La fine dell’illusione occidentale e la mano tesa verso la Cina
Le Monde 1 luglio 2020

L’adozione della legge sulla sicurezza di Hong kong ha messo fine alle speranze che giustificavano la politica di apertura degli Stati Uniti.

Gli occidentali hanno sbagliato a fidarsi della Cina? La legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino su Hong Kong riapre il dibattito. Hong Kong, che si trova all'incrocio del “socialismo dalle caratteristiche cinesi” e del capitalismo occidentale, è uno dei migliori barometri delle relazioni tra questi due mondi. Il 1° luglio del 1997, quando il Regno Unito restituì il territorio alla Cina, l’ottimismo era di rigore nel campo occidentale. Agli inizi degli anni’80, quando iniziarono i negoziati, il primo ministro cinese Zhao Ziyang non ritenne “ovvio che Hong Kong sarebbe stata gestita in modo democratico”?Otto anni dopo la caduta del muro di Berlino, ma anche dopo il massacro di Tienanmen, questo trasferimento pacifico di sovranità è la prova che, nonostante le differenze, ciò che avvicina i due sistemi è più importante di ciò che li separa. L’adesione della Cina all'Organizzazione Mondiale del Commercio nel dicembre del 2001 costituirà l’apice di questa politica.

Alcuni occidentali sognavano. E se Hong Kong introducesse il virus democratico nella società cinese?La legge sulla sicurezza nazionale segna la fine di questa speranza. Secondo il ministro cinese degli affari esteri, Wang Yi, Washington e Pechino sono “sull'orlo di una nuova guerra fredda”. Gli occidentali devono chiudere una politica che, per i francesi, iniziò nel 1964 con il riconoscimento della Cina comunista da parte del generale de Gaulle, ma che si impose realmente con la visita di Richard Nixon nel 1972.

Il presidente americano, convinto anticomunista, spiegò: “Nel lungo termine, non possiamo permetterci di lasciare la Cina eternamente al di fuori della comunità delle nazioni. (…) Il mondo non potrà essere sicuro fino a quando la Cina non cambierà. Pertanto, il nostro obiettivo, nella misura in cui possiamo influenzare gli eventi, dovrà essere spingere per questo cambiamento”.Una visione del mondo che “costituisce i semi dell’impegno”, una politica che definisce le relazioni sino-americane da quasi mezzo secolo” commenta l’americano esperto di Cina, Orville Schell, in un saggio dedicato a questo paese nella nuova rivista online The Wire. Durante tutto questo tempo non sono mancate le disillusioni per gli occidentali. Orville Schell racconta che, dopo i fatti di Tienanmen, il presidente George Bush padre inviò in segreto a Pechino il suo consigliere per la sicurezza nazionale Brent Scowcroft, per riprendere il dialogo. Ci si aspettava che l’istigatore del massacro, Deng Xiaoping, fosse sulla difensiva, ma accadde il contrario. “Non permetteremo mai a nessun popolo di interferire negli affari interni della Cina”, afferma il più alto dirigente dello Stato partito ad un emissario americano che, mortificato, spiega “che a torto o a ragione” gli americani erano sconvolti e che “il presidente Bush si trova in difficoltà”.

Cambiamenti che minacciano la governance del partito unico
A partire dal 1989, la Casa Bianca, invece di garantire la sicurezza mondiale, utilizza un altro argomento per giustificare la mano tesa: la democratizzazione inevitabile dei regimi totalitari sotto l’effetto della liberalizzazione dell’economia e del commercio. Il resto è storia. Il titolo del saggio di Orville Schell, The Death of Engagement, è chiaro. Questa politica che ha garantito cinquantanni di pace e di prosperità è finita. Orville Schell giunge alla conclusione che “Senza una riforma politica e senza una transizione della Cina per integrarsi nell'ordine mondiale attuale, non c’è più motivo per gli Stati Uniti a continuare questa politica dell’impegno. (…) Poiché Xi Jinping ritiene che tali cambiamenti siano una minaccia per la governance del partito unico, c’è una contraddizione fondamentale nel cuore dell’impegno che lo ha ucciso”.L’amministrazione Trump si spinge persino oltre. “Non avremmo potuto fare un errore più grande. Questo errore è il più grande fallimento della politica estera degli Stati Uniti dagli anni ‘30”, ha dichiarato il 24 giugno Robert O’Brien, consigliere per la sicurezza di Donald Trump. Per la Casa Bianca, bisogna “correggere quarantanni di relazioni con la Cina che vanno a senso unico, colpiscono gravemente la nostra economia nazionale e, in questi ultimi tempi, il nostro benessere politico”.

