Il Coronavirus è ufficialmente una pandemia globale che finora ha infettato un numero di persone dieci volte superiore a quello che venne colpito dalla Sars. Negli Stati Uniti scuole, sistemi universitari, musei e teatri stanno chiudendo e presto potrebbero farlo anche intere città. Gli esperti avvertono che alcune persone che sospettano di aver contratto la malattia, anche nota come Covid-19, stanno proseguendo le loro attività quotidiane o perché sul lavoro non hanno accesso a permessi retribuiti o per via delle falle sistemiche del nostro sistema sanitario privatizzato. Molti di noi non sono sicuri di cosa fare o di chi ascoltare. Il presidente Donald Trump ha contraddetto le raccomandazioni del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, e questi messaggi confusi hanno limitato la finestra temporale che avevamo a disposizione per riuscire a mitigare il danno di un virus altamente contagioso. Sono le condizioni perfette perché governi ed elite globali realizzino programmi politici che altrimenti incontrerebbero una forte opposizione se non fossimo tutti così disorientati. Questa catena di eventi non contraddistingue solo la crisi esplosa con il Coronavirus; è lo schema che politici e governi hanno seguito per decenni e che è noto come “dottrina dello shock”, un’espressione coniata dall’attivista e scrittrice Naomi Klein in un libro del 2007 che andava sotto quel titolo. 

La storia è una cronaca di “shock” – gli shock delle guerre, dei disastri naturali, delle crisi economiche – e delle loro conseguenze. Queste ultime sono contraddistinte dal “capitalismo dei disastri”: “soluzioni” calcolate, di libero mercato a crisi che sfruttano ed esacerbano le diseguaglianze esistenti. Klein afferma che stiamo già assistendo al capitalismo dei disastri a livello nazionale: in risposta al Coronavirus, Trump ha proposto un pacchetto di stimoli per 700 miliardi di dollari che include tagli alle tasse (devastanti per la sicurezza sociale) e offre assistenza alle industrie che perderanno terreno come risultato della pandemia. “Non lo stanno facendo perché pensano che questo sia il modo più efficace per alleviare le sofferenze durante una pandemia, hanno queste idee e vedono semplicemente un’opportunità per realizzarle”, sostiene Klein. Vice ha parlato con Klein di come lo “shock” del Coronavirus stia dando avvio alla catena di eventi che lei ha descritto più di un decennio fa nel libro Shock Economy: l’ascesa del capitalismo dei disastri (tradotto e pubblicato in Italia da Rizzoli, ndr).

Vice Iniziamo dai fondamentali. Che cos’è il capitalismo dei disastri? Che tipo di rapporto ha con la “dottrina dello shock”?

Klein Il modo in cui definisco il capitalismo dei disastri è veramente netto: è la modalità in cui le industrie private operano per trarre direttamente profitto dalle crisi di larga scala. Trarre profitto dai disastri e dalla guerra non è un concetto nuovo, ma si è davvero radicato durante l’amministrazione Bush a seguito dell’11 Settembre, quando il governo dichiarò questa sorta di crisi infinita della sicurezza e contemporaneamente la privatizzò ed esternalizzò sia sul fronte domestico che su quello estero con l’invasione e l’occupazione (affidate a privati per l’appunto) dell’Iraq e dell’Afghanistan. La “dottrina dello shock” è la strategia politica che consiste nell’utilizzare le crisi di larga scala per portare avanti politiche che sistematicamente acuiscono le diseguaglianze, arricchiscono le elite e tagliano dal basso tutti gli altri. Nei momenti di crisi, le persone tendono a concentrarsi sulle emergenze quotidiane per sopravvivere alla crisi stessa, qualunque essa sia, e ad attribuire troppa fiducia a coloro che detengono il potere. Nei momenti di crisi siamo portati a distrarci. 

Vice Da dove viene questa strategia politica? Come ricostruisci la sua storia nella politica americana?

Klein La strategia della dottrina dello shock fu una reazione al New Deal di Franklin Delano Roosevelt. L’economista Milton Friedman è convinto che in America con il New Deal tutto andò nel verso sbagliato: come risposta alla Grande Depressione e al Dust Bowl (tempeste di sabbia che colpirono Canada e Stati Uniti tra il 1931 e il 1939, ndr), emerse un governo molto più attivo che fece sua la missione di risolvere direttamente la crisi economica creando occupazione pubblica e offrendo un sostegno diretto. Se sei un economista che sostiene il libero mercato duro e puro sai che quando i mercati falliscono, il loro fallimento si presta a un cambiamento progressista in modo molto più organico di quanto non accada con politiche deregolamentatorie favorevoli alle grandi corporations. Così la dottrina dello shock è stata sviluppata per evitare che le crisi dessero la stura a momenti organici di affermazione di politiche progressiste. Le elite politiche ed economiche sanno che i momenti di crisi costituiscono la loro occasione per portare avanti la loro lista dei desideri fatta di politiche impopolari che polarizzano ulteriormente la ricchezza in questo Paese e nel mondo.

