Le misure approvate nel primo anno del Governo Meloni hanno lo stesso segno: allentare le maglie della legalità nei confronti di ricchi e potenti, anche quindi se appartenenti alle organizzazioni criminali e alle mafie, stringere quelle stesse maglie sul colle di fragili e poveri.

Codice degli appalti, riforma della giustizia, sottrazione di potere di controllo all’Anac e alla magistratura contabile, con le mafie che hanno – in parte - cambiato pelle, sempre più infiltrate nell’economia, limitando lo sviluppo e in concorrenza sleale con le aziende sane. A pagare sono soprattutto lavoratori e lavoratrici.

Secondo Alessio Festi, da poco nominato responsabile legalità della Cgil nazionale, il lavoro costruisce legalità. Ma occorre garantirla nel lavoro. Ricordare quanti sono caduti sotto i colpi delle mafie proprio perché semplicemente facevano il proprio lavoro è indispensabile per costruire un Paese libero dalla criminalità organizzata.

Tra i nomi che verranno pronunciati oggi (giovedì 21 marzo), ci sono anche quelli dei “giusti del lavoro”, uomini e donne uccisi perché semplicemente facevano il proprio lavoro. Sindacalisti, magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, amministratori locali, giornalisti. Il lavoro costruisce legalità?

Nella lunga storia d’Italia sono tante le vittime di mafia perché semplicemente facevano il loro lavoro, donne e uomini che, pur essendo consapevoli degli enormi rischi che correvano, hanno continuato con coraggio a svolgere le proprie funzioni pagando il prezzo più alto, quello della vita. Abbiamo il dovere di ricordarli, di continuare a raccontare le loro storie, di essere vicini ai loro familiari, ma per onorare davvero il loro sacrificio dobbiamo batterci nell’oggi.

Le mafie sono presenti nella nostra società?

Certamente: da fenomeno prevalentemente collegato alle regioni del Mezzogiorno sono diventate un fenomeno nazionale, con forti rapporti anche di carattere internazionale. Le mafie inquinano l’economia, esercitano il loro potere attraverso il controllo sociale dei territori, colpiscono l’ambiente, sfruttano lavoratrici e lavoratori. Dobbiamo quindi mobilitarci: il lavoro deve costruire legalità, perché il lavoro con i diritti, quello che rivendichiamo come Cgil, è incompatibile e quindi avversario delle mafie, perché il lavoratore sotto il giogo mafioso non è libero. La Cgil è a tutti gli effetti uno dei principali soggetti antimafia.

Lavoro nero, lavoro grigio, contratti non applicati, compravendita di mano d’opera. Le mafie utilizzano anche questi strumenti per dominare territorio ed economia.

È inaccettabile che in questo nuovo millennio vi siano fenomeni di sfruttamento riconducibili alle più buie epoche passate. In tutto il Paese migliaia di donne e uomini, tanti stranieri che fuggono da miseria, guerra, violenza e povertà, ogni mattina sono in balia di caporali e imprenditori spregiudicati, nel turismo, in agricoltura, nella logistica, nessun settore è ormai esente da questi fenomeni. La precarizzazione dei rapporti di lavoro, la scomposizione dei cicli produttivi, il disinvestimento nella salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori, sono ormai il modello del nostro sistema economico. Sistema che sembra costruito apposta per favorire l’infiltrazione criminale, in particolare di stampo mafioso.

E poi ci sono le tante morti di lavoratrici e lavoratori, sono vittime innocenti di questo modello di sviluppo. Anche per queste ragioni come Cgil abbiamo deciso di avviare una campagna referendaria per abrogare le peggiori leggi su queste materie, e nei prossimi mesi avvieremo una mobilitazione straordinaria in tal senso.

I quasi 200 miliardi di risorse Pnrr sono un boccone ghiotto per la criminalità organizzata, ci sarebbe bisogno di controlli sempre più attenti e in grado di prevenire. Sull’altare del ‘lasciamo libero di fare chi fa’ sembrano essere sacrificati proprio controlli e procedure in grado di limitare le infiltrazioni?

