Rosa Luxemburg, ultimogenita dei cinque figli, nasce a Zamość, una piccola città del voivodato di Lublino, nell’allora Nazione della Vistola, il 5 marzo 1871 in un’agiata famiglia ebraica ashkenazita.

“Una donna - scriveva di lei Bruna Bianchi - che cercò di opporsi a un sistema sociale costruito e guidato dagli uomini, che non permise mai al sessismo e all’antisemitismo di condizionare il suo agire, determinata a rompere le barriere di genere, ad affermare il diritto di essere ascoltata, il diritto alla propria indipendenza, che riuscì a far sentire la propria voce e a dimostrare che le sue idee erano importanti e meritavano attenzione. Una disposizione d’animo che si riflette nel suo autoritratto del 1911: una donna volitiva, fiera, che sapeva 'guardare nel profondo di sé stessa' e che da quella prospettiva guardava il mondo”.

“Era piccola di statura e aveva una testa sproporzionatamente grande - scriveva John Mill - un tipico volto ebreo con un grosso naso (…) aveva una camminata pesante, a volte irregolare, e zoppicava; a prima vista non suscitava un’impressione favorevole, ma bastava passare un po’ di tempo con lei per accorgersi della straordinaria vitalità ed energia di quella donna, della sua intelligenza e vivacità, dell’elevatissimo livello intellettuale in cui si muoveva”.

“Nonostante i suoi errori - affermava nel 1922 Lenin di lei, avversaria in tante battaglie, ma anche alleata preziosa contro la guerra, contro Kautsky, contro i nemici della Rivoluzione russa - è stata e rimane un’aquila e non soltanto la sua memoria sarà sempre cara ai comunisti di tutto il mondo, ma anche la sua biografia e la sua raccolta completa delle sue opere offriranno un insegnamento utilissimo per l’educazione di molte generazioni di comunisti di tutto il mondo”.

La formazione e l'impegno

Curiosa e intelligentissima (si laureerà in Giurisprudenza nel 1897 insegnando economia politica dal 1907 al 1914), Rosa impara piccolissima a leggere e scrivere - da autodidatta - in polacco, tedesco e russo, la lingua ufficiale dell’impero del quale la Polonia faceva parte.

Profondamente pacifista, poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale abbandona la carriera d'insegnante e si dedica alla militanza politica. Nel 1916, in pieno conflitto mondiale, fonda con il suo migliore amico Karl Liebknecht la “Lega di Spartaco” prima, il primo partito comunista tedesco poi. I due movimenti politici tentano, nel gennaio 1919, un’insurrezione armata che però viene soffocata nel sangue dall’esercito. Rosa e Karl vengono fucilati a Berlino il 15 gennaio dello stesso anno.

“Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht - scriveva Guido Liguori - furono uccisi a Berlino dai protonazisti armati dalla Spd il 15 gennaio 1919. Karl lottava contro la guerra e il militarismo, per il socialismo, per la rivoluzione proletaria. Rosa, donna, ebrea, comunista, teorica acuta e combattente indomita, lottò sempre per la rivoluzione delle masse, per il socialismo come autoliberazione, per la democrazia proletaria. Entrambi credevano nel ruolo del partito, non nel prevalere della burocrazia. Entrambi non disdegnavano il parlamento, ma scelsero i Consigli. Entrambi pensavano che era meglio aver torto insieme ai propri compagni che ragione da soli. Karl credette alla voglia di rivoluzione degli operai di Berlino. Rosa si unì a una insurrezione che lucidamente sapeva destinata alla sconfitta. Morirono così, insieme, e vissero per sempre”.

Il giorno prima del suo assassinio usciva sulla Rote Fahne un suo articolo dal titolo “L’ordine regna a Berlino” che così si concludeva:

La direzione è mancata. Ma essa può e deve essere creata a nuovo dalle masse e tra le masse. Le masse sono il fattore decisivo, sono la roccia sulla quale sarà edificata la vittoria finale della rivoluzione. Le masse sono state all’altezza della situazione, esse hanno fatto di questa “sconfitta” un anello di quelle catene di sconfitte storiche, che sono l’orgoglio e la forza del socialismo internazionale. E perciò, da questa “sconfitta” sboccerà la futura vittoria. “L’ordine regna a Berlino”. Stupidi sbirri! Il vostro “ordine” è costruito sulla sabbia. La rivoluzione è già domani “di nuovo” si rizzerà in alto con fracasso e a vostro terrore si annuncerà con clangore di trombe. Io ero, io sono, io sarò.

E non sarà una condanna a morte a uccidere le idee di Rosa Luxemburg. Lei era, lei è, lei sarà.

“Rosa - scriveva Gabriele Polo - che quando arrivò in Germania era tutto ciò che il potere tedesco detestava: donna, polacca, ebrea, comunista (…) Rosa che in carcere preferiva “il canto delle cinciallegre alle elucubrazioni dei dirigenti di partito”. (…) Rosa che attaccava Bernstein perché rinunciava alla rivoluzione e Lenin perché rinunciava alla democrazia, ché se le due cose non stavano insieme sarebbe stata barbarie”.

Rosa, una donna “troppo donna e non abbastanza compagna di partito”, secondo Bebel.

La natura di Rosa Luxemburg

Una donna esperta di geologia, botanica e zoologia che scriveva: “Qualche volta ho la sensazione di non essere un vero e proprio essere umano, ma appunto qualche uccello o un altro animale in forma di uomo; nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un pezzetto di giardino come qui, oppure in un campo tra i calabroni e l'erba, che non... a un congresso di partito. A lei posso dire tutto ciò: non fiuterà subito il tradimento del socialismo. Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai ‘compagni’. E non perché nella natura io trovi, come tanti politici intimamente falliti, un rifugio, un riposo. Al contrario, anche nella natura trovo ad ogni passo tanta crudeltà, che ne soffro molto”.

“Nella cura per i fiori e gli insetti - scriveva Bruna Bianchi - nella compassione per l’animale maltrattato, nella gioia per il canto degli uccelli, nello stupore con cui osservava le nuvole o il moscerino e la coccinella non c’è sentimentalismo femminile, ma un modo di sentire il mondo come luogo di convivenza e di condivisione, che è un tutt’uno con il desiderio di conoscerlo con empatia e rispetto e con la volontà di cambiarlo, per eliminare ogni forma di dominio”.

Il dominio del ricco sul povero, di una ‘razza’ sull’altra, dell’uomo sulla donna. Perché, in fondo, la rivoluzione è - e rimane - una rosa rossa. Nonostante tutto.