Nel 1945, all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia è un Paese distrutto che deve fare i conti con la ricostruzione materiale e umana del proprio tessuto sociale. Un’Italia stremata, affamata, ma con un’incredibile voglia di rinascita e di ricostruzione. Un’Italia nella quale tanti, troppi bambini vivono - soprattutto nel Mezzogiorno - in condizioni disagiate di povertà e di fame, spesso in zone distrutte dalle bombe.

Un’Italia che rinasce anche attraverso la solidarietà, attraverso l’esperienza - unica e meravigliosa - dei ‘treni della felicità’, organizzati dal Pci di Teresa Noce e dall’Udi. Scriveva la dirigente comunista: “I bambini affamati erano tanti. Cominciava il tempo umido e freddo e non c’era carbone. I casi pietosi erano molti, moltissimi. Bambini che dormivano in casse di segatura per avere meno freddo, senza lenzuola e senza coperte. Bambini rimasti soli o con parenti anziani che non avevano la forza e i mezzi per curarsi di loro”.

Bambini e bambine allo stremo per la fame vengono ospitati dalle famiglie del Nord, dell’Emilia-Romagna in particolare ma non solo, ricevendo cibo, cure, vestiti, affetto, creando legami che sopravvivranno negli anni e che cambieranno la vita di tante piccole creature.

Nel 1950, a San Severo di Foggia, i braccianti si ribellano al grido di “Pane e lavoro”. Vengono arrestati con l’accusa di “Insurrezione armata contro i poteri dello Stato”,  tenuti in carcere e assolti al processo solo due anni dopo. Con la mamma e il papà in carcere i bambini rimangono soli, senza nessuno che si occupi di loro, senza cibo e cure. Saranno le donne comuniste della Romagna e delle Marche a occuparsi di loro, inserendoli nelle proprie famiglie. Una solidarietà tra poveri e meno poveri che durerà una vita.

Dal 1945 al 1952, anni duri per tutto il Paese, saranno ospitati nel Centro-nord ben 70.000 bambini, grazie all’appoggio del Pci, dei Cln locali, delle sezioni Anpi, delle amministrazioni e della popolazione in genere. Un numero sorprendente.

Giovanni Rinaldi torna, dopo la meravigliosa esperienza de I treni della felicità (Ediesse 2009), a raccontare le loro storie nel volume - da leggere - C’ero anch’io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l’Italia (Solferino 2021, pp. 320, prezzo di copertina 17,50 euro). Lo fa sottovoce, in punta di piedi, entrando con grazia e maestria nelle vite private di tanti bambini e bambine - oggi adulti - che aprono il loro cuore come si può fare solo con chi sa e vuole ascoltare.

“Abbiamo trovato il protagonista di un racconto e di fatti accaduti sessant’anni anni prima - racconta l’autore -. Senza rendercene conto, dalla ricerca di storie e dei testimoni che avrebbero potuto raccontarcele, stiamo intervenendo all’interno di queste storie (…). Stiamo smuovendo non più solo la memoria e il passato, ma giocando col presente e la realtà di persone anziane che, nel momento in cui offrono il loro racconto, ci appaiono bambini veri, senza età, proiettati in un tempo felice misterioso, lontano dalla loro vita quotidiana, che spesso non sembrano all’altezza di quella piccola epopea vissuta molto tempo prima”.

Franco non ha mai dormito in un letto pulito. Severino non ha mai visto il mare. Dante non ha mai mangiato una brioche. Bambini che arrivano sporchi, laceri, mal nutriti nelle case che li accoglieranno. Bambini che prima non vogliono partire e poi non vogliono tornare, mamme spaventate da quello che potrebbe accadere alle loro creature (i comunisti - si sa - i bambini li mangiano!), ma che le lasciano partire perché non hanno altra alternativa, in una storia che commuove a ogni pagina, a ogni riga, tanto più attuale di quello che si potrebbe immaginare.

Nelle stazioni, ad aspettare i giovani ospiti,  ci sono le bande musicali organizzate dai tranvieri e dai ferrovieri, ci sono i sindaci con le intere giunte comunali ed i comitati di accoglienza che provvedono alla collocazione dei bambini presso le famiglie che si sono offerte di ospitarli. Famiglie che toccano con mano una povertà probabilmente solo immaginata, bambini che scoprono che oltre il proprio paese, la propria casa e i campi circostanti, esistono altri mondi.

Una storia - tante storie - commovente, tanto straordinaria al punto da sembrare frutto di fantasia, ma che è assolutamente vera. C’è una bella Italia in questo libro, un’Italia lontana non solo temporalmente, un’Italia che mai come oggi abbiamo il bisogno di riscoprire e ricordare perché - è proprio vero - “questo è un Paese che ha bisogno di ricordarsi che ha fatto delle cose bellissime”.