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Scriveva il 17 giugno 1937 (postdatato al 19, nell’uso dei settimanali) il periodico del Partito comunista d’Italia in esilio Il Grido del Popolo: “Oggi, mentre una folla di italiani e di amici francesi accompagneranno al Père-Lachaise i Martiri Rosselli, La Voce degli Italiani, il quotidiano che l’Unione Popolare Italiana e l’Associazione ex - combattenti hanno voluto creare, vedrà la luce per la prima volta e dirà agli italiani la parola della lotta per far trionfare la causa della libertà”.
Un giornale del popolo al servizio del popolo. Il punto di riferimento per l’emigrazione politica e di lavoro degli italiani in Francia nella seconda metà degli anni trenta del Novecento, diretto da Giuseppe Di Vittorio.
Dal 1928 al 1930 Di Vittorio è in Unione Sovietica quale rappresentante della Confederazione del lavoro nell’internazionale sindacale. Poi è a Parigi, ove si dedica al lavoro di direzione della Confederazione del lavoro e all’attività di propaganda fra i lavoratori italiani in Francia. Nel 1936 è tra i primi a raggiungere la Spagna come combattente a difesa della repubblica. Rientrato a Parigi assume la direzione de La voce degli italiani.
“Attraverso il giornale - scriveva Adolfo Pepe - sollecitava i nostri lavoratori a interessarsi attivamente dell’esperienza politica e sindacale francese così da favorire l’inserimento degli italiani nel non sempre facile mondo lavorativo francese e facendo cadere i pregiudizi linguistici, politici, culturali che da quel mondo provenivano verso gli immigrati italiani”.
“È naturale - vi scriveva Di Vittorio nel 1938 - che i giovani amino la pace, la libertà, il progresso, poiché soltanto nella pace e nella libertà il giovane vive, impara, si educa, si sviluppa e si forgia una propria personalità, premessa indispensabile nella lotta per una vita collettiva più degna e migliore (…) Un giovane isolato che viva quasi esclusivamente nell'ambito della famiglia, del lavoro o della scuola, è un giovane infelice, il cui orizzonte è limitato, le cui nozioni saranno pure limitate, come il senso della sua responsabilità e della sua personalità. Nella vita collettiva fra molti giovani, in una collettività così libera e così corrispondente ai bisogni dei giovani come quella che sorgerà a Villeurbanne (per il 1° Congresso della gioventù italiana emigrata in Francia), il giovane ha modo di divertirsi santamente, d'istruirsi, di arricchire le proprie nozioni, di affinare la propria intelligenza, di sviluppare la propria educazione e la propria istruzione. Dico questo per esperienza diretta. Quando io ero un giovane operaio agricolo isolato, vivevo in uno stato d'ignoranza assoluta del mondo. Avevo appreso il mio mestiere e le bestemmie ed i vizi dei miei compagni di lavoro adulti. Quando fondammo, al mio paese, il nostro circolo giovanile, il contatto con giovani più istruiti, che avevano altre nozioni che io ignoravo, mi aprì una nuova vita, suscitò in me il gusto e poi il bisogno della lettura, dell'istruzione, della cultura. Ed io mi sentivo più felice”.
Dalle colonne del quotidiano, il futuro segretario della Cgil si impegna strenuamente nella battaglia per l’approvazione in Francia dello Statuto giuridico degli immigrati e per il riconoscimento del diritto d’asilo ai rifugiati.
Si espone con gli articoli in difesa della pace (“Fascismo significa guerra”) e contro gli orrori delle condanne del tribunale speciale fascista, distinguendosi tra i primi a denunciare la politica razzista del fascismo e la persecuzione contro gli ebrei in due articoli pubblicati nel settembre 1938.
“Il delirio razzista al quale si sono abbandonati senza ritegno e senza dignità i profittatori del regime - scrive - è un atto di guerra che fa parte della preparazione del regime alla guerra mondiale, in quanto mira a creare una mentalità imperialista nelle masse, onde portarle più facilmente al macello nelle guerre d’aggressione che si preparano. Con la barbarie razzista, il regime vuol ingannare le masse ridotte alla fame, suscitando in esse la convinzione di appartenere a un “popolo superiore”. L’improvviso e codardo furore razzista del regime è una grossolana diversione, volta a incanalare contro gli ebrei l’esasperato malcontento delle masse affamate dai grandi trust, dai ricchi agrari e soprattutto dalle guerre d’aggressione in permanenza. Anche lo zar, nella vecchia Russia, per placare il malcontento dei Migik affamati dai signori feudali, organizzava i pogrom contro gli ebrei. Il razzismo fascista è tutto questo, ma non è solo questo. La politica razzista fa parte della politica generale del regime di dividere e suddividere incessantemente il popolo italiano, per continuare a soggiogarlo, ad opprimerlo, a saccheggiarlo”.
“La difesa degli ebrei e delle residue organizzazioni cattoliche - prosegue - è un aspetto importante della lotta del popolo contro le aggressioni in corso del fascismo in Spagna e in Etiopia; contro la nuova guerra mondiale che l’asse fascista sta per scatenare; è un aspetto della nostra lotta per la disfatta del fascismo e per la conquista della pace e della libertà in Italia, affinché il nostro paese torni ad essere un fattore di civiltà e di progresso nel mondo”. Oggi come ieri.