Michael Nicholas Salvatore Bongiorno nasce il 26 maggio del 1924 a New York, da padre italoamericano e madre torinese. Statunitense naturalizzato italiano, era tornato ancora piccolo con la mamma a Torino. Sfollato sulle Alpi piemontesi, grazie alla sua conoscenza dell’inglese, viene impiegato come staffetta tra le formazioni della Resistenza e gli Alleati, che raggiungeva in Svizzera. Catturato a Cravegna (Novara) durante una di queste sue missioni rischia di essere fucilato, ma si salva perché gli agenti della Gestapo gli trovano addosso documenti americani. Condotto a San Vittore passa 64 giorni in isolamento completo. Finito il periodo d’isolamento, rimane in carcere fino al 26 settembre del 1944.

“Ero stato arrestato dai nazisti il 20 aprile del ’44 - raccontava il Mike nazionale in un'intervista a Repubblica - mentre stavo preparandomi ad attraversare il confine svizzero. Il passaporto americano, che avevo buttato un po' incoscientemente dalla finestra mentre l’alberghetto veniva circondato, era stato trovato da uno della Gestapo. E così mi portarono a San Vittore, dove mi faccio sessantaquattro giorni di isolamento completo, poi mi mettono in cella con un altro detenuto e alla fine mi danno anche qualche permesso per svolgere i lavoretti all’interno del carcere. Quando passo dall'infermeria, c’è Montanelli, che mi dà un bigliettino per sua moglie. Se ci penso, al rischio che ho corso. Me lo sono messo in bocca e l’ho consegnato”.

“Ti ricordi la mattina che per la prima volta entrasti nella mia cella, numero 132, quinto raggio? - gli chiederà lo stesso Montanelli - Ti fermasti sulla soglia con quel tuo viso di furetto, l’unico pulito fra tutti quelli nostri perché ancora non avevi la barba, mi guardasti con occhi cordiali e mi dicesti 'Bongiorno' 'Buongiorno!'. Ti risposi un po’ stupito di quelle maniere insolitamente urbane. Al che ti mettesti a ridere e un poco arrossendo ribattesti: 'No, Bongiorno è il mio nome'. E io che sono superstizioso, subito pensai: 'Bè, costui ha l’aria di menar buono'. Intanto mi menasti buono perché proprio quella mattina ricevetti qualcosa che certamente, alcuni giorni prima, era stato un pollo arrosto. Magro. Ma pollo. E a portarmelo fosti proprio tu, che avevi, se non sbaglio, l’incombenza di raccogliere fra noi ‘isolati’ quella che molto eufemisticamente veniva chiamata ‘la biancheria’, e perché godevi di una certa libertà di circolazione dentro il ‘raggio’. Di questa tua libertà io fui certamente uno dei più sfacciati profittatori. Non oso nemmeno fare il conto di tutti i biglietti di cui ti feci postino, di tutti gli intrallazzi di cui ti feci mezzano, di tutte le tresche di cui ti appioppai la pericolosa responsabilità. E non ricordo nemmeno se te ne ho mai ringraziato .. Lo faccio ora”.

“Dopo 64 giorni di isolamento completo - raccontava anni fa il presentatore stesso - di giorno mi facevano uscire dalla cella e mi affidavano vari incarichi, tra i quali anche lo svuotamento dei ‘botoli’ (i bisogni dei prigionieri). Anche la mia mamma era stata arrestata. Soffriva molto nel reparto femminile e aveva tanta paura per me. Le guardie carcerarie, che mi volevano molto bene perché ero il più giovane e successivamente il prigioniero con la più lunga anzianità, escogitarono un trucco per farmi incontrare la mamma. Mi davano un bidone pieno d’acqua da portare nel carcere femminile. (…) Da San Vittore sono finito in vari campi di concentramento, l’ultimo a Spital in Austria. (…) Nel febbraio del 1945 sono stato oggetto di scambio. Prelevato dalla Croce Rossa, mi hanno portato a Marsiglia, poi in nave a New York”.

“Quando lo portarono via - si legge sul sito della 'Fondazione Mike’ a lui dedicata - si era ridotto a pesare 39 chili. Non fu una liberazione, ma l’inizio di un nuovo calvario. Finì prima nel campo di concentramento di Gries (Bolzano), prigioniero 2264, poi nel campo di rieducazione di Reichenau, in Austria, sotto le terribili grinfie delle famigerate donne delle SS. Infine, dopo 2 settimane, il 12 ottobre fu condotto nello Stalag XVIII-A/Z, campo di prigionia a Spittal, in Carinzia, in cui erano stati radunati solo prigionieri americani e inglesi. Nei primi giorni del gennaio 1945, Mike fu convocato dal comandante del campo: era il numero 1 della lista nello scambio dei prigionieri! Cominciava un nuovo anno, cominciava una nuova vita. Erano gli albori della liberazione e Mike tornava a New York, dal padre Philip”.

“Ci furono scene di felicità delirante - ricorderà Mike - soprattutto quando avvistammo e poi passammo vicino alla Statua della Libertà. Eravamo tutti assiepati sul bordo della nave, feriti, ciechi, ammalati, deperiti dalla sottoalimentazione, e nessuno riusciva a trattenere le lacrime dalla gioia. Passammo anche di fianco a Ellis Island, l’isola dove sbarcavano gli immigrati, e il mio pensiero corse verso nonno Michelangelo che era arrivato lì prima di me più di cinquant’anni prima.  Ellis Island durante la guerra era stata trasformata in ospedale per i feriti; inoltre vi si svolgevano le verifiche e gli interrogatori condotti dall’FBI ai militari e ai civili sospetti che rientravano dall’Europa o dal Pacifico. In alcuni viaggi scambio precedenti al nostro erano scoppiati dei gravi scandali perché vennero scoperti degli agenti nazisti che si facevano passare per civili americani. Da allora il dipartimento di Stato aveva intensificato i controlli, e l’isolotto era passato a svolgere anche la funzione di carcere”.

Nel 2003 Mike Bongiorno ottiene la cittadinanza italiana, quattro anni più tardi - nel 2007 - la laurea honoris causa dall’Università Iulm di Milano. Nello stesso periodo il presentatore pubblica con la Mondadori un volume di memorie, La versione di Mike, la sua prima, vera, autobiografia nella quale largo spazio è dedicato al periodo della guerra, della Resistenza e della deportazione.

Mister ‘Allegria’ morirà a Montecarlo l’8 settembre 2009. “Il nome e la personalità di Mike Bongiorno - scriveva Sergio Mattarella commemorandone il decimo anniversario della scomparsa - hanno segnato gli esordi della televisione italiana e ne hanno accompagnato lo sviluppo per oltre mezzo secolo. Della tv Mike Bongiorno è stato dapprima un pioniere e quindi un vero e proprio simbolo, una popolarissima icona che con modi semplici e ironia ha saputo parlare agli italiani di diverse età. Ha tenuto a battesimo le trasmissioni della Rai e poi la stagione del pluralismo delle emittenti televisive. Non si è mai fermato nelle sue sfide professionali: progettava ancora nuovi programmi su nuove piattaforme quando le forze gli sono venute meno. I suoi motti, i suoi quiz, la sua ‘allegria”’ resteranno nella storia delle comunicazioni”.