Magistrato di lunga esperienza, Bruno Giordano oggi siede in Corte di Cassazione. Fino al 2017 ha insegnato Diritto della sicurezza del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Milano. Fino a poche settimane fa è stato direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Del nuovo Codice dei contratti pubblici, più conosciuto come Codice degli appalti, voluto da Salvini e varato dal governo Meloni, dà un giudizio netto e preoccupato. Metterà a rischio la salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici, potrebbe innescare un circolo criminogeno, dal lavoro nero alla corruzione passando per l'evasione fiscale. Mentre difficilmente renderà più veloce la realizzazione delle infrastrutture e delle opere del Pnrr.

La scorsa settimana il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo che riforma il Codice degli appalti. È stato presentato come lo strumento che semplifica e velocizza.
Non è affatto detto che la semplificazione corrisponda ad una celerità del procedimento di aggiudicazione. Perché semplificare, così come previsto dalla norma, vuol dire anche allargare le maglie per la selezione dei contraenti.

Nella valutazione di un contratto pubblico o di un appalto la velocità della realizzazione dell'opera può essere l'unico criterio o il criterio principale di valutazione?
Sicuramente no, è importante fare un'opera ma realizzarla in sicurezza. La cosiddetta celerità deve essere compatibile innanzitutto con il rispetto prioritario della tutela della vita e della sicurezza di chi lavora. A me non interessa che un'opera sia fatta subito, a me interessa che per fare quell'opera non muoia nessuno. Semplificazione è una formula generica, attrattiva, evocativa, ma non è esaustiva della correttezza di un procedimento amministrativo. Cioè la semplicità, come diceva Bertolt Brecht, è difficile a farsi. Quindi, che la semplificazione significhi automaticamente fare le cose bene e velocemente non è assolutamente vero.

Veniamo al tema della sicurezza, cosa non va da questo punto di vista?
A me pare che il tema della sicurezza e della salute di lavoratori e lavoratrici non sia affatto considerato. L'aumento della soglia per l'affidamento diretto comporta, ovviamente, la possibilità di partecipare a un appalto anche senza avere dei dipendenti e delle proprie attrezzature, ma servendosi dei subappalti per realizzare l'opera. I subappalti sono il tallone di Achille degli incidenti e delle morti sul lavoro. Laddove c'è un subappalto, si mira a un risparmio sui costi, soprattutto sul costo del lavoro, altrimenti non si giustifica l'idea di una frammentazione dell'opera in tanti spezzoni. E dove si risparmia sul costo del lavoro, si risparmia sui costi della sicurezza a discapito della tutela della salute e della vita. I subappalti da sempre sono stati il luogo in cui il piccolo e medio imprenditore, pur di partecipare a un'opera, risparmia. Il primo risparmio avviene nel lavoro nero, con il lavoro irregolare e con la violazione delle norme in materia di sicurezza. Aggiungo, esistono delle norme che impongono la verifica dei costi nei ribassi d’asta proprio per evitare di concorrere diminuendo le tutele dei lavoratori, non sono consentite riduzioni per la sicurezza. Negli affidamenti diretti questi costi ovviamente non vengono nemmeno valutati da nessuno, perché non c'è una gara. Dove c'è una gara si valutano e si vanno a comparare i costi di ciascuna ditta partecipante. Quando l’amministratore affida direttamente a una determinata ditta, ovviamente non compara un bel nulla. E come ormai si sa, questo Codice eleva e di molto la soglia per gli affidamenti diretti.

