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Sabato 15 novembre l’università La Sapienza di Roma ospita un appuntamento che nasce dalla volontà di ricomporre pezzi diversi di società intorno a un obiettivo comune. L’Assemblea Nazionale “Contro i re e le loro guerre” riunisce reti sociali, associazioni, sindacati, attivisti e studiosi in un confronto che intreccia resistenza civile, solidarietà internazionale e critica radicale alle politiche di guerra. Un mosaico eterogeneo che include la Rete No Dl Sicurezza, la campagna Stop Rearm Europe, realtà palestinesi ed ebraiche antisioniste, collettivi di studenti e lavoratori, fino alla Rete #NoBavaglio impegnata nella difesa della libertà d’informazione.
L’appuntamento è fissato alle 9:30 nell’Aula A del Dipartimento di Biochimica. Una platea ampia ascolterà contributi che arrivano da esperienze diverse ma accomunate da un impegno contro violenze, occupazioni e derive autoritarie. Tra gli interventi spiccano la relatrice speciale Onu Francesca Albanese, da anni impegnata nella documentazione delle violazioni nei territori occupati, e Luisa Morgantini, voce storica della solidarietà con la popolazione palestinese. Accanto a loro prenderanno parola Arab Barghouti, figlio di Marwan Barghuthi, e Maria Elena Delia del Global Movement to Gaza.
L’incontro non si limiterà a un dibattito nazionale. Sono previsti collegamenti con la Cop 30 di Belém, dove i movimenti climatici discutono il nodo dell’ingiustizia ambientale, e con l’Unsilence Forum di Barcellona, spazio euromediterraneo che punta a rompere silenzi e complicità sulle responsabilità politiche e militari in corso. Due piani che si intrecciano con forza crescente. L’economia di guerra e il riarmo si saldano a un modello di sviluppo estrattivo che accelera crisi sociali e climatiche.
La convergenza diventa concreta alle 14. Da Piazzale Aldo Moro partirà infatti il Climate Pride, una parata che da anni attraversa Roma per chiedere una svolta reale sul fronte climatico e sociale. Il legame tra assemblea e mobilitazione non è casuale. Gli organizzatori spiegano che la scelta del 15 novembre ha l’obiettivo di unire percorsi di lotta che troppo spesso restano paralleli. Difesa dei diritti, giustizia climatica, contrasto all’autoritarismo e rifiuto del paradigma bellico sono fili della stessa trama.
Il percorso che si sta consolidando punta a costruire uno spazio politico autonomo, stabile e capace di organizzare un’opposizione sociale di lungo periodo. Una risposta diretta alle politiche del governo, accusato di alimentare un modello basato su riarmo, precarietà, compressione dei diritti e controllo dell’informazione. I promotori parlano di “equipaggi di mare e di terra” che si ritrovano dopo le mobilitazioni di settembre e ottobre, anche grazie alle azioni della Flotilla. Un fronte ampio che vuole diventare punto di riferimento per chi rifiuta la normalizzazione della guerra e delle sue giustificazioni politiche.
L’assemblea di Roma rappresenta dunque una tappa in un cammino che continuerà nelle piazze di novembre e dicembre. Un percorso che non si accontenta di denunciare ma prova a restituire senso a una partecipazione dal basso capace di sfidare l’inerzia istituzionale e la rassegnazione. Un laboratorio aperto che prova a tenere insieme critica, solidarietà e proposta. Un modo per ricordare che la difesa della pace è inseparabile dalla difesa della democrazia e dei diritti.






















