L’edizione delle 20 del telegiornale tedesco ha un tono estremamente più misurato rispetto ai notiziari italiani. Ieri sera, il Tagesschau del primo canale Ard ha aperto con servizi e collegamenti sul rinvio al 2021 delle Olimpiadi di Tokyo. La seconda notizia è stata la decisione di non riprendere la Bundesliga, la loro Serie A, fino alla fine di aprile. Giunge solo come terza l’infografica con i numeri aggiornati della crisi: 31.991 contagiati e 149 morti. Una breve dà conto delle condizioni di salute della cancelliera Angela Merkel, da qualche giorno in isolamento.

La Germania si è attivata con inspiegabile ritardo nell'assumere misure per contrastare la pandemia da Covid-19. Le scuole sono chiuse da appena una settimana, i principali esercizi restano aperti e le strade non sono affatto vuote. Per non incorrere nelle contravvenzioni inflitte dalla polizia tedesca, si può uscire al massimo in due, con deroghe nel caso di famiglie o di conviventi. Assembramenti o visite non autorizzate in case di riposo e ospedali vengono puniti con 200 euro di multa. 250 in caso di grigliata nel parco. Si arriva a 5.000 euro per i locali che non rispettano l’obbligo di chiusura. Divieti facilmente aggirabili. Si può assistere i malati, andare a far visita al proprio compagno, fare sport all’aria aperta e passeggiare. I tipici mercati sparsi nelle principali piazze di Berlino continuano a svolgersi regolarmente, tra la frustrazione degli italiani, coscienti della situazione nel nostro Paese, impotenti rispetto a una città che continua a vivere come se il pericolo non fosse reale.

Il gap nel prendere coscienza del problema ha riguardato anche il mondo dell’informazione tedesca. Il dato è stato misurato dal rapporto Euromood Infoweb-Covid19, indagine basata sui post Facebook di 257 testate di informazione online di 27 Paesi europei (più la Gran Bretagna), dal 1° gennaio al 14 marzo scorsi. Su mezzo milione di post, nel periodo monitorato, si sono contate oltre 15 milioni di interazioni. Sabato 14 marzo, data della chiusura delle frontiere in Polonia, Slovacchia, Danimarca e altri paesi, il Coronavirus è stato il tema del 40,6% di tutte le notizie pubblicate su Facebook dalle testate europee di informazione. Un record, considerando che l’11 settembre 2001 il web e l’informazione online non erano così sviluppati. In Italia, spinte dai canti dai balconi e dai disegni dei bambini con su scritto “Andrà tutto bene”, le news sul Coronavirus hanno totalizzato il 63% delle interazioni. Sorprendentemente, la Germania occupa gli ultimi posti di questa classifica con appena il 29,5% delle notizie.

L’opinione pubblica tedesca esprime fiducia nel sistema sanitario. Con 28 mila posti letto in terapia intensiva, la Germania è la nazione che può contare del rapporto più favorevole rispetto alla popolazione: 6 ogni 1.000 abitanti. In Italia ne abbiamo meno di 3. Mentre l'istituto Robert Koch, agenzia governativa per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha richiesto al governo federale di raddoppiare la capacità, annullando, se necessario, gli interventi chirurgici non urgenti. È delle ultime ore la notizia che il Land tedesco del Nord Reno-Westfalia si prenderà cura di 10 pazienti italiani affetti da Covid-19 dal Nord Italia, dopo gli 8 già ospitati a Lipsia, in Sassonia. Ma il sistema tedesco mostra anche falle.

Sara Bruni è una guida turistica di Berlino. Ci racconta di aver scoperto due settimane fa la positività di un suo amico. Si mette in autoisolamento, quindi, dopo vari tentativi falliti di contattare l’unità di crisi, si reca presso i padiglioni adibiti a triage per effettuare il tampone. “Venerdì 13 marzo mi presento un'ora prima dell'apertura del laboratorio. Ho una trentina di persone davanti, in fila, in piedi, al freddo, senza mascherina e senza rispettare la distanza di sicurezza. Dopo me arrivano in centinaia. Rimaniamo così per ore. Quanti di loro saranno positivi? – penso. Quanto è pericolosa questa fila? Mi rendo conto di essermi veramente esposta. Dopo due sale d'attesa colme di persone, mi fanno il tampone. Il risultato – negativo – l’ho ricevuto l’altro ieri”.

Negli ultimi anni, i tagli al sistema sanitario sono stati una pratica assai comune nei bilanci dei governi, Germania compresa, e con il numero di pazienti affetti da Covid-19 in aumento, anche lì ci si trova a dover affrontare il problema della carenza di personale sanitario. Secondo l’Associazione tedesca degli Infermieri (Dpv), nella Repubblica Federale Tedesca mancano 200 mila operatori tra ospedali, case di cura e servizi ambulatoriali. Uno studio della Fondazione Bertelsmann parla di una carenza di 500 mila infermieri entro il 2030. La mancanza di personale nell’imminenza della diffusione del Covid-19 è grande, con conseguente sovraccarico di lavoro, straordinari e un alto livello di malattia tra il personale infermieristico. Ma la Germania non riconosce la formazione di molti Stati europei e i sindacati chiedono che professionisti già all’interno del sistema, con padronanza della lingua tedesca, vengano assunti a pieno titolo.

Resta il dato relativamente basso dei decessi, 149 dall’inizio della crisi. Una cifra da mettere in relazione con un’età media dei contagiati più bassa rispetto al nostro Paese. Ma in molti stanno facendo notare come nelle scorse settimane sia mancata chiarezza sui calcoli effettuati, con molti casi ascritti all’aggravamento di patologie di cui i pazienti già soffrivano. Per Sara Bruni, già studentessa con profitto presso la facoltà di antropologia della Sapienza, questi numeri potrebbero essere influenzati in parte da una questione culturale. “In Germania i giovani vanno molto presto via di casa e, rispetto all’Italia, manifestano meno dipendenza economica ed emotiva verso la famiglia. Questo li porta a frequentare maggiormente i pari età e avere meno legami e occasioni di contatto con genitori, nonni e zii. Una concezione molto diversa rispetto a chi, come me, è cresciuta al Sud”.

Per il rilancio dell’economia, il governo di Angela Merkel ha messo in campo un pacchetto di misure senza precedenti nella storia tedesca: 156 miliardi di euro, con lo storico abbandono del pareggio di bilancio. Del resto, anche qui il Coronavirus sta mietendo vittime soprattutto tra le piccole imprese del turismo. Ancora Sara Bruni: “Sono tra le lavoratrici che sono state colpite per prime dalla crisi: già dal mese di febbraio sono state annullate decine di gite scolastiche dall’Italia, nei giorni successivi le restrizioni adottate dagli altri paesi europei hanno totalmente azzerato la mia agenda. Spero che quando torneremo fuori dalle nostre case, la piccola impresa per cui lavoravo sia ancora in piedi. Per adesso non resta che mantenere alta l'attenzione e pensare alla salute”.