Vice Al momento sono in corso molteplici crisi: una pandemia, un’assenza di infrastrutture in grado di gestirla e il crollo del mercato azionario. Può spiegarci come ciascuno di questi elementi si inserisce nello schema che lei ha delineato in Shock Economy?

Klein Lo shock, in realtà, è il virus in sé. Ed è stato gestito in un modo che massimizza la confusione e minimizza la protezione. Non penso che si tratti di una cospirazione, ma è solo l’approccio completamente sbagliato con cui il governo statunitense e Trump hanno affrontato la crisi. Trump finora l’ha trattata non come una crisi sanitaria, ma come una crisi di percezione e un potenziale problema per la sua rielezione. È lo scenario peggiore, specialmente se unito al fatto che gli Stati Uniti non dispongono di un programma sanitario nazionale e le tutele per i lavoratori sono infinitesimali. Questa combinazione di elementi ha procurato uno shock massimo. Verrà sfruttata per salvare industrie che sono nel vortice delle crisi più estreme che ci troviamo davanti, come quella climatica: l’industria aerea, quella di gas e petrolio, quella crocieristica, vogliono sostenere tutto questo. 

Vice Si tratta di un film già visto?

Klein In Shock economy descrivevo come tutto ciò fosse accaduto dopo l’uragano Katrina. I think tank di Washington come l’Heritage Foundation si trovarono ed elaborarono una lista di desideri fatta di soluzioni filo-liberiste. Possiamo stare certi che esattamente gli stessi tipi di incontri avverranno ora: in effetti, la persona che presiedette il gruppo di studi su Katrina fu Mike Pence (attuale vicepresidente degli Stati Uniti, ndr). Nel 2008, il copione si ripeté con i salvataggi finanziari e con Paesi che firmarono assegni in bianco alle banche per un totale di molti triliardi di dollari. Ma il costo reale di tutto questo fu pagato sotto forma di austerità economica (successivamente con tagli ai servizi sociali). Perciò non si tratta solo di cosa sta accadendo adesso, ma anche di come verrà pagato il conto quando sarà il momento.

Vice C’è nulla che le persone possono fare per mitigare i danni del capitalismo dei disastri a cui stiamo già assistendo in risposta al Coronavirus? Ci troviamo in una posizione migliore o peggiore rispetto a quella in cui eravamo durante l’uragano Katrina o durante l’ultima recessione globale?

Klein Quando veniamo sottoposti alla prova della crisi o regrediamo e cadiamo a pezzi, o cresciamo e troviamo riserve di energie e compassione di cui non sapevamo di essere capaci. Questa sarà una di quelle prove. La ragione per cui nutro qualche speranza sul fatto che noi potremmo optare per un’evoluzione è che – a differenza del 2008 – abbiamo una concreta alternativa politica che sta proponendo una diversa risposta alla crisi arrivando a individuare le cause alla radice della nostra vulnerabilità, alternativa che è sostenuta da un più ampio movimento politico. Tutto il lavoro attorno al Green New Deal è ruotato attorno a questo: prepararsi per un momento come quello che stiamo vivendo. Non possiamo perdere il nostro coraggio; dobbiamo lottare con più durezza che mai per un sistema sanitario universale, per l’assistenza all’infanzia universale, per i permessi retribuiti di malattia … è tutto profondamente connesso. 

Vice Se i nostri governi e l’elite globale sfrutteranno questa crisi per i propri fini, che cosa possono fare le persone per prendersi cura le une delle altre?

Klein “Mi prenderò cura di me stesso e dei miei, possiamo ottenere la migliore assicurazione che c’è, e se tu non puoi averla probabilmente è colpa tua, non è un mio problema”: questo è ciò che l’economia del chi-vince-prende-tutto produce nelle nostre teste. Quello che un momento di crisi come questo svela è la nostra porosità reciproca. Vediamo in tempo reale che siamo molto più interconnessi gli uni agli altri di quanto il nostro piuttosto brutale sistema economico ci lascia intendere. Potremmo pensare che saremo salvi se abbiamo una buona copertura sanitaria, ma se la persona che prepara il nostro cibo, o ce lo consegna o lo inscatola non ha accesso alla sanità e non può permettersi un tampone (per non dire restare a casa dal lavoro perché non ha giorni di malattia) non saremo sicuri. Se non ci prendiamo cura gli uni degli altri, nessuno sarà curato. Siamo invischiati gli uni agli altri. Modi diversi di organizzare la società mettono in luce diverse parti di noi stessi. Se sei in un sistema che sai che non si prende cura delle persone e non distribuisce le risorse in modo equo, allora si illuminerà la parte di te che tira su steccati. Perciò bisogna essere consapevoli di questo e pensare a come, invece di alzare steccati e prendersi cura di se stessi e della propria famiglia, si può fare da perno nella condivisione con i propri vicini e nell’assistenza delle persone più vulnerabili.

(traduzione di Martina Toti)