Il compleanno del Manifesto
The Nation
Il Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels compie 160 anni (in realtà già compiuti: febbraio 2008). E sulle pagine di The Nation, Barbara Ehrenreich, giornalista e saggista (tra i suoi libri ricordiamo Una paga da fame, pubblicato in Italia da Feltrinelli) dedica un articolo alla ricorrenza chiedendosi se, per celebrare l'importante anniversario, il capitalismo non abbia deciso di "tirare le cuoia" una volta per sempre. "Su un punto – scrive Ehrenreich – Marx ed Engels avevano ragione: nelle società capitalistiche, o almeno nel capitalismo della fattispecie più selvaggia e senza regole che l'America ha vissuto, i ricchi sono diventati più ricchi, i lavoratori più poveri e l'ex classe media è scivolata in rovina. Gli ultimi due risultati corrispondono a quello che Marx chiamava "immiserimento" che, per tradurlo nei nostri giorni, è il processo nel quale ti ritrovi se hai un cancro ma nessuna assicurazione sanitaria, o una rata del mutuo da pagare ma nessun assegno in arrivo".

Naturalmente Ehrenreich ricorda che la profezia di Marx sul crollo del capitalismo e la rivoluzione, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti d'America, non s'è mai avverata. Al contrario, negli ultimi anni "i lavoratori americani si sono docilmente assuefatti ai salari che diminuivano, ai prezzi che salivano, ad essere più produttivi sul lavoro, alle pensioni scomparse e ad assicurazioni sanitarie sempre più lise", insomma accettavano il proprio impoverimento mentre le entrate dei manager decuplicavano.

"La tesi di Marx – sottolinea Ehrenreich – era che la coesistenza di un enorme benessere di pochi e di una crescente povertà di molti non è solo moralmente inaccettabile, ma anche intrinsecamente insostenibile." Marx potrà aver avuto torto riguardo alle cause dell'instabilità, "ma nessuno può negare che quell'instabilità è arrivata". "Quando l'avidità dei ricchi è entrata in collisione con le necessità dei poveri – ad esempio di una casa – il risultato è stato un collasso globale del credito".
(D.O.)

Come funziona il mondo
Salon.com
E' il titolo di una rubrica curata dal giornalista Andrew Leonard sul sito americano progressista salon.com. L'argomento del giorno è, com'è ovvio, l'economia. Fare fronte a un'economia da manicomio è il titolo del racconto di Leonard che inizia così: "Ieri è arrivata a casa una riserva di cereali Quaker Instant con 'uova di dinosauro' che potrebbe durarmi una vita. Mio figlio di dieci anni, Eli, ama questa roba ma ultimamente facevo fatica a trovarla al supermercato così ho deciso di ordinarne una scatola intera via internet. Eli ha gongolato quando ha visto la scatola e, poi, mi ha detto scherzando: 'Immagino che non dovremmo preoccuparci per il cibo se ci trovassimo davanti a un'altra Grande Depressione.'" E' vero: di recente a casa Leonard si è molto parlato del caos e del disastro economico, al punto che anche un bambino, neppure adolescente, lascia pillole di saggezza sul panico finanziario che si diffuse 80 anni prima della sua nascita. L'articolo – a metà tra il serio e il faceto – continua a raccontare le vicende di casa Leonard in un intreccio con la realtà economica di un'America sempre più spaventata. "Quando Eli ha pronunciato questa battuta – continua il giornalista – ho dovuto ridere tanto, e un po' di quella tensione che si era andata accumulando nel corso dell'ultimo mese se n'era andata. E' questo l'atteggiamento giusto, figlio mio! Cereali d'avena a colazione, pranzo e cena, e ce la faremo! Se immagini il peggio, c'è sempre un'altra faccia della medaglia che non sarà poi così brutta come temi! (…) Credo, a questo punto, che immaginare e riflettere su cosa potrebbe andare storto aiuti ad anestetizzare lo shock." Perché entrare nel panico? Che cosa c'è da guadagnare? "Magari Wall Street fosse in ascolto. – prosegue il pezzo di Leonard - E' vero, credo che ci siano profondi problemi strutturali nell'economia globale che bisognerebbe affrontare, ma è così evidente che abbiamo raggiunto un punto in cui paura e panico si auto-alimentano. In assenza di qualsiasi senso di fiducia nel mercato, gli investitori si comportano come mocciosi spaventati. Più arrancano in cerca di un territorio più sicuro, più caos finiscono per creare. Sarebbe un buon momento perché Wall Street prenda un calmante."
(Ma.To.)

Il futuro del capitalismo
Newsweek
"Non so cosa ci fanno le banche con i nostri soldi". "Se lo chiedono tutti – scrive lo statunitense Newsweek -. E con il passare del tempo è in difficoltà l'intero sistema capitalistico anglosassone. Per trent'anni siamo stati convinti che i mercati sapessero il fatto loro. Ma poi i politici americani si sono piegati a un'opinione pubblica furiosa al pensiero che i cittadini dovessero spendere quasi mille miliardi dei loro sudati dollari per salvare qualche master of the universe spendaccione. A quel punto è stata chiara una cosa: l'idea che "quello che va bene per Wall street va bene anche per Main street", cioè per la gente comune, è ormai tramontata".
(D.O.)

