“Scenari geopolitici ed economici tra conflitti e migrazioni: pensare ed agire glocale”. È questo il tema di un approfondimento organizzato da Apiqa insieme al dipartimento Internazionale della Cgil che sarà trasmesso in diretta su Collettiva lunedì 18 dicembre a partire dalle ore 11. L’iniziativa (qui il programma) mira a indagare le tensioni internazionali che continuano ad alimentare i rapporti geopolitici e finanziari tra potenze e producono riflessi socioeconomici sulle popolazioni, denunciando il tema del rispetto dei diritti umani in ogni parte del mondo.

I conflitti, mai smessi nei diversi fronti aperti su tutto il pianeta, sono 170 secondo l’Uppsala Conflict Data Program – Ucdp (considerano tutte le tipologie di ostilità) e sono sempre più internazionali: oggi 91 Paesi sono coinvolti in qualche forma di guerra verso l’esterno, rispetto ai 58 del 2008 (dati Global Peace Index dell’Institute for Economics and Peace).

Un mondo che si presenta sempre più fragile e frammentato a causa dell'erosione della fiducia reciproca tra gli Stati. La probabilità (e l’effettiva realizzazione) di guerre commerciali e di quelle definite “calde” (per procura) cresce costantemente, nel contesto storico attuale in cui quella pace di lunga durata e le sue conseguenze geopolitiche ed economiche, determinate a seguito della vittoria alleata del 1945, non è più una certezza, un dato di conforto.

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L’approfondimento su ciò che accade nelle aree di maggior crisi, ci aiuterà ad indagare cause, contesti, dinamiche e tremendi effetti (troppo spesso definiti collaterali) sulle popolazioni. L'ultima esplosione di violenza in Medio Oriente, in particolare, si inserisce in una tendenza all'aumento della volatilità geopolitica e da questo proveremo anche a costruire un ragionamento aperto sull’ultimo dei conflitti mediaticamente al centro del dibattito, che da decenni è un fronte di tensioni politiche, militari, umane.

Nell’Evangelii Gaudioum, Papa Francesco denuncia “se rimaniamo intrappolati nel conflitto, perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta frammentata”. Lungo questa consapevolezza si muove anche la ricerca di un’analisi dello scenario economico internazionale: le sfide, le tendenze e le prospettive in un contesto in perpetuo e difficile cambiamento. Mancati o timidi investimenti, invecchiamento demografico, aumento delle diseguaglianze, principio di austerità hanno guidato e continuano a guidare le miopi politiche europee e internazionali: cosa attendersi e quali correttivi e mutamenti si rivelano necessari?

Conflitti, scenari economici, confini, intorno a questi elementi ruotano le migrazioni: Eritrea, Libia, Pakistan, Afghanistan, Iran, Palestina, Siria, sono alcuni degli Stati da cui fuggono migranti forzati, ambientali ed economici.

Quali le rotte e i percorsi lungo “la fuga per la vita”; quale accoglienza può essere davvero tale; come trasformare l’accoglienza in condivisione di terre, di presente, di futuro, per disinnescare quelle narrazioni distorte che fanno del migrante un criminale, del clandestino un nemico, della solidarietà una colpa.

Quale il ruolo che può e deve ricoprire il sindacato, nel suo essere attore sociale, che fa della solidarietà, del senso del collettivo, dei diritti degli ultimi la propria mission. Soggetto in grado di determinare cultura, guidare approcci e cambiamenti, accompagnare linguaggi che si trasformano, fare strada per ritrovare l’onestà delle narrazioni, proprio quando i contesti diventano più difficili. Come sostiene l’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, per ottenere una soluzione valida e duratura è necessario adottare un approccio olistico che permetta l’inclusione di tutti gli attori e di tutti gli elementi dell’ecosistema sociale.

Continuando ad adottare un approccio emergenziale ai conflitti, che non legge i contesti, gli scenari economici, i movimenti umani che li accompagnano, la risposta militare rimarrà ancora e sempre la più semplice e immediata. Il superamento di questo paradigma consentirebbe, invece, di lavorare sulla costruzione della pace nel lungo periodo, in modo strategico e trasformativo. Ed è per questo che, come Cgil, continuiamo a chiedere di cessare il fuoco e aprire una conferenza internazionale per la pace, unico strumento per permettere, attraverso il negoziato, d'intraprendere la strada della coesistenza e di un nuovo multilateralismo.

Federica Cochi è la presidente di Apiqa