Sin dal 1970, il bilancio dell'Unione europea viene finanziato principalmente attraverso il contributo degli Stati membri, dazi e Iva per assicurare autonomia finanziaria all'Unione europea nel rispetto della disciplina di bilancio: le entrate annuali (finora previste entro l’1,2% del reddito nazionale lordo dell’Unione europea) devono coprire completamente le spese annuali (finora fissate al massimo dell’1,0% del Rnl Ue).

Come noto, la strategia europea si fonda, da un lato, sul programma di rilancio Next Generation Eu, tramite il quale si prevede di incrementare il bilancio, su base temporanea, per un ammontare pari a 750 miliardi di euro (a prezzi costanti 2018) e, dall’altro, sul bilancio dell'Unione europea, ovvero il Quadro finanziario pluriennale (Qfp), rivisto per il periodo 2021-27.

In tale contesto, il 28 maggio 2020, la Commissione europea ha proposto di intervenire sui massimali che determinano l’importo dei fondi richiesti dall’Unione agli Stati per finanziare le proprie spese (per gli stanziamenti annuali di impegno e di pagamento, rispettivamente, all’1,46 e all’1,40% del Rnl). La proposta appare tanto più necessaria alla luce dell’attesa contrazione economica causata dalla crisi e a garanzia degli obblighi finanziari e delle passività potenziali risultanti dai prestiti contratti, con scadenze tra 3 e 30 anni, per finanziare i programmi europei mediante l'emissione di obbligazioni sui mercati internazionali (i famosi eurobond) – prima grande novità, da tempo auspicata dalla Cgil e dalla Ces – realizzando un passo importante verso la mutualizzazione del debito pubblico e la condivisione dei rischi. Si aggiungerebbe, inoltre, un eventuale ulteriore contributo di 0,6 punti percentuali di Rnl, dal 2021 e fino alla cessazione delle passività per i prestiti, al più tardi fino al 31 dicembre 2058.

Tuttavia, la vera innovazione di bilancio risiede nell’introduzione di nuovi strumenti fiscali europei, cioè inedite misure di tassazione e finanziamento per ridurre la pressione sui bilanci nazionali e, al tempo stesso, contribuire alle nuove priorità dell’Unione europea, ovvero la sostenibilità ambientale, la digitalizzazione e l’equità sociale. Oltre alla semplificazione della risorsa propria basata sull'iva e ai contributi nazionali, la Commissione europea ha proposto un'estensione delle risorse proprie basate sul sistema di scambio delle quote di emissione al fine di includere i settori marittimo e aereo, un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, una risorsa propria basata sulle operazioni delle grandi imprese e un'imposta digitale sulle società con un fatturato annuo globale superiore a 750 milioni di euro.

Il Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020, con l’accordo sul nuovo Qfp e su Ngeu, ha approvato la proposta e ha stabilito anche l’introduzione a decorrere dal primo gennaio 2021 di una nuova risorsa propria, composta da una quota di entrate provenienti da un contributo nazionale calcolato in base al peso dei rifiuti di imballaggi di plastica non riciclati, con un’aliquota di prelievo di 80 centesimi per chilogrammo (una sorta di plastic tax).

Infine, il 10 novembre 2020, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno raggiunto un accordo politico sulla disciplina di bilancio, che stabilisce una precisa tabella di marcia per l'introduzione delle nuove risorse proprie. In base a tale calendario vincolante, la Commissione è tenuta a presentare entro giugno 2021 proposte per un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e un’imposta digitale, che dovrebbero essere introdotti entro il 1 gennaio 2023; un sistema di scambio di quote di emissione riveduto (Ets), nonché nuove risorse proprie supplementari, entro giugno 2024, che potrebbero comprendere un'imposta sulle transazioni finanziarie (sulla scorta dell’attuale Ftt) e un contributo finanziario collegato al settore societario o una nuova base imponibile comune (Ccctb) per l'imposta sulle società, ossia sui profitti delle imprese.

Avviso ai naviganti. Affinché i fondi possano diventare disponibili, la decisione sulle risorse proprie europee deve essere prima ratificata in tutti gli Stati membri, visto che autorizza la Commissione a contrarre prestiti sui mercati per finanziare il Recovery fund e il bilancio europeo. In pratica, quando la Commissione potrà emettere i titoli si potrà anche procedere con l’anticipo delle risorse del Next Generation Eu, ovvero il 13% di pre-finanziamento. Finora hanno provveduto alla ratifica solo 6 Paesi europei.

Pur mantenendo lo storico approccio intergovernativo, la dotazione all’Unione europea di risorse proprie svincolate dai trasferimenti dei singoli Stati membri costituisce un avanzamento verso un’architettura più federale delle istituzioni europee, che sostiene la convergenza economica dei diversi Paesi del vecchio continente (contro austerità, divergenza e svalutazione competitiva della stagione precedente). L’Europa è il primo mercato interno potenziale a livello mondiale ma anche il più esteso mercato di CO2. Investire sulla sostenibilità, sull’innovazione e sulla resilienza significa anche scegliere di aumentare la domanda interna, l’occupazione e la coesione sociale, tanto dal lato della spesa quanto sul versante delle entrate. Per ora, i nuovi strumenti fiscali sono temporanei – così come la sospensione del Patto di stabilità e del Fiscal compact, le politiche monetarie non convenzionali e molte regole economiche e finanziarie – ma attraverso tali misure si ridefinisce sin da ora un nuovo ruolo geo-economico dell’Europa, indirizzando e selezionando capitali e investimenti verso un nuovo modello sociale e di sviluppo.

Riccardo Sanna è coordinatore area Politiche per lo sviluppo della Cgil

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