Strategia dell’impegno
La Cina segue da vicino il dibattito e risponde al saggio di Orville Schell che non è passato inosservato. Nel Global Times, il professore di relazioni interazioni dell’università di Fudan a Shangai, Shen Yi, ritiene che “l’impegno” di cui parla il professore Schell presenti dei difetti, tra questi il principale sarebbe condurre la Cina ad “un’evoluzione pacifica”, come lo è stato per l’Unione sovietica e i paesi dell’Est, il che, secondo lui, equivale ad “un’assimilazione asimmetrica da parte dell’Occidente”, e dunque ad “un suicidio”. In particolare, osserva che la strategia dell’impegno nata nel 1972 “non è più adeguata, poiché la divisione del potere tra la Cina e gli Stati Uniti è cambiata”.Mentre gli occidentali ritengono che la loro politica della mano tesa alla Cina abbia permesso a quest’ultima di arricchirsi, a loro svantaggio, come direbbe Donald Trump,

Pechino vede nella politica della mano tesa una trappola nella quale i dirigenti comunisti sono contenti di non esserci caduti. Dodici anni dopo la crisi finanziaria del 2008, che aveva già indicato la debolezza intrinseca dell’economia di mercato, la gestione dell’epidemia del Covid -19 è, a loro avviso, una muova prova della superiorità del sistema cinese.Sono anni che Xi Jinping teorizza il declino del modello occidentale, e i nazionalisti cinesi oggi ringraziano Donald Trump per averlo accelerato. Il controllo di Hong Kong è la prova che la Cina ritiene che il rapporto di forza è oramai a suo favore. È poco probabile che la “viva preoccupazione” espressa dai ministri degli affari esteri del G7, il 17 giugno, sia di natura tale da far cambiare idea alla Cina.


Il capo della giustizia John Roberts non è un eroe a favore dell’aborto
The New York Times 30 giugno 2020

L’ultima decisione della Corte suprema getta le basi per nuovi attacchi al diritto all'aborto.

Lunedì la Corte suprema ha difeso il diritto all'aborto. Il capo della giustizia John Roberts si è unito con i liberali nella corte per revocare la legge anti aborto nella Louisiana.Questa sentenza potrebbe sorprendere molte persone, dato che il capo della giustizia è un conservatore convinto e la corte ha una solida maggioranza di destra. Il presidente Trump ha ottenuto quella maggioranza nominando due giudici con il preciso intento di promuovere un’agenda di estrema destra, secondo la decisone dei gruppi legali come la Federalist Society. In cima alla lista delle priorità dell’agenda c’era l’abolizione dell’accesso all'aborto.Per di più, solo quattro anni fa il capo della giustizia Roberts contrastò in una causa la revoca della legge antiaborto nel Texas che era effettivamente identica a quella della Louisiana. Quindi la domanda centrale sulla decisione di lunedì relativa alla causa della June Medical Services contro Russo è: la disapprovazione che il capo della giustizia ha nei confronti dell’aborto prevale sul desiderio che la Corte rispetti la precedente decisione?

Sembra che non l’abbia fatto. In un parere concorrente che ha fornito il quinto voto alla maggioranza, il capo della giustizia ha scritto che la prassi della corte richiede di “trattare i casi allo stesso modo”. Ha scritto che dato che la legge della Louisiana, che impone ai medici che praticano l’interruzione di gravidanza di avere i privilegi di ammissione presso ospedali vicini allo loro clinica, presumibilmente nell’interesse della salute e della sicurezza delle donne, era più a o meno una copia identica della legge del Texas che la corte aveva in precedenza abrogato, e perché vincolava le donne allo stesso modo, “non poteva sopportarlo”.Va bene fino a quando dura, anche se non andrà molto lontano. Sarebbe un errore interpretare questa decisione come un segnale che il capo della giustizia abbia avuto un ripensamento per proteggere l’autonomia del corpo delle donne americane. Persino nell'opinione concorrente, il capo della giustizia Roberts ha affermato di credere ancora che la causa del Texas sia stata “decisa in modo sbagliato” e di aver votato per abrogare la legge della Louisiana unicamente nel rispetto di un caso precedente. Sembra che abbia deciso che le circostanze di questa causa non fossero ideali per paralizzare i diritti riproduttivi, ma ha lasciato questa possibilità al futuro.

La decisione assunta lunedì, con la sentenza collegiale scritta dal giudice Stephen Breyer, non è una buona notizia per la libertà riproduttiva in quanto è un rimedio temporaneo tra tutti i peggiori.L’accesso all’aborto in molte realtà del paese è abissale, ad esempio, solo cinque stati hanno una clinica in cui si pratica l’aborto. Se la legge della Louisiana fosse rimasta, le cliniche in questo stato (che hanno soltanto tre strutture) e in tutto il paese sarebbe state chiuse, obbligando molte donne a viaggiare percorrendo distanze più lunghe e sopportando costi proibitivi per ricevere un servizio per la salute riproduttiva. Ci sarebbe stata una violazione del diritto costituzionale all'accesso all'aborto senza “obbligo eccessivo”, lo standard di giudizio seguito dalla Corte suprema nella causa relativa a Planned Parenthood contro Casey nel 1992. Una corte distrettuale dello stato della Louisiana ha revocato la legge dello stato perché la legge creava un obbligo eccessivo, proprio come la legge nel Texas. Ma i conservatori della Corte di appello del Quinto Circuito hanno ribaltato quella decisione, stabilendo che la corte di grado inferiore aveva sbagliato, in quanto non era chiaro che la nuova legge avrebbe effettivamente gravato sulla capacità delle donne di praticare l’aborto.La decisione di lunedì ha ribaltato quanto ha decretato il Quinto Circuito, sostenendo che la corte distrettuale aveva deciso giustamente la prima volta. La legge della Louisiana, ha scritto il giudice Breyer, conteneva “pressoché parole identiche” alla legge incostituzionale del Texas e imponeva obblighi identici, se non maggiori, sulle donne, e, per questo, è stata abrogata.


