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Gender gap evidente. Persino in pensione. Una delle più evidenti criticità emerse dall'elaborazione dell'Ires Cgi Marche degli ultimi dati pubblicati dall'Inps e relativi all'assegno di ritiro nelle province di Ancona e Pesaro Urbino.
Nella città capoluogo delle Marche, si legge in un comunicato della Cgil del territorio, "significativa è la differenza tra uomini e donne relativamente all’importo della pensione di vecchiaia: se i primi percepiscono 1.235 euro lordi, le donne arrivano a 721 euro, pertanto queste ricevono mediamente 514 euro in meno ogni mese (-41,6% rispetto agli uomini)".
Un elemento negativo in un quadro che non fa certamente sorridere. Osservando i dati relativi alle 183 mila prestazioni pensionistiche e assistenziali attualmente erogate dall’Inps nella provincia di Ancona, infatti, si confermano, secondo Domenico Sarti, segretario generale della Spi Cgil provinciale, "le difficoltà di migliaia di pensionati della provincia, che fanno i conti con pensioni troppo basse. Pertanto, occorre intervenire su un duplice piano: da una parte prevedere un incremento per le pensioni basse con un sistema di rivalutazione più reale all’andamento del costo della vita, dall’altra parte una riforma fiscale che allinei la differenza fiscale con il lavoro dipendente. Inoltre, occorre abbassare il carico fiscale in Italia per tutti i redditi da lavoro dipendente e da pensione che oggi garantiscono oltre l’80% del totale gettito da Irpef”.
"I dati dell’Inps confermano che i lavoratori possono accedere al diritto alla pensione con età sempre più avanzata. Occorre rimettere mano ad una vera riforma della previdenza che garantisca la possibilità di andare in pensione a 62 anni o con 41 anni contributi come sosteniamo con la piattaforma unitaria delle confederazioni”.
Simile la situazione denunciata nella provincia di pesaro Urbino, dove sono 117 mila le prestazioni pensionistiche e assistenziali attualmente erogate dall’Istituto. Anche qui - si legge nella nota della Cgil provinciale - "è significativa la differenza tra uomini e donne relativamente all’importo della pensione di vecchiaia: se i primi percepiscono 1.345 euro lordi, le donne arrivano a 746 euro, pertanto queste ricevono mediamente 598 euro in meno ogni mese (-44,5% rispetto agli uomini)".
In questa provincia, è la denuncia grave della Cgil Pesaro Urbino, "due pensionati su tre percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà. Anche da questo punto di vista si confermano notevoli differenze di genere: gli uomini con pensioni fino a 750 euro sono il 43,8% del totale, mentre per le donne tale percentuale sale al 80,1%".
Per Roberto Rossini, segretario generale della Cgil provinciale, “i dati testimoniano la necessità urgente di una riforma complessiva del nostro impianto previdenziale che dovrà prevedere la possibilità di accesso flessibile alla pensione, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la valorizzazione del lavoro di cura e del lavoro delle donne, che come si evince dai dati sono quelle più penalizzate. Inoltre, è il momento di prevedere un meccanismo che tuteli le future pensioni dei giovani, in particolare coloro che hanno carriere discontinue con basse retribuzioni. È necessario garantire tutele continue nella discontinuità del lavoro, e a tal fine serve un sistema pensionistico che non solo assuma in modo strutturale un criterio di flessibilità, ma che lo applichi senza penalizzazioni alle categorie più esposte”.
“È necessario e urgente – commenta Loredana Longhin, segretaria Spi Cgil provinciale – disegnare una riforma strutturale del sistema previdenziale che superi le attuali rigidità e che decorra dal gennaio 2022, alla scadenza di Quota 100. Per il sindacato la Legge Fornero deve essere cambiata perché rigida e iniqua, e perché al suo interno non lascia spazio alle nuove generazioni, le donne, e men che meno a chi svolge lavori più gravosi. Oggi più che mai serve garantire un maggior potere d’acquisto per i pensionati e promuovere le adesioni alla previdenza complementare, come altro pilastro del sistema previdenziale”.