Un posto letto nei centri per migranti in Albania costa quanto un grande appartamento in una media città italiana: oltre 153 mila euro. È il dato più impressionante contenuto nella piattaforma “Trattenuti”, realizzata da ActionAid insieme al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari, che rende pubblici per la prima volta i numeri completi della detenzione amministrativa in Italia e nei centri albanesi.

Nel solo centro di Gjader, al marzo 2025 risultano 400 posti allestiti, ma per la costruzione - che include anche la struttura non abitativa di Shengjin - sono stati firmati contratti per 74,2 milioni di euro, spesso tramite affidamenti diretti. Il risultato: un posto effettivamente attivo è costato più di 153.000 euro.

Lo strumento più costoso

“L’operazione Albania è il più costoso, inumano e inutile strumento nella storia delle politiche migratorie italiane”, denuncia ActionAid. Una frase che sintetizza il paradosso: nel 2024, tra metà ottobre e fine dicembre, la Prefettura di Roma ha versato 570mila euro all’ente Medihospes per appena cinque giorni di attività reale dei centri, equivalenti a 114mila euro al giorno per trattenere 20 persone. Tutti rilasciati nel giro di poche ore.

Nel frattempo, il sistema funziona al 46% della capienza. Alla fine del 2024 erano 11 i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) attivi, con 1522 posti ufficiali, a cui si aggiungono i 1033 dei Centri di trattenimento per richiedenti asilo (Ctra). Ma tra ritardi, proteste e danneggiamenti, 263 posti risultavano vuoti su 1164 effettivamente disponibili.

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Detenzione che non rimpatria

La detenzione amministrativa, secondo la narrativa ufficiale, dovrebbe servire a facilitare i rimpatri. Ma i numeri raccontano l’opposto. Nel 2024, su 6.164 persone entrate in un centro di detenzione, solo 2.576 sono state rimpatriate: appena il 41,8%, il livello più basso dal 2014. Ancora più significativo: dai Cpr italiani è stato rimpatriato solo il 10,4% di chi ha ricevuto un ordine di espulsione.

I richiedenti asilo

Un altro dato allarmante è l’aumento dei richiedenti asilo trattenuti, arrivati a rappresentare oltre il 45% dei detenuti nel 2024. Di questi, il 21% non aveva ancora ricevuto un provvedimento di allontanamento, ma era comunque in detenzione, semplicemente perché aveva presentato domanda di asilo.

“L’utilizzo della detenzione come strumento della politica d’asilo segna un cambio di paradigma epocale, che pone gravi interrogativi circa gli obiettivi di uno strumento così impattante sui diritti fondamentali delle persone”, avverte Giuseppe Campesi, docente dell’Università di Bari.

La magistratura, negli ultimi anni, sembra reagire: le liberazioni per mancata convalida o proroga sono passate dal 9% del 2021 al 29% del 2024. Negli ultimi due anni, sono 186 le persone liberate dopo essere state trattenute illegalmente, tra cui l’89% dei richiedenti asilo entrati nei nuovi Ctra.

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Un sistema che produce morte e violenza

I costi umani si aggiungono a quelli economici. Tra il 2024 e l’inizio del 2025, tre persone sono morte nei centri di detenzione italiani, che si sommano a oltre 30 decessi registrati da quando è stata istituita la detenzione amministrativa. “Continua senza sosta l’investimento che dal 2017 si realizza sul sistema detentivo, nonostante sia nei fatti ingovernabile e strutturalmente violento, lesivo dei diritti fondamentali e patogeno”, sottolinea ancora ActionAid.

Per questo motivo, nella piattaforma “Trattenuti” sono ora disponibili anche gli eventi critici – rivolte, atti autolesionistici, incidenti – che si sono verificati nelle singole strutture. Numeri e storie che mostrano in modo tangibile il costo umano di una macchina opaca, inefficace e pericolosa.

Conti alla mano

“Alla luce dei posti vuoti sul totale dei disponibili – commenta Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid - il tentativo di utilizzare il Cpr di Gjader per detenere la popolazione straniera irregolare presente in Italia appare del tutto irrazionale e illogico, anche da un punto di vista economico. Oltre a essere inumano e inutile come strumento della politica migratoria è sicuramente il più costoso”.

“Basti pensare - continua che nel 2024 abbiamo spesso più di quanto investito nei 6 anni precedenti: 96 milioni di euro. Per dare vitto e alloggio alle forze dell'ordine per i Cpr remoti per soli 5 giorni di operatività nel 2024 abbiamo speso 528.000 euro per la sola Polizia di Stato. A fronte di ciò il numero delle persone rimpatriate resta lo stesso di prima: intorno al 10%”.

“Sostanzialmente – conclude Coresi - questi centri non dovrebbero esistere perché non raggiungono il loro obiettivo dichiarato, che è il rimpatrio, e costano enormemente. L'obiettivo reale quindi resta la detenzione, e continuare a costruire una costante visione criminalizzante della persona migrante”.

Una conferma

“Questo rapporto conferma quello che abbiamo sostenuto sempre sull'inutilità e l'assurdità di tutta questa operazione. E mostra ancora una volta quanto sia illogica la macchina che il governo Meloni ha messo in moto”, commenta Kurosh Danesh dell'Ufficio Immigrazione Cgil nazionale.

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“Al netto dei costi spropositati - continua -, è infatti fallimentare l'intero impianto concettuale che sta dietro il protocollo con con il governo albanese. All'inizio si voleva estendere la frontiera italiana. Ma questo progetto, attraverso diverse sentenze, si è dimostrato incompatibile con il quadro normativo e giuridico sia a livello europeo che italiano. Ora provano invece a usare Gjader come centro di smistamento per persone che già si trovano nei Cpr su suolo italiano, negando in sostanza i loro diritti”. Tutto questo - conclude Danesh - serve solo a giustificare questa spesa folle. Una spesa che crescerà ancora, tra l'altro. I centri albanesi, così come tutti quelli sul suolo italiano, sono luoghi inumani, e vanno chiusi immediatamente”.

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