Merkel offre il ramoscello di ulivo ai “quattro paesi frugali” sul fondo per la ripresa dell’Unione europea dalla crisi
Financial Times 29 giugno 2020

Il cancelliere tedesco ed Emmanuel Macron sostengono la spinta franco tedesca per arrivare ad un accordo sulle misure per la ripresa economica dopo la pandemia.

Angela Merkel ha offerto un ramoscello di ulivo ai “quattro paesi frugali” che si oppongono ai piani della Commissione europea di 75 miliardi di euro, affermando che i paesi della UE devono mostrare la volontà di riformare le loro economie rendendole più a “prova delle sfide future”. Merkel ha espresso fiducia nel fatto che i Capi di stato e di Governo europei potranno raggiungere un accordo sul fondo per la ripresa economia della UE e sul nuovo bilancio del blocco europeo nel vertice che si terrà a luglio, anche se ha ammesso che c’è ancora “molta strada da fare”.Il cancelliere ne stava parlando in una conferenza stampa congiunta con il presidente francese Emmanuel Macron a Meseberg, una residenza signorile barocca fuori Berlino, a soli due giorni prima dell’assunzione della presidenza di turno di sei mesi della Germania.A caratterizzare i rapporti saldi tra la Francia e la Germania, che sono prosperati durante la pandemia del coronavirus, Macron è stato il primo Capo di stato estero ad aver fatto un incontro di persona da quando è stato imposto il confinamento.La dimostrazione di unità ha un valore enormemente simbolico.

Merkel e Macron sono stati in prima linea nel tentativo di trascinare l’Unione europea fuori da quella che dovrebbe essere la peggiore recessione della storia europea, provocata da una pandemia che ha causato la morte di oltre 500.000 persone nel mondo e messo sotto pressione il tessuto sociale e l’economia dell’Europa.I due hanno proposto l’idea di un fondo per la ripresa economica della Ue a metà maggio per aiutare il blocco europeo a far fare un balzo indietro alla crisi economica provocata dal coronavirus. Il piano prevede che la Commissione europea contragga dei prestiti sui mercati internazionali di capitali e finanzi con sussidi in danaro quei paesi che sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia. La Commissione ha successivamente ampliato la sua proposta a 750 miliardi di euro, dei quali 500 miliardi di euro sotto forma di sussidi. Ma i Capi di stato e di Governo dell’Unione europea sono profondamente divisi riguardo ai dettagli dell’impianto. Il disaccordo riguarda le dimensioni dell’impianto, quanto dovrebbe essere dato sotto forma di sussidi e quanto sotto forma di prestiti, il periodo in cui sarà operativo e la data in cui si avvierà la restituzione del danaro prestato.I cosiddetti quattro paesi frugali, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca e Austria, vogliono che il fondo sia più piccolo e che gran parte del danaro assegnato sia sotto forma di prestiti e con condizioni.

Merkel ha affermato che sono stati tenuti un “enorme numero di colloqui” con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per cercare di spianare la strada ad un accordo nel vertice del 17 – 18 luglio, anche se ha ammesso che esistono “alcune resistenze da superare”.Il cancelliere si è rifiutato di anticipare le discussioni sulla forma finale del fondo di ripresa, limitandosi ad affermare che deve essere “uno strumento forte che... deve realmente aiutare quei paesi che altrimenti rischierebbero di essere colpiti molto negativamente dalla crisi”.Ha affermato che se alcuni paesi usciranno dalla turbolenza economica molto più deboli di altri “questo potrebbe mettere in discussione la coesione e la convergenza dell’Unione europea, e il funzionamento del mercato singolo”.Ma ha espresso anche una certa simpatia per gli scettici e le loro domande poste sulla riforma, affermando che non è sufficiente concordare un nuovo bilancio europeo ed un fondo per la ripresa economica. “Ciascun paese deve guardare le proprie politiche interne e renderle più a prova delle sfide future”. Macron ha insistito sul fatto che i 500 miliardi di euro destinati al fondo debbano essere allocati sotto forma di sussidi, non di prestiti, che spingerebbero i paesi ad indebitarsi ulteriormente. Ha affermato lunedì che l’impianto per il dopo coronavirus “riguarda la solidarietà, ma anche gli interessi dei paesi”, perché non potrebbero prosperare se il mercato singolo europeo dovesse essere danneggiato. Macron ha affermato: “Abbiamo raggiunto il momento della verità per l’Europa”. “Con questo deciso impegno franco-tedesco possiamo trasformarlo in successo”.


Elezioni comunali 2020 in Francia: tre terremoti in uno scrutinio atipico
Le Monde 30 giugno 2020

Il secondo turno elettorale di domenica 28 giugno è stato caratterizzato da un’astensione record, da un forte aumento degli elettori ecologisti e da un bisogno di rinnovare il personale politico.

