Una contrarietà netta e convinta, un giudizio negativo forte sull’impianto complessivo del disegno di legge Sicurezza all’esame del governo. Così, in estrema sintesi, la Cgil nazionale in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera. A parlare è stata la segretaria confederale, Lara Ghiglione.

L’inasprimento delle pene

Il sindacato boccia le disposizioni dell’esecutivo nella loro sostanza, indicando alcune ragioni prioritarie per cui il provvedimento è irricevibile. Prima di tutto le soluzioni proposte “vanno, come sempre, verso un inasprimento delle pene, anche attraverso la codificazione di nuovi reati, la riduzione degli spazi di dissenso e protesta e trasformando alcune azioni, prima soggette a sanzione amministrativa, in veri e propri reati”. Un approccio ideologico, dunque, “pericoloso per le libertà individuali e per la tenuta democratica del Paese”.

A rischio il diritto di sciopero

Particolare preoccupazione desta l’articolo 11 del disegno di legge, che trasforma l’illecito amministrativo del blocco di strada, anche col proprio corpo, in reato. In altre parole “un ostacolo alla circolazione stradale o ferroviaria in occasione di uno sciopero o di qualsiasi altra manifestazione, potrebbe provocare per i partecipanti una pena fino a due anni di reclusione”. Una norma “sbagliata nel merito” e “ambigua nella formulazione”, ha spiegato Lara Ghiglione, “che rischia di aumentare la discrezionalità nel sanzionare le forme di protesta o dissenso”.

Punita la povertà e il disagio

Continuando a scorrere il testo, si scopre che i poveri finiscono nel mirino. Così la Cgil: “Si colpiscono, introducendo nuovi reati e inasprendo le pene, tutti quei comportamenti che nascono e si determinano in ambienti di povertà, di disagio, di marginalità, di degrado sociale che, per essere affrontati, avrebbero bisogno di una di politiche per l’inclusione e non di sanzioni penali”. Norme che, tra l’altro, avranno l’effetto di aumentare il sovraffollamento degli istituti di pena, che già versano in situazioni di inaccettabile criticità.

Donne in gravidanza e madri fino a tre anni in carcere

Quando si decide di colpire le categorie più deboli, non possono mancare le donne. Il testo cancella l’obbligo di rinvio dell’esecuzione della pena per le donne in gravidanza e per le madri di bambini fino a tre anni, con l’obbligatorietà della reclusione per le madri con bambini di età superiore a tre anni. Così Ghiglione: “La Cgil ritiene che nessun bambino debba varcare la soglia del carcere (Icam compresi) ne, per questo, non sia più rinviabile l’istituzione di case-famiglia per le madri con bambini, già previste per legge e mai istituite, è indegno di una democrazia che gli infanti crescano dentro tra le mura del carcere”.

Molti sono i punti negativi del provvedimento. Tra questi c’è l’introduzione del reato di rivolta in carcere, esteso anche alla resistenza passiva e alla protesta non violenta, che di fatto vieta il dissenso. Ma, fa notare il sindacato, “non ha alcuna funzione rieducativa condannare fino a otto anni di reclusione un detenuto che batte sulle sbarre per richiamare l’attenzione sulle sue condizioni”.

Per i diritti dei lavoratori

Per la Cgil una sicurezza vera significa un’altra cosa: garantire il buon funzionamento delle forze dell’ordine con un piano di assunzioni straordinario, percorsi di formazione e qualificazione; migliorare le condizioni delle lavoratrici e lavoratori in divisa; stanziare le risorse necessarie per i rinnovi dei contratti, coi salari ormai erosi dall’inflazione. Per garantire tutti i diritti, tra cui la conciliazione tra vita e lavoro, è necessario valorizzare il ruolo dei sindacati che sono effettivamente rappresentativi di chi opera in divisa.

La Cgil conclude richiamando ai valori della Costituzione: “Non è attraverso pene sempre più severe che si risponde al bisogno di sicurezza, d’inclusione e giustizia sociale”. Per tutte queste ragioni il disegno di legge Sicurezza deve essere modificato al più presto.