Frequentando il ginnasio Tasso a Roma, a tredici anni Sandro Curzi entra in contatto con gruppi della Resistenza antifascista capeggiati da Alfredo Reichlin. “Aveva appena 13 anni - scriveva Pietro Ingrao - quando al liceo Tasso impattò con quel gruppo di studenti raccolti attorno ad Alfredo Reichlin, che presto si gettarono nella Resistenza romana e - ancora agri - iniziarono a militare nel Pci”.

Nel marzo del 1944 gli viene concessa, nonostante la minore età, la tessera del Pci e nel 1949 è tra i fondatori della Fgci della quale viene eletto segretario generale Enrico Berlinguer. Nel 1951 è inviato nel Polesine per raccontare le conseguenze della tragica alluvione e vi rimane per un lungo periodo come segretario della federazione giovanile.

Curzi giornalista

Divenuto caporedattore centrale e direttore responsabile de l’Unità, nel 1964, per un breve periodo, ricopre la carica di responsabile Stampa e Propaganda della direzione del Partito Comunista (dopo la morte di Palmiro Togliatti, accompagna il nuovo segretario Luigi Longo alla sua prima Tribuna politica televisiva diretta).

Segue la stagione più calda, quella del ’68 e poi dell’autunno del ’69, della strage di Piazza Fontana e dei fatti che seguirono nei primi anni ’70, da vice direttore di Paese Sera, poi l’impegno con la televisione. Nel 1975 entra nella redazione del Gr1 diretto da Sergio Zavoli e nel 1976, con Biagio Agnes e Alberto La Volpe, dà vita alla Terza Rete televisiva della Rai. Diventa direttore del Tg3 nel 1987 dando al telegiornale una impronta inconfondibile.

Di Curzi hanno detto...

“La notizia della scomparsa di Sandro Curzi - scriveva l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - mi colpisce e addolora. È stato uomo di schietta passione politica e di sempre viva non comune cordialità umana. Le aspre polemiche che lo coinvolsero nel periodo della sua massima responsabilità giornalistica non lo indussero mai ad astiose chiusure né ad alcuna attenuazione della sua autonomia di giudizio e del suo senso delle istituzioni. Tanto meno ne fu scalfito il suo profondo attaccamento al servizio televisivo pubblico, com’è testimoniato dal suo impegno negli ultimi tempi”.

“Ho in mente - raccontava Walter Veltroni - i suoi maglioni a collo alto, le sue giacche di velluto e certe sue tentazioni del vivere bene per uno come lui che nella vita aveva sofferto. La sua generazione ebbe il coraggio di rischiare la propria vita (…) Sandro faceva parte di una sinistra romana che rappresenta l’essenza della città ed è legata proprio alla cultura di Roma. Aveva radici nel popolo, la gente per strada lo fermava e tutti gli volevano bene. Possiamo dire che qui in Italia lui è stato uno dei primi ad usare la frase Yes we can che però in romano si traduce Se po' fà. Era un appassionato del sindacato dei giornalisti così come è stato sempre un uomo di partito con una grande passione per la libertà (…) È stato capace di tirare su una generazione di giornalisti e con loro aver stabilito un rapporto solidissimo. È stato anche un uomo di sinistra con una grande propensione all’unità. Il Sandro che mi ricordo è vita e umorismo.(…) Mi ricordo che ero in giro per l’Italia e a un certo punto lui mi chiamò, fu una telefonata piena di affetto e che difficilmente potrò dimenticare (…) Ricordo che la prima volta che ho sentito il cognome Curzi è stato a scuola quando il professore fece l’appello e si alzò in piedi per rispondere una giovane ragazza molto carina che sedeva al banco insieme ad un’altra ragazza che si chiamava Lucrezia Rechlin”.

“Non riusciamo - aggiungeva Fausto Bertinotti - a sottrarci a un dolore, a una perdita: ha amato la vita ed è riuscito ad esprimere in ogni momento questo forte attaccamento, come un contagio. Per questo ha realizzato imprese in un tempo, come il nostro, in cui è difficile realizzare qualcosa (…) È stato un comunista in un’accezione forte e decisa, in un partito che ha avuto un peso importante nella formazione della classe politica e dirigente del Paese. Ha avuto un modo di essere comunista popolare ma mai plebeo, anzi con un’ansia pedagogica. E gli scatti duri della storia non lo hanno ammutolito, ha continuato a vivere anche quando è finito il pasoliniano ‘tempo delle lucciole’ (…) mantenendo la sua filosofia (…) uomo di partito e insieme servitore leale e fedele di un istituto come il servizio pubblico. L'essere comunista non pregiudicava ma arricchiva il suo essere nel servizio pubblico, il bene è stata la bussola della sua vita, attraverso la pace, l’eguaglianza (…) Quello che conta è il viaggio, non la meta. Hai fatto un grande viaggio, Sandro, hai combattuto la giusta battaglia”.

Curzi e il comunismo

Curzi, sei comunista ancora oggi? La storia non ha scalfito le tue certezze? Gli veniva chiesto nel marzo del 2001. Sempre comunista - sarà la risposta - Ed è molto faticoso oggi essere comunista”.

“Sono nato - raccontava nell’intervista - nel 1930, da famiglia agiata. Andavo a scuola al Tasso, col mio amico Citto Maselli, compagno di banco. È stato lui che mi ha portato a certe idee di sinistra. Miti? Piola. La Lazio. Sono sempre stato laziale nonostante tutto. Nonostante cosa? I comunisti tifavano Roma. La Lazio era la squadra dei fascisti. Amici? Luciana Castellina, un’altra che si è goduta la vita, come me”.

Sei felice? È l’ultima delle domande. “Quando morirò - la risposta - a cent’anni, morirò soddisfatto. Non ho autocritiche da farmi. Ho sempre fatto quello che mi piaceva. Mi sono divertito”.