E se le opere d’arte prendessero vita e cominciassero a parlare? Immaginiamo che potesse succedere davvero, come se fossimo nel Castello di Hogwarts della saga di Harry Potter. Che cosa ci racconterebbero di quello che sono state prima di diventare un quadro o una scultura? L’idea, geniale, è venuta a tre autrici, Alice Lo Presti, Jessica Masi e Morena Rossi, che con Orange Media Group hanno prodotto la serie podcast Voci di donne. Un genere di storia, una storia di genere, in cui a parlare sono le opere d’arte custodite a Firenze, in Piazza del Duomo, presso la Cattedrale di Santa Maria del Fiore.

Morena Rossi, autrice e produttrice creativa del progetto, com’è nata l’idea?
Nasce da una collaborazione preesistente con l’Opera di Santa Maria del Fiore, il museo del Duomo di Firenze, per cui l’anno scorso avevamo raccontato in un podcast La congiura dei Pazzi, famiglia di banchieri fiorentini che tentarono di osteggiare l’egemonia dei Medici nel Quattrocento. Una collaborazione molto stimolante, che ci ha permesso di lavorare ricreando l’ambientazione dell’epoca. Da qui è nata l’idea di dedicare una nuova produzione alle donne ritratte all’interno del Duomo, o che ne sono state le artefici. Io sono, da attivista, molto sensibile ai temi del femminile e mi è sembrata subito un’ottima opportunità per una storia che racconti finalmente le donne, che di solito sono poco raccontate. Si dà molto spazio agli artisti, agli scrittori, ma ci sono altrettante donne che hanno lasciato un segno.

Da Eva, la prima donna, alle Sibille, passando per l’artista Amalia Dupré, l’obiettivo di questa riscrittura è anche creare un ponte tra passato a presente. Cosa avevano in comune quelle donne di secoli fa con noi donne di oggi?
È proprio quello su cui ci siamo interrogate, cercando di capire quali potessero essere i temi interessanti per gettare un ponte tra il passato, racchiuso in un’opera, e il presente. Su Eva, per esempio, abbiamo fatto scoperte meravigliose. Così chiamata da Adamo solo dopo aver mangiato il frutto proibito, il primo nome con cui viene citata nelle scritture sacre è Donna. Diventa dopo Eva, che in ebraico vuol dire “generatrice di vita”. E dunque, il peccato originale non è più solo un gesto negativo, ma è anche ciò che concede a Eva di generare l’umanità, divenendo la madre di tutti i viventi. Questa doppia lettura, già contenuta originariamente nella Genesi, si perde nei secoli, offuscata da una lettura pretestuosa.

Dalla madre di tutti gli uomini alla madre di Cristo, la Madonna, che dà voce a una riflessione molto umana e intima sulla maternità.
Certo, infatti nella puntata a lei dedicata la Madonna parla del concetto di madre, ricordando come il suo stesso appellativo, “Madonna”, nasca con il Dolce Stil Novo, in concomitanza con l’idea dell’amor cortese. Ma-donna è colei che avvicina a Dio attraverso l’amore, e dunque la Vergine diventa il simbolo della donna da amare e che – amando – eleva fino a Dio. Ed è dalla fine del Medioevo, poi soprattutto dal Rinascimento in poi, che si cominceranno a intitolare le chiese alla figura della Madre di Cristo, nonché Madre della Chiesa. Ma abbiamo dato voce anche a un’altra donna importante, la Maddalena, alla quale, suo malgrado, viene associato l’archetipo di prostituta salvata dalla fede. In realtà una figura molto interessante e complessa, forte e fragile al tempo stesso. Tra le protagoniste delle opere del Duomo, però, ci sono anche donne meno note. Per esempio, le Sorelle Lottieri, morte nello stesso giorno e seppellite nello stesso sepolcro che reca, però,soltanto l’effigie di una delle due. Ci siamo immaginate come potrebbe essere un dialogo tra di loro, insieme per l’eternità, una sposa e l’altra monaca.

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La donna sempre e comunque sposa di un uomo o sposa di Dio. La storia delle due sorelle evoca la memoria manzoniana della Monaca di Monza e del racconto di una legge crudele come quella del maggiorascato. La figlia femmina era un problema da risolvere: o in dote a un buon partito o in convento, sorte che di norma toccava alla secondogenita.
La donna doveva essere in ogni caso diretta da qualcun altro: un marito, un padre, un fratello, una madre badessa. Un’istituzione che doveva prendersene cura e guidarla. Nel caso delle sorelle Lottieri, però, abbiamo fatto un altro tipo di discorso, molto interessante. Raccontano, infatti, di come il convento potesse diventare una via di fuga, verso una libertà fatta di possibilità di studiare, di coltivare alcuni interessi, di fare una sorta di piccola carriera. Meglio suore, insomma, che mogli assoggettate a un marito padrone. Il convento come una via di emancipazione. Un altro personaggio che mi sta molto a cuore è quello della fioraia, la mia preferita, perché dalla sua storia emerge il tema del lavoro, del soffitto di cristallo. Lei parla da mille anni fa e ci dice che niente è cambiato: la carriera alle donne veniva vietata in maniera palese nel passato. Ma oggi continua a essere un percorso a ostacoli, anche se con espedienti più subdoli.

Come avete lavorato, in fase di scrittura, per andare dalle biografie alla costruzione di un racconto ancorato nel nostro tempo presente? Come avete agito per dare corpo e voce a queste figure bidimensionali?
Innanzitutto le abbiamo studiate a fondo. La parte più difficile nei podcast storici è quella della ricerca: documentarsi su cosa è stato scritto, recuperare le fonti e assimilare il più possibile per poi rielaborare. Questa seconda parte è quella più interessante, più creativa, perché ti immedesimi nel personaggio. Certo viene più facile se, come abbiamo fatto noi, le fai parlare con una coscienza ex post: “Noi siamo tutte morte. Siamo donne del Medioevo, del Rinascimento, alcune anche di epoca romana. E però sappiamo dove siete arrivate voi”. Abbiamo scelto di farle parlare come parlerebbe una donna di oggi, con questa consapevolezza, ma sempre muovendoci all'interno del verosimile. Come parlerebbe una fioraia rimasta vedova, con tre figli, che deve rimboccarsi le maniche? L’altra cosa importante è che abbiamo cercato di creare situazioni ironiche. La Maddalena, per esempio, è un personaggio straziante di suo. Ma abbiamo provato a farle raccontare come, nei secoli dei secoli, le siano state appioppate una serie di stereotipi femminili che non le appartenevano. Tutte fake news.

A chiudere questa staffetta di voci  sono le Sibille. Ultime, proprio perché prevedono il futuro, immagino?
Già, le sibille leggono il futuro, ma sono state anche un ponte fra il paganesimo e il cristianesimo. Sono, infatti, ritratte insieme ai padri della Chiesa. E abbiamo immaginato che stavolta fossero loro a interrogare noi: quali sono i vostri oracoli? Voi che avete addirittura la presunzione di fermarlo, il futuro, con i vostri simulacri di bellezza, con i social media. E poi un avvertimento alle donne, che continuano a essere soggette al controllo, al tentativo di indebolirle. Le donne streghe, ieri come oggi. Ma le streghe non erano altro che quelle donne che, rispetto al resto delle persone, sapevano qualcosa di più.

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