Lungi dal perdere intensità, le inquietudini che interessano da qualche anno il paesaggio elettorale si accentuano. Caratterizzate dal un tasso di astensione record, da una forte spinta all’impegno ecologista e dalla caduta di diversi grandi bastioni, la seconda tornata elettorale delle elezioni comunali, che si è tenuta domenica 28 giugno, è allo stesso tempo atipica e rivelatrice. Atipica perché le elezioni sono state caratterizzate dall’inizio alla fine dalla crisi sanitaria legata alla epidemia del Covid-19. Rivelatrici perché evidenziano l’importanza delle aspettative ambientaliste in un contesto di profonda crisi democratica.Serviranno analisi dettagliate per capire perché il 59% degli elettori chiamati a votare domenica i propri consiglieri comunali abbiano scelto di andare a fare altro. Avevano forse paura di essere infettati dal virus? Hanno voluto dire ai dirigenti che non capivano il senso di questa campagna impossibilitata per tre mesi dal confinamento e, quindi, dalle misure di distanziamento fisico? Hanno voluto sottolineare la loro indifferenza crescente verso un processo elettorale qualunque esso sia?

In ogni caso, il risultato è allarmante per le sue dimensioni.L’astensione non ha mai raggiunto un livello simile nella V Repubblica nelle elezioni comunali considerate dai francesi le elezioni preferite: il sindaco è il rappresentante eletto per eccellenza ed è rimasto tale, fino a questa domenica, essendo stato relativamente risparmiato da una fiducia che ha riguardato tutti gli alti rappresentanti. Alla luce del terremoto che si è appena verificato, nessun partito può essere esonerato da una profonda riflessione volta a rinnovare l’offerta politica e le pratiche politiche.La forte spinta degli elettori ecologisti si introduce in questo contesto. Arrivati in terza posizione nelle elezioni europee del 2019, i Verdi non immaginavano che l’anno dopo, alla guida di coalizioni di sinistra, sarebbero stati scelti per gestire Marsiglia e Lione, cioè la seconda e la terza città della Francia, ma anche Bordeaux, Strasburgo, Tours, Poitiers, Besançon, Annecy. Lungi dall’aver messo in secondo piano l’emergenza ecologica, il confinamento ha, invece, accelerato la presa di coscienza dei cittadini, soprattutto nelle grandi città.A Parigi, Anne Hidalgo l’ha capito subito. Altri sindaci uscenti non sono stati rieletti. L’onda irreprimibile ha causato la caduta di qualche bastione di altissimo valore simbolico: la fine dell’era Collomb a Lione, il fallimento del sistema Gaudin a Marsiglia, sgretolamento dell’eredità Juppé a Bordeaux. Ogni volta, dei quasi sconosciuti, investiti dai loro elettori dell’obbligo di agire rapidamente e con determinazione per contrastare il riscaldamento climatico, hanno scosso l’ordine costituito, rafforzando l’impressione di dare un colpo di scopa con questa tornata elettorale.

Sconvolto, Emmaluen Macron, il cui partito subisce un serio arretramento, vede emergere alla sua sinistra un’offerta politica attraente anche se non ancora strutturata.  Invece, la destra resiste nelle città di dimensioni medie.La tenaglia si chiude, obbligando a trarre da questo scrutinio tipicamente locale una rapida lezione nazionale. Il presidente della repubblica non ha più scelta, deve rendere la sua politica verde. Questo ha inizio con la decisione annunciata, lunedì 29 giugno, di ricorrere a dei referendum per l’adozione di testi importantissimi tra le 150 misure raccomandate dalla convenzione sul clima dei cittadini. Il presidente dovrà decidere molto rapidamente se mantenere o meno il suo primo ministro. La sua scelta è molto difficile poiché l’uomo forte del duo dirigente è più che mai Edouard Philippe, eletto a Le Havre con quasi il 59% dei voti.


Hogan abbandona la corsa per il posto di direttore generale dell’OMC
Politico.eu 29 giugno 2020

In una dichiarazione rilasciata mercoledì, Hogan ha affermato: “Oggi ho informato il presidente della Commissione che ho deciso di non presentare il mio nome per la posizione di direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio”.

“Dopo essermi consultato con il presidente Von Der Leyen, e dopo aver ricevuto la sua approvazione, ritornerò immediatamente alle mie funzioni di commissario al commercio”.Hogan ha colto di sorpresa molti a Bruxelles quando alla fine di maggio annunciò di voler “esplorare” una possibile candidatura all’OMC. I paesi dell’Unione europea non lo hanno sostenuto subito nell’incontro dei ministri per il commercio nel mese di giugno. La Francia e i Paesi Bassi, in particolare, affermarono che l’Unione europea avrebbe considerato il sostegno di candidati non europei.I paesi europei liberali si sono preoccupati del fatto che l’abbandono di Hogan possa compromettere gli equilibri del potere a Bruxelles e spianare la strada ad un commissario europeo al commercio più protezionista.Le notizie secondo cui l’OMC ha ritardato la decisione nella lotta tra Bruxelles e Washington in merito ai sussidi per il Boeing ha, inoltre, accresciuto le pressioni su Bruxelles perché intervenisse.Nella dichiarazione di mercoledì, Hogan ha suggerito che la corsa per l’OMC si trascinerà più a lungo rispetto a quanto previsto inizialmente ed ha affermato che il prolungarsi di una corsa simile per la direzione dell’OMC creerà “incertezza” nel momento in cui le dispute in materia commerciale dell’Unione europea con gli Stati Uniti e i negoziati con la Cina hanno richiesto “una partecipazione piena e attenta dell’Unione europea e, in particolare, del commissario al commercio”.