Sicuramente gli stanziamenti miliardari fra il 2021 e il 2026 per la realizzazione del Pnrr stimolano gli appetiti delle organizzazioni mafiose. L’elevato flusso di risorse di investimenti pubblici è sicuramente nel mirino delle mafie. Oggi le organizzazioni criminali sono caratterizzate da una forte ‘vocazione imprenditoriale’ e si avvalgono di sofisticati schemi societari, siedono nei consigli di amministrazione delle imprese, si avvalgono delle imponenti somme di denaro a disposizione per acquisirne il controllo.

Quali sono gli strumenti di infiltrazione?

I più vari: dall’illecita concorrenza alla partecipazione diretta all’assegnazione di appalti, subappalti, fornitura di manodopera e molto altro, avvalendosi della compiacenza di imprenditori disonesti e di rapporti spesso perlomeno non trasparenti con le pubbliche istituzioni. Occorre mettere in piedi una strategia che contrasti i gruppi criminali con tutti gli strumenti possibili, a partire dalla prevenzione.

Cosa servirebbe fare?

Contrariamente a quello che sta avvenendo, è necessario rafforzare tutti i controlli antimafia e introdurre, nei capitolati di appalto, clausole stringenti che tutelino i diritti e la salute di lavoratrici e lavoratori. Tale monitoraggio può attivare ogni intervento necessario al contrasto delle illegalità, soprattutto attraverso le interdittive antimafia. Il nuovo codice degli appalti, invece, è un atto di irresponsabilità totale. Il subappalto a cascata, il sotto-appalto, il massimo ribasso, abbassano i diritti delle persone, impediscono la corretta applicazione contrattuale, mettono a repentaglio la vita stessa delle lavoratrici e dei lavoratori.

Le inchieste della procura di Milano che riguardano la logistica raccontano come false cooperative e meccanismi di scatole cinesi inquinino fortemente l’economia, e a pagare sono lavoratori e lavoratrici già fragili.

Siamo sempre più in presenza di un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento di lavoratrici e lavoratori, e le troppe inaccettabili morti sul lavoro ne sono la conseguenza più drammatica. Le importanti inchieste della procura di Milano hanno avuto il merito di rendere evidenti queste sciagurate dinamiche, che si realizzano attraverso lo sfruttamento e salari assolutamente inadeguati, da un lato, attraverso l’evasione fiscale, dall’altro.

A questo proposito, quali sono le questioni fondamentali?

Occorre anzitutto ridare forza e autorità salariale ai contratti collettivi nazionali, combattendo i cosiddetti contratti pirata. Occorre poi riaffermare un diritto fondamentale, cioè la parità di salario a parità di lavoro, abrogata nel 2003, e poi  bisogna rendere la stazione appaltante responsabile dell’intera filiera, della condizione e della sicurezza di lavoratrici e lavoratori di tutto il ciclo produttivo. Occorre infine rafforzare le misure di prevenzione per la sicurezza di lavoratrici e lavoratori e intensificare, a partire da organici adeguati, i controlli sulle imprese da parte di ispettorati del lavoro, Inps e Inail.

Siamo un Paese con circa 100 miliardi di evasione fiscale l’anno. La delega fiscale del Governo Meloni sembra, da un lato, strizzare l’occhio agli evasori con condoni su condoni, concordati preventivi e allungamento dei tempi per pagare il dovuto, dall’altro, si individuano strategie per ulteriormente ridurre le tasse a tutto ciò che non è reddito da lavoro dipendente e pensioni. Le mafie ringraziano.