Un'economia da trasformare

La crisi finanziaria ha incrociato la mobilitazione per il lavoro dignitoso. I sindacati in più di 100 paesi, dalle isole Fiji all'Alaska, hanno chiesto un cambiamento nell'economia mondiale. Il sito della Confederazione Sindacale internazionale riportava le dichiarazioni del segretario generale Guy Ryder che affermava: "I lavoratori ne hanno avuto abbastanza di politiche che hanno garantito un ampio benessere a pochissimi che hanno approfittato dello scarso o inesistente controllo dei mercati finanziari, mentre quelli che attualmente producono i beni e i servizi dell'economia reale hanno assistito alla stagnazione o alla caduta del proprio reddito." La Giornata mondiale per il lavoro dignitoso – celebrata il 7 ottobre scorso – è servita anche a "chiedere una trasformazione radicale della globalizzazione, la fine di politiche di libero mercato neo-liberiste che ci hanno portato sull'orlo di una catastrofica recessione globale."
(Ma.To.)

Vivere con Hitler
Der Spiegel
L'avrete sicuramente riconosciuta: era la voce inconfondibile e sempre raccapricciante di Adolf Hitler. Ve l'abbiamo fatta sentire per introdurre un reportage pubblicato dallo Spiegel e firmato da Marion Kraske, che si è semplicemente recata a Braunau, piccola cittadina dell'Austria settentrionale, ai confini con la Germania, che diede i natali al dittatore e deve convivere ancora oggi con questa pesante eredità. "Francoforte ha Goethe, Düsseldorf ha Heine... e Braunau ha Hitler – scrive il settimanale tedesco -. Il nome del suo figlio più famoso pesa come una maledizione su questa pittoresca cittadina". Una maledizione che il nuovo sindaco sta cercando di esorcizzare. I 16 mila abitanti di Braunau vivono nell'"ombra oscura" di Hitler, nonostante i molti palazzi storici e i vicoli preziosi della città. "Nonostante il fatto che qui, nelle elezioni del 1931, il partito nazista si fermò all'8 per cento". Nonostante tutto ciò "il nome di Hitler è incollato ben stretto a Braunau. Come un marchio impresso col fuoco". A lungo la relazione dei cittadini col proprio passato – riporta lo Spiegel – è stata improntata alla "fuga, al disagio, al non volerne più sentire parlare".

Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Il merchandising senza scrupoli di souvenir hitleriani si è ridotto. E sono sorte iniziative di segno opposto. Ad esempio il preside di una scuola ha fondato, insieme ad altri colleghi, un'associazione storica che organizza convegni annuali ai quali partecipano "storici, sociologi, testimoni che vengono a Braunau da ogni parte per discutere di lavoro coatto (estorto dalla Germania nazista a centinaia di migliaia di deportati, prigionieri, schiavi di guerra ndr), dell'epoca dell'occupazione, della fine della guerra" e via dicendo. Ma l'iniziativa più importante è stata presa dall'amministrazione comunale, e riguarda il piccolo edificio giallo e a due piani dove nacque Adolf Hitler. La casa natale del dittatore, infatti, oggi "ospita una sede della Lebenshilfe Oberösterreich, un'istituzione per disabili, che qui hanno la possibilità di lavorare creativamente. Il nazismo bollò i disabili come 'creature indegne', ne sottopose molti a esperimenti disumani, e ne assassinò a migliaia". Il fatto che oggi i disabili possano trovare qui un luogo per esprimersi liberamente "è la miglior consacrazione che si potesse immaginare per la casa di Hitler": parola del sindaco di Braunau, Gerhard Skiba.
(D.O.)

Colombia amarissima per i lavoratori degli zuccherifici
Labourstart.org
Dal 15 settembre oltre 18mila lavoratori dello zucchero della valle del Cauca, aderenti al sindacato Sinalcorteros, sono in sciopero. Ne dà notizia il sito www.labourstart.org che riporta un comunicato del Sindacato internazionale del settore agro-alimentare. Mentre la produzione di zucchero aumenta e il padronato guadagna, forte delle esenzioni dalle tasse, le condizioni di chi lavora alla raccolta delle canne da zucchero continua a peggiorare: gli stipendi sono poverissimi per giornate di lavoro che arrivano a 14 ore, sette giorni a settimana. Scarsissima anche la sicurezza: infortuni e malattie professionali sono diffuse e l'ambiente di lavoro è pesantemente inquinato dai pesticidi. Anche dal punto di vista contrattuale le cose non vanno meglio – come spiega la nota. Le assunzioni avvengono attraverso cosiddette cooperative, promosse dal governo colombiano, per affrancare i veri datori di lavoro da qualsiasi obbligo relativo alla contrattazione collettiva, ai diritti pensionistici e alla salute. Lo scorso luglio, il sindacato colombiano Sinalcorteros aveva presentato una serie di richieste all'associazione degli imprenditori del settore ASOCAÑA, in cui domandava un aumento dei salari, la riduzione dell'orario di lavoro e un miglioramento delle condizioni ambientali. Le richieste, però, sono state ignorate per due mesi e, così, I lavoratori hanno iniziato lo sciopero. Secondo il sindacato internazionale il governo avrebbe già avviato la repressione.
(Ma.To.)

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