I lavoratori di Amazon in Germania scioperano per la sicurezza per evitare il contagio del virus
Financial Times 29 giugno 2020

L’impennata dei casi di contagio nei centri operativi più grandi dell’azienda nel paese rinnova le tensioni relative agli sforzi per proteggere il personale.

Sono almeno 2.000 i lavoratori dei magazzini di Amazon in Germania ad aver scioperato per i problemi di sicurezza legati al coronavirus, dopo che l’impennata dei casi di contagio in due centri operativi hanno riacceso le tensioni sugli sforzi dell’azienda per proteggere il personale.Secondo il sindacato Verdi, i dipendenti di sei strutture Amazon non si sono presentati a lavoro lunedì. Il sindacato Verdi ha chiesto all’azienda un incontro per discutere dell’accordo collettivo in materia di protezione della salute sul lavoro e di una retribuzione migliore. Lo sciopero, che secondo il sindacato durerà “almeno” due giorni, giunge mentre 40 lavoratori di due centri Amazon della città tedesca di Bad Hersfeld sono risultati positivi al virus nelle ultime due settimane.

La città, che ospita il più grande centro operativo di Amazon in Germania con 2.800 lavoratori e un impianto di dimensioni più piccole con 800 persone, è situata a circa 200 chilometri a sud est di Rheda- Wiedenbrück, dove un recente focolaio in un impianto per la lavorazione delle carni ha alimentato un’impennata del numero dei casi di contagio del coronavirus che ha raggiunto il livello più alto registrato in settimane.Verdi ha criticato Amazon per non aver rallentato gli obiettivi della produzione che interessano i lavoratori che indossano le mascherine, che creano molte difficoltà di respirazione. Inoltre, il sindacato ha sostenuto che la politica di Amazon volta a dare semplice conferma della malattia dei lavoratori, ma non a comunicare in quanti o quali turni i lavoratori hanno lavorato, ha reso difficile al personale fare una valutazione dei rischi.“Il principale problema è la mancanza di trasparenza. Questo significa che i lavoratori non sanno se esiste un problema in un centro operativo”, ha affermato Andre Scheer, segretario del sindacato Verdi. “Quando i colleghi scompaiono, ci chiediamo se siano malati o in quarantena?”Dall’inizio della pandemia, Amazon ha conosciuto proteste e scioperi negli Stati Uniti, in Italia e in Francia, poiché i dipendenti hanno contestato le misure di protezione per la loro sicurezza ritenute insufficienti.

Il mese scorso, l’azienda ha subito un colpo molto duro quando il vicepresidente e ingegnere di punta ha dato le dimissioni in seguito al licenziamento di denuncianti (whistleblowers) che avevano sollevato preoccupazioni per la sicurezza dei colleghi nei magazzini.Amazon non ha rilasciato commenti sui nuovi contagi in Germania, ma ha affermato che oltre il 60% dei 13.000 lavoratori nel paese ha lavorato nell’azienda da più di cinque anni, il che “prova che siamo un datore di lavoro onesto”. Ha aggiunto che gli scioperi non hanno fino ad oggi compromesso gli ordini dei clienti in Germania, il mercato più grande al di fuori agli Stati Uniti.L’azienda, che ha avvertito che i costi del coronavirus potrebbero annullare i profitti realizzati con l’aumento delle vendite da quando è comparsa la pandemia, ha affermato di aver ordinato 21 milioni di guanti e 19 milioni di mascherine e visiere all'interno delle precauzioni di sicurezza adottate per i lavoratori in Germania.Il sindacato Verdi ha una vertenza con Amazon che dura da anni, nella quale ha chiesto che il rivenditore online allinei la sua retribuzione con gli accordi collettivi del settore della vendita al dettaglio e della vendita per corrispondenza. Il segretario generale del sindacato Verdi, Scheer, ha affermato: “Amazon rifiuta tutti i contratti collettivi e rifiuta di negoziare con i sindacati sulla retribuzione, quindi rifiuta di negoziare anche sulla protezione della salute e sulla sicurezza sul lavoro”.


Laburisti: La disoccupazione totale raggiungerà i livelli degli anni’80 senza nuovi aiuti dello Stato
The Guardian 27 giugno 2020

Il Partito Laburista chiede di intervenire con urgenza per salvare l’economia mentre Boris Johson si impegna a “costruire, costruire, costruire”.

