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Il 27 giugno a Napoli la Rai presenterà ufficialmente i palinsesti, ma i giochi sembrano ormai tristemente fatti. “Saranno caratterizzati da un equilibrio tra quella che è la parte di tradizione e la parte di innovazione”, pare abbiano detto alcuni dirigenti di viale Mazzini. Ma a quanto trapelato dalle prime notizie, equilibrio fa rima con tagli. Più di uno, infatti, i programmi che non ritroveremo a settembre.
Tutti i programmi tagliati
Report perde quattro puntate, Presa Diretta due e ben altri sette programmi sono a rischio. Tagli per Far West di Salvo Sottile, probabile la chiusura per Agorà Weekend di Sara Mariani, il Rebus di Giorgio Zanchini e il programma di inchiesta Il fattore umano di Raffaella Pusceddu e Luigi Montebello. Slittano invece all’anno prossimo Petrolio di Duilio Gianmaria, XXI Secolo e il ritorno di Minoli. Nel limbo al momento Tango e Generazione Z, mentre si è già congedata dal pubblico Emma D’Aquino, nel corso dell’ultima puntata del suo Sabato in diretta. Cancellato anche Il Caffè di Pino Strabioli.
Uno smacco al pubblico
Programmi poco seguiti, direte voi. No, è questo il colmo: nonostante la regola che gli stessi dirigenti Rai avevano indicato come guida nei tagli fosse quella della soglia del 3 per cento di share i tagli interesseranno programmi con un buon seguito. Ma a cosa servono le regole se non per essere trasgredite? Ed ecco dunque, proprio chi le ha fatte, all’opera mentre le infrange.
Ristretto il pluralismo
“Queste notizie ci dicono due cose”, commenta Riccardo Saccone, segretario generale della Slc Cgil: “La prima è che siamo di fronte a un oggettivo ulteriore restringimento degli spazi di pluralismo. La seconda, consequenziale, è che ridimensionando programmi che di fatto registrano un forte interesse da parte del pubblico, quest’azienda dimostra anche di non volere stare sul mercato”.
La Rai sovranista, dunque, sembra non assecondare i gusti del suo popolo, ma piuttosto quelli dei suoi ministri che “continuano ad avere un'idea claustrofobica del ruolo del servizio pubblico - prosegue Saccone - oltre che un’idea davvero poco lungimirante per quanto riguarda gli interessi dell'azienda”.
La scure che punisce i lavoratori
Un’azienda che, a detta dei suoi dirigenti, dovrà risparmiare 26,8 milioni di euro in due anni, e per questo si vede costretta a tagliare. Ma la scure si abbatte sempre sulla qualità della programmazione, nonché su lavoratrici e lavoratori. Quelli che, con la chiusura o il ridimensionamento delle trasmissioni, resteranno a casa, perché già di base precari. Intoccabili, invece, sembrano i cachet da capogiro di star e super ospiti, confermando la perenne discrasia che fa del servizio pubblico una contraddizione in termini.
Il canone e quei debiti da capogiro
“La Rai è la più grande azienda culturale del Paese, che dà lavoro a 12 mila persone più l'indotto”, dice Saccone: “Ma è anche un broadcaster che deve porsi il problema di essere appetibile per il pubblico. Ma proprio per questo bisognerebbe mettersi seduti e chiarire le soglie e le modalità di finanziamento. Sappiamo a quanto ammonterà il canone l'anno prossimo? No. Sappiamo con certezza se e come questo canone verrà inserito in bolletta? No. L’unica cosa che sappiamo è che la Rai continua a essere fortemente indebitata”.
Usigrai: 120 giornalisti verranno spostati
E per risparmiare ha deciso di farlo su ciò che, a quanto pare, sembra sacrificabile per questa dirigenza. Ovvero i programmi di informazione e i giornalisti. Ben 120 verranno spostati dalle redazioni dei programmi più solidi alle testate regionali, secondo quanto denunciato dal sindacato interno Usigrai. A cui fa eco il comunicato critico diramato dalla minoranza del Cda che, per voce di Alessandro Di Majo e Roberto Natale, ventila la possibilità di una mozione di sfiducia nei confronti di Paolo Corsini, direttore dell’Approfondimento. L’impressione è che i giochi siano ormai fatti e che su questo, come su tanti altri temi, il governo sia sordo da un orecchio: quello a cui parla una parte critica, e consistente, del Paese.
Il bavaglio del governo sull’informazione
“La Rai è sempre stata un po' lo specchio dell’Italia e da un certo punto di vista anche la sua cattiva coscienza”, conclude Saccone: “Mi sembra di poter dire che alcune scelte che questo governo sta mettendo in fila danno un’idea francamente poco rassicurante di pluralismo. Sembra che si stia mirando più a chiudere dei conti, a consumare delle vendette, che non a mettere al primo posto un'idea, fosse anche conservatrice, di cultura”. Il Governo Meloni ce l’ha tanto con la presunta egemonia culturale della sinistra. Ma sta dimostrando di saper mettere bene il bavaglio al dissenso.