso del prossimo anno e dovrà poi essere approvata dal parlamento europeo. “Quello che è necessario è una Pac che guidi in modo efficace la transizione ambientale e che fornisca risposte alle aree interne a rischio di spopolamento e di dissesto idrogeologico – conclude Silvia Guaraldi –. Di tutto ciò non vediamo traccia, così come non si vede all’orizzonte una sufficiente redistribuzione delle risorse europee verso chi svolge in agricoltura una funzione sociale essenziale e verso chi rischia di essere strangolato dalle dinamiche di mercato”.