Mentre i principali partiti si uniscono alla battaglia su come salvare l’economia dalle rovine della crisi del Covid – 19, i laburisti hanno avvertito oggi che la disoccupazione in Gran Bretagna potrebbe svettare ai livelli degli anni ’80, a meno che i ministri non sosterranno le imprese in difficoltà a causa del confinamento.La nuova analisi presentata dalla libreria della Camera dei Comuni mostra che un milione di persone potrebbe aggiungersi agli attuali 2.8 milioni di disoccupati, a meno che non venga dato un aiuto aggiuntivo a partire da agosto. La disoccupazione nel Regno Unito ha raggiunto il picco di 3.3 milioni nel 1984 con Margaret Thatcher. Martedì, Il primo ministro annuncerà piani che prevedono di “costruire, costruire, costruire” nuovi alloggi, ospedali, scuole, strade e progetti ferroviari a una velocità molto accelerata, avvalendosi di una taskforce denominata “progetto veloce” e presieduta dal cancelliere Rishi Sunak.Per i laburisti l’esigenza più urgente è proteggere i posti di lavoro esistenti nei settori in cui non sanno ancora quando riapriranno. Tra questi ci sono i nightclub, i casinò, le palestre chiuse, le piscine, il fitness e le scuole di danza, il bowling, le aree gioco all’aperto, i centri congressi, i centri di estetica e solarium

Secondo gli attuali piani del Tesoro, i datori di lavoro dovranno versare dei contributi ai programmi di cassa integrazione a partire da agosto, i contributi assicurativi di cui beneficiano i datori di lavoro nazionali e i contributi previdenziali, anche nel caso in cui non dovessero riaprire le attività. Lo stato sta attualmente coprendo l’80% dei salari fino al tetto massimo di 2.500 sterline.Il governo terminerà definitivamente il programma a novembre, creerà un potenziale scoglio per molte imprese che faticano a non andare in perdita.I laburisti chiedono che i settori economici che rimarranno completamente o parzialmente chiusi siano esentati dal dover pagare i contributi assicurativi dei datori di lavoro almeno fino a quando l’attività commerciale non sarà nuovamente favorevole. Questo potrebbe incoraggiare le imprese a mantenere i lavoratori nei loro libri paga invece di licenziarli.Il segretario alle imprese del governo ombra, Ed Miliband, ha affermato al The Observer che l’intera attenzione dovrebbe andare ai “posti di lavoro, posti di lavoro, posti di lavoro” con un bilancio incentrato sul Ritorno A Lavoro da realizzare al più presto, e un obiettivo flessibile che aiuti le imprese a rischio, come accade in altri paesi come la Nuova Zelanda.“Le dimensiono dell’emergenza economica sono enormi. Ma il governo sta tirando il tappeto da sotto le imprese che danno lavoro ad un milione di persone, alle quali chiede di iniziare a sostenere il costo della cassa integrazione quando non sanno neanche quando potranno riaprire”.

Miliband ha poi aggiunto: “L’approccio del governo sarà mettere in pericolo i posti di lavoro, le imprese e il tenore di vita, il che imporrà costi su noi tutti. Se non agirà per proteggere i posti di lavoro non farà altro che aumentare gli oneri che affrontiamo con il pagamento di benefit più alti, la perdita di entrate fiscali e un’economia più piccola”.In un articolo pubblicato nel Observer, l’ex primo ministro laburista e cancelliere Gordon Brown ha scagliato una critica fulminante alla risposta economica data dal governo al Covid-19, accusandolo di “spaventare e ritardare” e di tradire i più bisognosi. Ha chiesto che sia presentato a luglio un bilancio con lo “scopo principale” di essere da “sostegno e, se necessario, di ricapitalizzare le imprese britanniche sostenibili e di prevenire la disoccupazione di massa”. Ed ancora: “Un bilancio a sostegno dei posti di lavoro dovrebbe includere agevolazioni fiscali limitate ai lavoratori con contratto a breve termine, aiuti per la riqualificazione di coloro che sono costretti a cambiare lavoro e realizzare una completa occupazione, esperienze di lavoro e programma di formazione per la nuova generazione che abbandona precocemente la scuola e i laureati che affronteranno la disoccupazione giovanile in un autunno senza eguali”.“Invece, il Tesoro, impaurito dalle probabili dimensioni del debito e dal deficit di cui si occupa da vicino Dowming Street n°10, sembra essere in una situazione di confinamento virtuale.

Avendo agito come colomba di primavera generosa in economia, ora, purtroppo, sta per diventare il falco di autunno che aumenta le tasse.”Il Tesoro insiste che il programma per la cassa integrazione non ha eguali in nessun altro sistema economico. Sta finanziando più di 8 milioni di lavoratori. Si stima che il costo sia di 14 miliardi di sterline al mese.Johnson affermerà nel suo discorso che non si ritornerà all’austerità imposta dalla coalizione dei Conservatori e dei Liberali Democratici nel 2010, con tagli alle spese dei bilanci governativi fino al 40% e a riduzioni selvagge dei finanziamenti ai consigli.Dovrebbe, invece, annunciare che il governo investirà enormi somme nel settore dell’edilizia e dell’infrastruttura, ed accelererà la costruzione di alloggi e di altri piani infrastrutturali annunciati dal manifesto dei conservatori. È probabile che porrà l’accento sulla riforma del sistema di pianificazione e sulla riduzione della burocrazia, che per gli ambientalisti significherà un allentamento della protezione ambientale.

