Il termine è scaduto alle 12 del 22 aprile, sono ben 605 i progetti presentati all'Agenzia per la Coesione territoriale che aveva emanato un Avviso pubblico per all’assegnazione dei 300 milioni, messi a disposizione dal Pnrr, per il recupero e la valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata presenti nelle regioni del Mezzogiorno.  

I progetti, ovviamente, dovevano essere coerenti con lo spirito delle norme sui beni confiscati e il loro riutilizzo a scopo sociale, e infatti “ai fini della graduatoria finale saranno premiati con un punteggio aggiuntivo i progetti destinati a creare all'interno del bene confiscato centri antiviolenza per donne e bambini o case rifugio, oppure ancora asili nido o micronidi”. E questa è certamente una buona notizia, probabilmente il fatto che la titolare del dicastero per la coesione territoriale e il Sud sia una donna non è ininfluente.

I soggetti che potevano presentare le domande sono solo gli enti locali, Regioni, i Comuni, Province, Città metropolitane - anche in forma consortile o in associazione tra loro -, del Mezzogiorno che avessero già iscritto nel proprio patrimonio un bene confiscato. Una delle prime critiche al bando riguarda proprio chi poteva accedervi. La gestione dei beni è affidata a organizzazioni del Terzo settore, ma “la scelta di rivolgersi esclusivamente agli enti pubblici è dettata dalla necessità di rispettare le stringenti tempistiche previste dal Pnrr e di evitare, quindi, procedure che - in altri casi - sarebbero state più lunghe e complesse. Gli enti territoriali possono comunque coinvolgere sin da questa fase di progettazione gli enti del Terzo Settore. Tale eventuale coinvolgimento è anzi premiato da un apposito criterio di valutazione inserito nel bando”.

Dicevamo che le domande presentate solo oltre 600 e l’obiettivo è quello di realizzare almeno 200 interventi di valorizzazione, e i tempi sono assai stretti. “È previsto un anticipo pari al 15 per cento del finanziamento complessivo, seguito da pagamenti intermedi - a seguito delle fatture emesse - pari ciascuno ad almeno il 10 per cento del totale. Dopo il certificato di ultimazione dei lavori, sarà erogato il saldo. L'aggiudicazione definitiva dei lavori deve avvenire entro il 30 giugno 2023. Successivamente, i progetti d'importo fino a 600mila euro dovranno concludere i lavori entro il 30 giugno 2025, mentre quelli d'importo superiore avranno tempo fino al 30 giugno 2026”.

“Il risultato importante della partecipazione al bando per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia, affidato all’Agenzia per la Coesione da parte dei Comuni del Sud, non è altro che la dimostrazione di quanto la Cgil, insieme alle associazioni antimafia, da molti anni sta sostenendo. C'è la necessità urgente che lo Stato sostenga finanziariamente i Comuni e le associazioni del Terzo Settore per il riutilizzo di questi beni”. È il commento di Luciano Silvestri, responsabile Legalità e Sicurezza della Cgil nazionale. Che però aggiunge: “Il bando emanato è assolutamente insufficiente a sostenere lo sforzo enorme che tutta la società civile sta producendo per recuperare i beni sottratti ai sodalizi mafiosi. Anche lo strumento del bando, per come è stato concepito, è una misura inappropriata”.

La questione, infatti, è quella di dare continuità e certezza a quanti operano per restituire alla società quando sottratto a chi commette crimini.  Per Silvestri “occorre mettere in campo uno strumento strutturale capace di dare certezza e continuità di spesa a un intervento da parte dello Stato di cui la lotta contro i poteri mafiosi sente tutta l'urgenza. Se infatti i progetti presentati non avranno la copertura finanziaria, si genererà nei Comuni esclusi e nella società civile una sorta di frustrazione, con il rischio di un ulteriore arretramento”. “Come la ministra Carfagna siamo dunque convinti della bontà dell’iniziativa assunta dal governo, perché ha reso evidente la presenza di un vuoto, adesso – conclude Silvestri – dobbiamo dare forza e sostanza a questa strada apportando i giusti correttivi”.