Toglierei il ‘sembra’: siamo in presenza di un volume di condoni impressionante, si è alzato il tetto all’utilizzo del denaro contante, sono state introdotte norme che differenziano la tassazione secondo i contribuenti, ovviamente a danno di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati. È grave che la presidente del Consiglio abbia definito le tasse ‘pizzo di Stato’, il segnale è chiaro, dare una giustificazione, anche morale, all’evasione fiscale. Tutto ciò è un regalo alle organizzazioni criminali, in particolare di stampo mafioso, non è un caso che quasi tutte le recenti indagini su criminalità e mafia siano condotte dalla Guardia di finanza. Il riciclaggio delle enormi quantità di denaro accumulate dalle cosche con il traffico di droga e di armi, vengono ripulite tramite meccanismi sofisticati di evasione ed elusione fiscale. Le nuove tecnologie, le criptovalute, sono la nuova frontiera del riciclaggio di denaro sporco, non credo si abbia neppure la percezione delle ingentissime quantità economiche coinvolte in questi affari difficilmente controllabili. Nel nostro Paese abbiamo un problema serissimo di evasione fiscale che va affrontato da subito e con strumenti rinnovati, fra i quali prioritario è l’incrocio di banche dati digitali.

Ma l’evasione fiscale è un destino ineluttabile?

Assolutamente no. Bisogna però fare scelte coraggiose, sicuramente diverse da quelle che il governo sta mettendo in campo: ulteriori condoni, strizzare d’occhio agli evasori, innalzamento del tetto del denaro contante. In ultimo la diminuzione delle entrate fiscali, che sono diretta conseguenza di queste politiche sbagliate e colpevoli, produce tagli di spesa che si stanno abbattendo soprattutto su scuola e sanità, quindi sui diritti fondamentali di cittadine e cittadini. C’è bisogno di una riforma fiscale vera e di un nuovo patto di cittadinanza, che metta al centro il principio fondamentale della nostra Costituzione: ognuno deve pagare in base alla propria capacità contributiva. Gli interventi di diminuzione della pressione fiscale vanno indirizzati soprattutto verso chi le tasse le paga, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati.

Perché è importante continuare a fare memoria?

Torniamo alla valutazione che facevamo all’inizio, noi come ogni anno, il 21 marzo siamo accanto a Libera per la ‘Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie’. Anche quest’anno migliaia di persone, tantissimi giovani, studentesse e studenti faranno sentire la loro voce al Circo Massimo a Roma, e la Cgil sarà con loro, per ricordare le vittime e per richiedere ancora verità e giustizia. Ma questo 21 marzo guarda anche e soprattutto a oggi, a una società sempre più diseguale in cui le mafie hanno ripreso vigore, disponendo di enormi quantità economiche da investire nell’economia. Purtroppo, vediamo da parte dell’attuale governo disegni di legge e provvedimenti legislativi che non solo non contrastano ma addirittura favoriscono l’infiltrazione criminale.

Ad esempio?

Il nuovo codice degli appalti pubblici, l’ipotesi di riforma in tema di giustizia, l’abrogazione dell’abuso di ufficio, le norme che limitano la libertà di stampa e di informazione, sono un pessimo segnale di allentamento della democrazia stessa. Siamo sempre più in presenza di uno Stato spietato con i deboli: pensiamo all’introduzione, con i decreti Cutro e Caivano, di una serie di nuovi reati assurdi, e tollerante con i potenti proteggendo la loro impunità. Riteniamo, peraltro sia ormai evidente l’attacco ai capisaldi dell’antimafia, alla legge 646 del 13 settembre 1982, che venne promulgata a pochi mesi dall’assassinio di Pio La Torre. Solo grazie a quella legge, che introduceva il reato di associazione mafiosa e prevedeva i sequestri preventivi, sono stati possibili i processi contro le mafie, a partire dal maxiprocesso di Palermo. Pio La Torre ha pagato con la vita il suo impegno sindacale e politico contro Cosa Nostra, per questo il prossimo 29 aprile a Palermo, il giorno prima della ricorrenza del suo barbaro omicidio e quello di Rosario di Salvo, nell’Istituto in cui studiò e si diplomò, la Cgil darà vita ad un’Assemblea nazionale delle realtà antimafia. Al nostro appello in tanti stanno rispondendo positivamente, a partire da Libera: siamo convinti che occorra mobilitarci per sconfiggere le mafie, per contrapporre il controllo mafioso al controllo democratico, rivendicando e dando forza ai valori di libertà e giustizia previsti dalla Costituzione, che al primo articolo fonda la Repubblica sul lavoro. È possibile un Paese libero da criminalità e mafia.

La Giornata del 21 marzo: l'appello di Don Ciotti
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