Il leader dei laburisti Keir Starmer ha ricevuto un sostegno dall'ultimo sondaggio realizzato da Opinium, in cui risulta in vantaggio rispetto a Boris Johnson per la prima volta da quando agli elettori è stato chiesto chi preferissero come primo ministro il (37% per Starmer, mentre il 35% per Johnson).I laburisti, inoltre, si trovano in una posizione di vantaggio rispetto ai conservatori per le valutazioni dagli intervistati alle risposte date alla crisi del Covid-19. L’Indice di gradimento del governo è inferiore a 10, mentre quello dei laburisti è salito di nove punti in una settimana, è superiore a 9. Dopo una settimana in cui molte persone si sono ammassati nelle spiagge ed è sembrato che alcuni stessero violando le regole del distanziamento sociale, circa la metà (54%) pensa che il Regno Unito stia uscendo troppo presto dal confinamento, rispetto al 46% della scorsa settimana.


Perché il primo ministro tecnocrate in Italia è così popolare
The Economist 27 giugno 2020

A Giuseppe Conte viene riconosciuto tranquillamente il merito della gestione del Covid-19.

L’Italia ha avuto nei tempi moderni altri presidenti del consiglio tecnocrati che non erano iscritti ad un partito: Carlo Ciampi, Lamberto Dini e Mario Monti, tutti loro hanno assunto l’incarico con curriculum vitae più illustri di Giuseppe Conte. Conte era un professore di diritto sconosciuto quando, nel 2018, fu utilizzato dal Movimento Cinque Stelle antisistema per guidare la coalizione populista con la Lega Nord di estrema destra. Eppure, nessuno degli altri tecnocrati era riuscito a guidare un secondo governo come Conte ha fatto dallo scorso settembre, quando il M5S cambiò partner di coalizione per unirsi al Partito Democratico di centro sinistra.Non solo questo. Conte ha aumentato sempre più la sua popolarità. I sondaggi della società di mercato Ipsos hanno mostrato che l’indice di gradimento del presidente del consiglio è aumentato vertiginosamente a marzo, passando dal 50% al 61%, la stessa percentuale registrata nuovamente l’11 giugno. Questo è dovuto chiaramente al Covid-19, il che può sembrare strano. Il 9 marzo Conte ha imposto uno confinamento tra i più rigorosi in Europa e la gestione della crisi da parte del suo governo è stata pressoché impeccabile.

L’Italia è stata in Europa il primo paese ad essere stato colpito duramente dal Covid-19, e gli italiani sembrano non solo averne tenuto conto, ma di aver apprezzato il modo con cui Conte si è assunto la responsabilità della gestione della crisi.Per rafforzare la sua immagine autorevole, Conte ha convocato una nove giorni su come rilanciare l’economia italiana, dal magniloquente titolo Stati Generali. Il suggerimento più attraente di ridurre l’IVA in modo drastico ha ricevuto un tiepido successo. Eppure, Conte rimane il presidente del consiglio più popolare rispetto agli altri, e le ipotesi recenti hanno puntato soprattutto a stabilire se potrà diventare leader dei Cinque Stelle, che non ha un capo politico da quando Luigi Di Maio si è dimesso a gennaio, oppure leader di una nuova formazione politica, per la quale è stata ventilata l’ipotesi che potrebbe chiamarsi Con te.Conte ha scartato la seconda possibilità. 

È senza dubbio consapevole dell’esperienza infelice di Monti alle elezioni politiche del 2013, quando la sua alleanza ottenne meno dell’11% dei voti. I sondaggi hanno suggerito che la nuova formazione politica Con te potrebbe persino realizzare un risultato peggiore, ma un Movimento Cinque Stelle guidato dal presidente del consiglio potrebbe raccogliere il 20% o persino il 30% dei voti. Questa è una tentazione allettante, non solo per Conte, ma per un partito che dallo scorso settembre è passato dai fallimenti agli scandali. L’ultimo problema è arrivato con il rapporto su Gianroberto Casaleggio, che ha contributo a creare il M5S, e che avrebbe accettato una donazione di 3.5 milioni di euro dal regime venezuelano di Hugo Chavez nel 2010. L’ambasciata venezuelana di Roma ed il M5S hanno negato. Ma le continue defezioni dal M5S, l’ultima è del 23 giugno, hanno lasciato il governo con una sottile maggioranza parlamentare allarmante. Non è il solo partito a trovarsi in difficoltà. La Lega, sebbene sia il partito più favorito, è scivolato in basso nei sondaggi, a circa il 25%, 12 punti in meno rispetto al picco raggiunto lo scorso luglio. Il suo leader, Matteo Salvini, accusa la pandemia dei risultati, soprattutto le restrizioni che gli hanno impedito di tenere le sue solite manifestazioni e passeggiate.

Ma la discesa è iniziata ben prima del confinamento, e i sondaggi suggeriscono che i numeri in aumento dell’ala destra provengono dal partito più convenzionale, anche se probabilmente più di estrema destra, e conservatore, il Partito Fratelli d’Italia, che negli ultimi sondaggi ha ottenuto il 15%. Il Partito Fratelli d’Italia è stato costruito su quanto è stato lasciato dal movimento neofascista. Gli italiani danno ancora ai loro concittadini europei molto di cui preoccuparsi.