Siamo un Paese tristemente noto per il tasso di corruzione, di evasione fiscale, di economia illegale inquinata dalle varie mafie che attraversano il territorio da nord a sud. Questo nuovo Codice aiuta a prevenire infiltrazioni, a suo giudizio, oppure crea dei varchi?
Crea un enorme varco alla corruzione. L'affidamento diretto consente che i soldi si fermino in mano all'appaltatore, che poi li distribuisce ai vari subappaltatori. Quindi c'è chi ha i soldi, i committenti che “scelgono” a chi affidare i lavori, e questo meccanismo induce indubbiamente ad avere dei rapporti privilegiati con l'amministrazione attraverso corsie preferenziali che si chiamano corruzione o concussione. Ovviamente non dobbiamo confondere la corruzione necessariamente con gli interessi della criminalità organizzata. Nelle grandi opere la criminalità organizzata è presente soprattutto nei subappalti, per esempio movimentazione terra, trasporti, logistica eccetera. Di conseguenza, questo Codice rischia di essere un fattore criminogeno, cioè rischia di attivare gli appetiti di imprenditori disponibili a corrompere pur di conseguire il contratto di appalto. E poi ad allearsi, attraverso la filiera del subappalto, con la criminalità mafiosa. In tutto questo è difficile intravedere un rispetto delle norme in materia di fedeltà fiscale e legalità del lavoro. Dove c'è corruzione ci sono fondi neri, per esserci fondi neri c'è l'evasione fiscale, ci sono fatture false, c'è il pagamento del lavoro in nero. Quindi il circuito dell'illegalità parte dal lavoro nero e finisce alla corruzione e viceversa. È un circolo criminoso, non solo vizioso, che alimenta tutti gli anelli di questa catena.

Com'è possibile che il governo abbia dato vita a un meccanismo così perverso e così poco efficiente? Ricordiamo che quando parliamo di contratti pubblici e di appalti non stiamo parlando solo delle infrastrutture materiali, parliamo dei contratti della pubblica amministrazione, degli appalti per le mense degli ospedali o dei servizi di pulizia. È tutta la macchina dello Stato che rischia di essere ingabbiata dentro questi meccanismi.
Io temo che questo Codice dei contratti pubblici non accelererà un bel nulla e non semplificherà. Si parla spesso della responsabilità dei sindaci, ma gli appalti non vengono decisi dai sindaci o dagli assessori, vengono decisi dai dirigenti amministrativi. I quali, verosimilmente, si guarderanno bene da un affidamento diretto, perché dove c’è tanta discrezionalità vi è anche tanta responsabilità. Perché il governo abbia fatto questo è una domanda a cui io ovviamente non so dare una risposta. Temo però che non abbiano valutato i fattori criminogeni, la spinta propulsiva verso l'evasione fiscale, verso la corruzione e, in presenza del fiume di denaro che ci arriva col Pnrr, la pericolosità stessa del riciclaggio. Che non è un fattore secondario nella nostra attività economica legata alla pubblica amministrazione. Secondo l'Istat abbiamo una economia illegale di oltre 220 miliardi di euro all'anno di cui un terzo è costituito dal lavoro nero. Se consideriamo che tutta l'economia sommersa ha la stessa entità di risorse di quelle che arriveranno col Pnrr, ci accorgiamo che se da un lato siamo intenzionati a spendere subito e bene i soldi europei, dall'altro rischiamo di incrementare altrettanta entità dell'economia sommersa.

Queste norme sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale, sono legge dello Stato. Che cosa ciascuno di noi può o dovrebbe fare per scongiurare almeno in parte i pericoli che lei ha evidenziato?
Ogni cittadino deve essere consapevole di questi aspetti tecnici che sono anche analisi giuridiche, sociologiche e criminologiche, cioè sono lo studio del rapporto tra l'economia e i reati. Un ordinario cittadino che ha interesse a capire queste cose ha il diritto di essere informato. Quindi è importante esercitare il dovere di informare, spiegare queste cose, illuminare gli aspetti che rischiano di finire subito da un giorno all'altro fuori dalla cronaca. Siamo sicuri che fra una settimana o fra un mese o sei mesi continueremo a parlare del Codice dei contratti pubblici? Io questo purtroppo lo escludo. Quindi temo che il silenzio poi diventi automaticamente abitudine e ignoranza.

E forse anche connivenza?
Probabilmente. La connivenza è quella di tutti i cittadini che non partecipano alla cosa pubblica, dall'astensionismo elettorale al qualunquismo, all'indifferenza. Tutto questo nuoce alla democrazia.