Si è spento a Bracciano, all'età di 100 anni, Sergio Flamigni, figura di spicco della Storia repubblicana italiana, la cui vita è stata un instancabile e rigoroso impegno per la ricerca della verità e la difesa dei principi democratici.

Partigiano, storico dirigente del Partito Comunista Italiano, deputato e senatore per quasi vent'anni, Flamigni ha attraversato da protagonista alcune delle stagioni più complesse e drammatiche del nostro Paese, lasciando un segno indelebile soprattutto come custode della memoria e studioso implacabile del caso Aldo Moro.

Un Partigiano nella Storia della Repubblica

Nato a Forlì il 22 ottobre 1925, Flamigni abbraccia, giovanissimo, gli ideali della Resistenza, divenendo partigiano. “Nato nella Romagna povera e rossa - correttamente riporta Marco Marozzi - è stato partigiano, capo di stato maggiore della Brigata Gap Gastone Sozzi di cui era vicecomandante il suo concittadino Luciano Lama, ha combattuto con Silvio Corbari fondatore del famoso Battaglione della 29ma Garibaldi, ha riorganizzato i combattenti romagnoli con i ravennati Arrivo Boldrini, Bulow, padre poi dell’Anpi, Benigno Zaccagnini, il cattolico che non voleva armi, Giuseppe D’Alema. Liberò compagni di lotta, fingendosi una squadra fascista che portava in cella un nuovo prigioniero”.

Quell'impegno giovanile per la libertà e la giustizia non abbandonerà mai, traducendosi prima nella militanza nel PCI e poi in una lunga e autorevole carriera istituzionale. Dopo la Liberazione e l'intensa attività nella Resistenza come partigiano e commissario politico, Sergio si dedica con energia all'organizzazione politica e sindacale nel suo territorio d'origine, la Romagna, in particolare nel forlivese.

Raggiunge il culmine del suo impegno sindacale nel 1952, quando viene eletto segretario generale della Camera confederale del lavoro di Forlì (ruolo che manterrà fino al 1956). Gli anni della sua Segreteria sono caratterizzati da un forte impegno nelle lotte bracciantili e contadine del dopoguerra per la promozione di trasformazioni agrarie basate su piani aziendali e interaziendali, che mirassero a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei ceti rurali della provincia.

Un Ponte tra Militanza e Storia

L'esperienza nella Cgil non è un capitolo isolato, ma una base fondamentale per la sua successiva carriera. Dopo l'esperienza sindacale, nel 1956, Flamigni diviene segretario della Federazione comunista forlivese del PCI, transitando dal ruolo sindacale a quello di dirigenza politica territoriale. Dal 1959 sarà poi membro del Comitato Centrale del PCI.

Dal 1968 al 1987, sarà prima deputato e poi senatore, partecipando a ben cinque legislature e ricoprendo ruoli cruciali in alcune delle commissioni d'inchiesta più delicate. Sarà membro della Commissione Antimafia, della Commissione sulla Loggia Massonica P2, e, soprattutto, della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro e l'omicidio di Aldo Moro.

È proprio il caso Moro a legare in modo indissolubile il nome di Sergio Flamigni alla storia d'Italia. Per decenni, con meticolosa tenacia e lucidità investigativa, l'ex parlamentare romagnolo si è dedicato a scandagliare le zone d'ombra, i depistaggi e le responsabilità celate dietro una delle pagine più tragiche della Prima Repubblica. Il suo lavoro in commissione fu cruciale, ma il suo contributo non si è fermato con la conclusione dei lavori parlamentari.

Attraverso saggi fondamentali come La tela del ragno, Trame atlantiche e Convergenze parallele, Flamigni ha offerto al Paese strumenti d'analisi critici e documentati, diventando un punto di riferimento per studiosi, magistrati e semplici cittadini alla ricerca di una verità mai pienamente svelata. Le sue indagini hanno sempre puntato a evidenziare le ambiguità e le possibili interferenze esterne nella vicenda, mantenendo viva l'attenzione sulle connivenze e le omissioni istituzionali.

L'Eredità dell'Archivio Flamigni

Anche dopo aver lasciato il Parlamento, il suo impegno civile e storiografico non è venuto meno. Trasferitosi a Oriolo Romano nel 1989, nel 2005 ha fondato l'Archivio Flamigni per la promozione della ricerca sulla memoria storica del Paese. L'Archivio è oggi un patrimonio unico di documenti su terrorismo, P2, mafia e stragi, un faro per chiunque voglia approfondire le dinamiche occulte che hanno segnato la storia italiana recente.

Come sottolineato dal messaggio che ne ha annunciato la scomparsa, la sua è stata “Una vita al servizio della democrazia, della Costituzione, delle istituzioni, della memoria storica, della ricerca di verità, fedele agli ideali di gioventù”.

“Se c’è una parola che ha contraddistinto la sua vita - ha commentato la segretaria dem Elly Schlein - questa è forse verità: partigiano, parlamentare, è stato, soprattutto, un instancabile studioso del caso Moro. Con l’Archivio Flamigni, che costituisce un patrimonio unico di materiali e testimonianze, ha voluto poi mettere a disposizione di tutte e tutti ciò che aveva raccolto in materia di terrorismo, stragi, mafia, P2. È stato tra i più attenti e tenaci ricercatori delle zone d’ombra della vicenda Moro, delle responsabilità e dei depistaggi e ha dedicato tutta la vita alla difesa della democrazia, della Costituzione, della memoria storica. Gli siamo grati di tutto, e gliene saremo sempre”.

La sua scomparsa, all'età di 100 anni, lascia un vuoto incolmabile nel panorama politico e culturale italiano. Sergio Flamigni non è stato solo un politico, ma un instancabile ricercatore e un testimone scomodo, la cui opera rimane essenziale per la comprensione delle ferite aperte della nostra democrazia. Il suo esempio, fatto di rigore, tenacia e incrollabile fede negli ideali resistenziali, rappresenta una lezione di civiltà per le nuove generazioni.

“Sergio Flamigni ci ha lasciati - scrive oggi Giovanni Tamburino - Non siamo mai preparati a perdite tanto gravi. Coerente sino alla fine della sua lunga vita, Sergio è stato capace come pochi di capire il nuovo e vederne risorse e pericoli. Ci lascia la testimonianza di valori essenziali: la politica come impegno disinteressato, la difesa della Costituzione come conquista di una dura lotta, l’incrollabile volontà di una società più giusta. Da grande combattente per la libertà Sergio ha compreso e rinsaldato il legame tra libertà e verità. Nel segno di quel legame il suo Archivio è lo straordinario lascito vivo che rifiuta i condizionamenti del potere e difende la ricerca libera e autentica. Questo è l’impegno che Sergio ci lascia e che vogliamo onorare. Addio Sergio, non ti dimenticheremo”.

Addio Sergio, non ti dimenticheremo.