Sottostimare i rischi dell’annessione
The Economist 27 giugno 2020

Il piano del primo ministro israeliano di annettere parti della Cisgiordania sconvolgerà gli alleati e i nemici.

Nove uomini e una donna hanno guidato Israele dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967 che portò la Cisgiordania sotto il suo controllo. Quasi tutti pensavano che sarebbe stato troppo pericoloso annettere parti del territorio oltre Gerusalemme est. È vero, Israele ha costruito diversi insediamenti dalla Guerra dei Sei Giorni, tanto che oggi nella Cisgiordania vivono oltre 400.000 israeliani, accanto a 3 milioni di palestinesi. Ma i suoi leader hanno calcolato che l’annessione avrebbe provocato disapprovazione mondiale, destabilizzato la regione e insabbiato la soluzione che prevede la nascita di due stati, l’idea che uno stato palestinese ed uno stato ebraico potessero coesistere un giorno pacificamente.L’attuale primo ministro, Benjamin Netanyahu, crede di saperne di più. Lo scorso anno corteggiò gli elettori che sostenevano una line aggressiva impegnandosi ad assorbire una manciata di insediamenti e l’intera Valle della Giordania.

Poi, a gennaio, il presidente Donald Trump ha presentato un piano di pace che avrebbe dato ad Israele il 30% della Cisgiordania. Com’era prevedibile, i palestinesi si sono opposti al piano. Ma Netanyahu intende andare avanti con l’annessione. Sta sottostimando i costi dell’annessione e avvicinando Israele ad una scelta fatale sul suo futuro.Ovviamente, Netanyahu non la vede in questo modo. Vi vede una finestra di opportunità, che vanno non solo dalla sua amicizia con Trump, che potrebbe diventare meno utile dopo novembre, ma anche dai legami di Israele con gli Stati arabi. Il nemico comune, l’Iran, li ha uniti, mentre la questione di che cosa fare dei Palestinesi è stata lasciata nel dimenticatoio. Netanyahu sembra voler credere di poterselo permettere. Dopotutto, i paesi arabi hanno fatto poco più che alzare la voce quando l’America ha riconosciuto la controversa città sacra di Gerusalemme come capitale di Israele nel 2017. Gli inviati del Golfo hanno persino partecipato alla presentazione del piano di pace di Trump.Gli uomini di Netanyahu affermano che in ogni caso il processo di pace è moribondo. Accusano i Palestinesi di aver disprezzato le precedenti offerte e di aver rifiutato il piano di Trump, che avrebbe fatto nascere uno stato palestinese (anche se a condizioni piuttosto gravose).

Benny Gantz, il vice primo ministro, che si è opposto all'annessione unilaterale (e a Netanyahu) fino a poco fa, afferma: “I Palestinesi continuano a respingere il dialogo e a restare nella loro merda profonda”. L’ambasciatore israeliano in America dice che Israele deve, di conseguenza, agire da solo. L’ambasciatore in America dice che l’annessione, “porterà il processo pace fuori dallo stallo in cui si è bloccato per vent'anni”.La frustrazione di Israele nei confronti dei Palestinesi è comprensibile. Ma Netanyahu è colpevole del fallimento del processo di pace, e l’annessione sembra uno strano modo per riportarlo in vita. I rischi per Israele sono molteplici. Tanto per iniziare in America, dove Trump è sfavorito nei sondaggi con Biden. Netanyahu ignora il candidato democratico, che si oppone all’annessione unilaterale, ed i suoi colleghi, che potrebbero non appoggiare il governo israeliano qualunque cosa dovesse accadere. I loro dubbi sono condivisi dai Capi di stato e di Governo europei. L’Alto rappresentante alla politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, afferma che l’annessione avrà “conseguenze significative” per le relazioni con Israele.Anche gli Stati arabi si sono espressi contro.

L’annessione “di sicuro stravolgerà immediatamente le ispirazioni di Israele di rafforzare i legami relativi alla sicurezza, all’economia ed alla cultura con il mondo arabo”, ha scritto in un quotidiano israeliano un diplomatico degli Emirati Arabi, Yousef al-Otaiba, primo opinionista del Golfo. Il Re Abdullah di Giordania, che ospita milioni di Palestinesi nel suo paese, mette in guardia da un “conflitto enorme”. Alcune di queste affermazioni sono probabilmente delle scenate. Ma persino i funzionari israeliani temono che l’annessione possa condurre a far esplodere proteste o violenze.Anche se l’annessione dovesse proceder senza problemi, c’è un altro costo di cui tener conto. Se Netanyahu dovesse iniziare a prendere parti della Cisgiordania, Israele potrebbe finire per affrontare una scelta profondamente scomoda. Potrebbe decidere di concedere ai Palestinesi la piena cittadinanza israeliana, con il rischio di vederli un giorno in soprannumero e di mettere in minoranza gli ebrei. Oppure potrebbe scegliere di lasciarli chiusi nelle riserve con diritti minimi, come uno stato fondato sull'apartheid. Se Israele vuole continuare a restare uno stato ebraico e democratico dovrà trovare il modo per evitare queste due scelte.