In Egitto, nel vecchio Palazzo di Giustizia della città di Mansura, stamattina si è aperta la terza udienza del processo a carico di Patrick Zaki, studente e ricercatore egiziano dell’università di Bologna che dal 7 febbraio 2020 era stato arrestato in Egitto per istigazione al terrorismo e propaganda sovversiva.

In soli quattro minuti di udienza si è finalmente messo fine a 22 mesi di incarcerazione cautelare, temporeggiamenti e rinvii a giudizio che avevano tenuto Zaki intrappolato nei vicoli ciechi del sistema di giustizia egiziano. Una notizia accolta con sollievo da quella parte della comunità internazionale che da tempo si era mobilitata per la difesa dei diritti fondamentali del ricercatore.

Ma Zaki è libero, non assolto: la spada di Damocle che pendeva sulla sua testa è ancora là. “Il rischio è ancora alto: non c’è indipendenza della magistratura e del sistema di giustizia in Egitto. C’è da farci poco affidamento, anche alla luce del controllo da parte del potere politico, del Presidente di al-Sisi e della sua cerchia ristretta. È quindi una situazione che va monitorata continuamente”, spiega Sergio Bassoli, area politiche europee e internazionali della Cgil.

“È importantissimo l’invito di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, a una mobilitazione internazionale attenta e costante”, continua Bassoli. “Oggi non si può abbassare la guardia dell’attenzione mediatica e della richiesta di giustizia in un paese come l’Egitto”. Ecco perché, seppure sollevati della notizia della scarcerazione, gli avvocati di Zaki e la comunità internazionale guardano già alla prossima udienza del primo febbraio 2022.

Il caso di Patrick non è isolato: violazioni di diritti fondamentali e libertà d’espressione rimangono questioni all’ordine del giorno nell’Egitto di al-Sisi. Bassoli puntualizza che sono tantissimi gli egiziani incarcerati a cui viene giornalmente negato il diritto alla difesa: “difensori dei diritti umani e oppositori non violenti che hanno tutto il diritto di esprimere il loro dissenso nei confronti di questo regime”.