Come ognuno sa (almeno si spera), se avessimo lasciato votare soltanto gli uomini quasi sicuramente il Referendum del 2 giugno 1946 sarebbe andato in maniera diversa, e la Repubblica italiana avrebbe tardato a divenire tale chissà per quanto tempo ancora. Per fortuna votarono anche le donne, per la prima volta. E la nostra storia ha cambiato corso.

Forse però non tutti sanno che da quel momento in poi le donne sono diventate protagoniste anche nella costruzione della nostra democrazia; e malgrado il Paese abbia continuato a essere guidato da una visione e pratica decisamente maschilista (ancora lo è), sono proprio le donne ad aver contribuito alla scrittura e la messa in opera di provvedimenti e leggi fondamentali in tema di diritti e uguaglianza tra persone, a partire da alcuni essenziali articoli della Costituzione italiana.

Tutto questo e molto altro raccoglie, con impressionante completezza di materiale documentario, il corposo volume di Futura editrice dal titolo Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia (pp. 655, euro 25, terza edizione), curato dalla Fondazione Nilde Iotti la cui Presidente Livia Turco, oltre alla preziosa introduzione, ha approfondito i contenuti principali rispondendo ad alcune nostre domande riguardo il valore e l’importanza di una pubblicazione come questa oggi.

“Assume un forte valore in questi tempi in cui la memoria sembra esser corta, oppure si stravolge; e ha il senso di dimostrare attraverso atti parlamentari la storia del nostro Paese, e le lotte che in particolare le donne hanno dovuto sostenere per tradurre in riforme i principi costituzionali. Quindi è un libro che assume un certo valore anche per far capire che storia e memoria non possono essere cambiate a proprio piacimento”.

Ecco il motivo per cui Livia Turco intende consegnare di persona questo libro alla presidente del Consiglio: “Sì, vorrei portarlo a Giorgia Meloni, così potrà constatare come queste leggi, dalla cancellazione del delitto d’onore all’approvazione del diritto di famiglia, abbia trovato opposizione non solo nella società ma anche all’interno di specifiche forze politiche, con una determinata storia politica. Una storia politica che questo governo conosce bene, ed è forse i virtù di quella storia che ancora non riesce a divincolarsi da una cultura patriarcale: basti guardare alle briciole previste per le politiche famigliari, a meno che non si tratti di donne che abbiano minimo tre figli”.

Dalle parole di Livia Turco è facile comprendere come questo catalogo delle leggi serva non soltanto a informarci, cosa utilissima, sui loro contenuti ed evoluzioni, ma a raccontarci la storia d’Italia da un punto d’osservazione molto particolare, e dei motivi della tanta fatica nel conquistare diritti fondamentali. Ecco perché secondo Turco “non servono nuove leggi, perché a parte quella sulla trasmissione del cognome della madre, le altre le abbiamo tutte”. Per fare un solo esempio, basti pensare a quella riguardante l’istituzione degli asili nido comunali con il concorso dello Stato, la n.1044, che porta la data del 6 dicembre 1971, e che a oltre mezzo secolo di distanza, in troppi luoghi della Penisola sembra lontana ancora anni luce.

“Il problema è stato e continua ad essere il tradurre in leggi la nostra Costituzione – prosegue la presidente della Fondazione Nilde Iotti – e un altro merito di questo libro è che, guardando le date, ci si rende conto di come la trasformazione in leggi di alcuni articoli della Costituzione abbia richiesto un tempo eccessivo: penso alla parità giuridica tra coniugi, al rapporto paritario nel mondo del lavoro, alle pari responsabilità nei confronti dei figli”. Anche se poi la cronaca quotidiana, oltre la storia, ci racconta di come diritti sanciti, per Costituzione e per legge, vengano difficilmente rispettati, spesso approfittando di circostanze in cui la tutela delle donne in pratica non esiste.

Ecco perché un altro obiettivo di questa pubblicazione è “far conoscere al cittadino le leggi: perché per ottenere un diritto devi conoscerlo, favorendo così una cittadinanza veramente attiva. Al contempo è necessario che le stesse leggi siano applicate, fare in modo che siano al centro dell’agenda politica. Questa è la battaglia che ci attende oggi”.

Una battaglia che non può certo esaurirsi nella giornata dell’otto marzo.