La preoccupazione è davvero grande, il tempo passa e il rischio di sprecare l’opportunità del Pnrr aumenta. Ma soprattutto non si sa quale potrà essere il destino di 80mila dipendenti di quella che una volta era il campione del Tlc italiane. E che oggi rischia non solo di vedere ulteriormente ridotto il proprio perimetro, ma di non riuscire più nemmeno a esercitare il ruolo di protagonista nella digitalizzazione del Paese a cui potrebbe ambire.

La missiva

Non c’è davvero tempo da perdere, oltre quello che è già passato senza che si sia fatto nessun passo avanti sulla definizione della Rete unica, indispensabile per l’innovazione della Pubblica amministrazione, del sistema economico e per la comunicazione tra cittadini e istituzioni. Per questa ragione Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di rivolgersi direttamente alla presidente del Consiglio chiedendole un incontro urgente: "Al fine acquisire degli aggiornamenti tangibili su questa delicata e articolata situazione che, ci preme ribadire, riguarda il futuro occupazionale di oltre 80.000 lavoratori e lavoratrici: decine di migliaia del gruppo Tim e il suo vasto indotto, e la stabilità degli assetti occupazionali e industriali del settore delle telecomunicazioni, fondamentale per l'economia e lo sviluppo dell'Italia".

A firmare la lettera i segretari generali della Cgil, Maurizio Landini, della Cisl, Luigi Sbarra, della Uil Pier Paolo Bombardieri e dai leader della Slc, Fabrizio Solari, Fistel, Alessandro Faraoni e della Uilcom Salvatore Ugliarolo.

La scommessa del digitale

La connessione veloce non è solo un volano per lo sviluppo economico: da un lato è il presupposto per l’innovazione del Paese, dall’altro è questione di democrazia. Basti pensare che se attraverso le risorse del Pnrr gli ospedali si dotano delle tecnologie per la telemedicina. Avere o non avere la rete ultraveloce in tutti i territori, soprattutto nelle aree interne o in montagna dove ci sono i pazienti che devono essere monitorati, fa la differenza. O ancora, aprile 5.000 sportelli del Pa e i 5.000 Uffici postali nei piccoli Comuni, se non sono collegati alla fibra sarà praticamente inutile. È Fabrizio Solari a sottolineare allora: “La questione dell’infrastruttura generale, di chi la costruisce e di chi e come la gestisce diventa questione democratica. Oggi avere un collegamento in fibra veloce è un diritto di cittadinanza. Ed è evidente che a seconda dell'assetto che avrà il gruppo Tim si produrrà un cambiamento nell'intero settore”.

L'incognita dell'assetto industriale

 "Stiamo continuando a seguire - aggiungono i firmatari della lettera - con grande attenzione ed estrema preoccupazione, il susseguirsi di notizie, diffuse dai media, sul futuro del gruppo Tim, non ultima l'offerta del fondo americano Kkr inviata a Tim per la Rete. In data 28 novembre siamo stati ricevuti, dopo nostra formale richiesta, presso Palazzo Chigi per aprire un confronto e spiegare la visione del sindacato confederale su questa importante e strategica realtà industriale del nostro Paese, illustrando le motivazioni che ci portano ad essere nettamente contrari a eventuali operazioni di 'spezzatino'. Le scelte che potrebbero essere assunte rischiano infatti di mettere a rischio i livelli occupazionali, sia diretti che indiretti oltre ad avere pesanti conseguenze sull'intero settore delle telecomunicazioni".

Non è un'azienda solo privata

Come è noto quel che sarà il destino del gruppo è doppiamente interesse nazionale. Prima di tutto perché si tratta di un settore strategico e come tale dovrebbe essere al centro delle politiche industriali del Paese. E poi perché lo Stato ne possiede una quota, ed è proprio pensando all’interesse nazionale che i segretari di Cgil Cisl e Uil aggiungono: “L'offerta non vincolante arrivata da Kkr per la rete è un ulteriore elemento che complica la già articolata situazione. Ribadendo che non condividiamo il superamento dell'operatore 'verticalmente integrato', questa operazione è anche in contraddizione con le dichiarazioni politiche che abbiamo attentamente registrato nei giorni scorsi, da varie parti del suo governo, nelle quali si ribadisce la necessità di avere un controllo dello Stato per questo strategico e importantissimo asset del Paese e la massima attenzione per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. La Tim e le società da Lei controllate - aggiungono - sono un patrimonio industriale indispensabile per il Paese, dove ancora resiste l'ultima presenza italiana e dello Stato tramite Cdp, nel settore delle Tlc. La Rete è essenziale per dare seguito alla digitalizzazione, uno dei punti primari che si pone il Pnrr, alle comunicazioni dei circa 60 milioni di cittadini italiani, per le istituzioni centrali e locali e al sistema di imprese italiano. Alla luce di tutto questo, pensiamo sia necessario potere avere ragguagli da parte del governo rispetto a eventuali avanzamenti, anche rispetto ai tavoli tecnici che si susseguono dal mese di dicembre presso il ministero delle Imprese".

Non rimane che attendere la risposta di Palazzo Chigi.

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