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Con questo nuovo film appena finito di girare, Lavoro Anno Zero, gli autori hanno fatto un’operazione molto semplice, molto diretta e al tempo stesso davvero efficace: hanno portato la macchina da presa in luoghi nei quali il lavoro è realmente cambiato. Un’operazione importante se è vero, come credo, che uno dei problemi della sinistra sia stato quello di non aver letto, capito, metabolizzato e trasferito in questo nuovo paesaggio la spinta per l’eguaglianza e per la giustizia sociale che dovrebbe essere scritta naturalmente nel suo Dna.
La verità è che il lavoro si è profondamente trasformato per effetto della rivoluzione tecnologica, della globalizzazione e della parcellizzazione. Tutto si è frammentato e la precarietà è diventata una sorta di condizione permanente di vita. Sono davvero tanti gli elementi che avrebbero consigliato di ricostruire e ripensare l’alfabeto delle politiche del lavoro delle forze di sinistra e progressiste, cosa che invece non è accaduta.
Se parliamo di com’è cambiato oggi il lavoro, non possiamo certo dimenticare l’effetto del Covid. Un aspetto che questo film ci fa capire e si sforza di dimostrare. Sono stati mesi terribili. Il mondo intero, la nostra storia più recente, tutto è stato segnato dalla pandemia, dalla sua irruzione. Non solo negli effetti più devastanti, come la morte di chi ci era più caro, ma anche nelle sue componenti strutturali.
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Il virus, giusto per fare un esempio, ha liberato la dimensione dello smart working. Un fatto che richiede naturalmente nuove riflessioni per vedere dove si è spostata la soglia dei diritti, se può essere estesa o difesa; per capire se e come si possono garantire i nuovi e vecchi impieghi, evitando che il lavoro da remoto si trasformi in una zona franca.
Da questo punto di vista le storie narrate nella pellicola sono minute, molto dirette e raccontate con delicatezza. Storie di persone che si sono ritrovate precipitate dentro una sorta di abisso, come l’immigrato costretto in una condizione d'infermità, di riduzione delle proprie facoltà e possibilità.
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Poi ci sono le storie positive, quelle delle persone che hanno cercato di adattarsi a questa nuova condizione determinata da una pandemia mondiale senza paragoni. Per tutte queste ragioni, il film di Maurizio Minnucci e Carlo Ruggiero, per la regia di Dario Carrarini, offre un contributo a una riflessione molto importante.
Io spero che sul tema del lavoro – che è il cuore del progresso sociale, è la dimensione stessa della comunità umana – si torni a concentrare lo sguardo, lo sforzo e l’impegno di tutti coloro che dovrebbero avere al centro dei propri interessi l’emancipazione e la riduzione delle disuguaglianze.
Il film è stato proiettato in anteprima alla Casa del Cinema di Roma il 15 novembre 2022. È la prima tappa nel percorso del documentario, che verrà distribuito nei prossimi mesi.