La Musica Che Gira è un coordinamento composto da lavoratori, artisti, imprenditori e professionisti della musica e dello spettacolo, che hanno deciso di fare rete per fronteggiare la crisi prodotta dalla pandemia. A marzo, hanno inviato al presidente del Consiglio e ai ministri dell'Economia e della Cultura una lettera, per chiedere l’immediata erogazione dei ristori per il sostegno ai professionisti e alle realtà della musica dal vivo. Alla lettera è arrivata la risposta delle istituzioni, con la garanzia che in tempi brevi le risorse verranno erogate. Manuela Martignano, La Musica che Gira, che rassicurazioni vi sono state date?

Il 12 marzo scorso, insieme ad altre realtà dell’industria musicale, ci siamo fatti promotori di una lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Draghi, al ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco e al ministro della Cultura Dario Franceschini, in cui chiedevamo riscontro urgente sui tempi per le erogazioni dei ristori previsti dall'art. 183 del dl Rilancio, relativo ai bandi  397 e 486, dedicati al sostegno per i professionisti e le realtà della musica dal vivo, gli organizzatori di concerti e i live club. Il Mic ci ha comunicato, giovedì 18 marzo, che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha reso disponibili sui capitoli di bilancio delle Direzioni Generali del Ministero della Cultura le risorse necessarie per l’erogazione dei contributi previsti dall’emergenza sanitaria, quindi di aver immediatamente avviato le procedure di pagamento per i bandi oggetto della lettera. Il 25 marzo la Direzione Generale dello Spettacolo ci ha comunicato ufficialmente che in fondi sono arrivati e che dalla fine di marzo è stata avviata la procedura per i pagamenti.

Che giudizio date dell'ultimo Decreto Sostegni uscito la settimana scorsa? Le misure che riguardano i lavoratori e le imprese della musica sono sufficienti? Si poteva fare di più?

Si poteva fare di più, con 600 euro al mese un lavoratore come fa a sopravvivere? A volte non ci copre neanche i costi dell'affitto. Il problema dei lavoratori si risolve solo andando a riparare le fragilità che erano presenti anche prima della pandemia, un risultato possibile per esempio con il reddito di continuità, una misura che dovrebbe essere introdotta a regime a prescindere dall'emergenza perché è l'unica che tiene conto della particolarità del lavoro discontinuo in questo settore. C'è una proposta di legge depositata da Matteo Orfini e da Francesco Verducci che, se approvata, risolverebbe queste criticità, permettendoci di uscire dall'ottica dell'emergenza. Leggendo il Decreto è chiaro che anche per i lavoratori autonomi le misure sono del tutto insufficienti, considerando che sono stati sempre tra le categorie più penalizzate.  Il punto che ormai abbiamo chiaro da un anno, che si tratti di lavoratori, di terzo settore o di imprese, è che bisogna stringere i tempi per una riforma definitiva del settore. Continuare a trattare questi argomenti da un punto di vista emergenziale e non pensare a come cambiare radicalmente il sistema ne determinerà il collasso. I sostegni, rispetto alle nostre perdite, restano comunque inefficaci. 

Qual è ad oggi, dopo un anno di stop, la situazione dell'industria musicale, con e dei suoi lavoratori? Come si quantifica questa crisi? E come se ne può uscire?

Il quadro non è confortante, come si può immaginare, la maggior parte delle realtà imprenditoriali del mondo della musica registrano delle perdite che oscillano tra il 70 e il 90% e questo ovviamente ricade sui lavoratori.  È indispensabile riflettere sull'importanza di questo tessuto aziendale per il Paese e mettere sul piatto delle risorse economiche serie e coerenti rispetto alle perdite. Stiamo correndo il rischio che tantissimi professionisti altamente qualificati (gli stessi che rendono per esempio il settore degli eventi dal vivo uno dei più virtuosi in termini di sicurezza sul lavoro) si disperdano, collocandosi altrove per mancanza di sostegni adeguati. Lo stesso discorso vale per i luoghi della musica, che sono anche presidi indispensabili sui singoli territori e producono occupazione, oltre che occasioni di crescita culturale e socialità. Anche chi produce i contenuti musicali è un patrimonio del paese, oltre che una categoria di impresa. Il Governo deve dimostrare di aver recepito l'importanza strategica del comparto, traducendola in coraggio nelle soluzioni che non possono prescindere da investimenti più adeguati, ma anche da proposte più strategiche. La riapertura, in sicurezza, dei luoghi dove si fa musica dal vivo è una soluzione: una parte dei lavoratori ricomincerebbe a essere impiegata evitando la dispersione delle competenze; il ristoro dei mancati incassi, molto probabilmente, comporterebbe una spesa minore da parte dello Stato rispetto al ristoro che si deve a un'impresa che resta totalmente chiusa. 

Il 27 marzo gli spazi culturali avrebbero dovuto riaprire, ma è ancora tutto fermo. Come "La Musica Che Gira" avete una vostra idea di ripartenza in sicurezza? Anche una volta passata l'emergenza, i grandi eventi musicali dovranno essere completamente ripensati? 

Rispetto alla ripartenza più che un'idea abbiamo dei dati, e sono quelli relativi ai concerti della scorsa estate. Sappiamo che ancora una volta per il nostro settore la parola chiave è "atipicità". Anche nello scrivere le regole della ripartenza vanno tenute in considerazione le differenze, per permettere al maggior numero di realtà di ripartire. Sarebbe un errore chiudersi in un unico protocollo rigido. Al momento, abbiamo attivato un tavolo tecnico con altre realtà della musica dal vivo, che sta studiando delle possibili soluzioni proprio a partire dai dati della scorsa estate, per immaginare degli schemi di funzionamento applicati alle diverse esigenze e degli spazi, con annesse valutazioni di sostenibilità economica. In un momento come questo le idee vanno bene, ma è importantissimo che siano sostenute dallo studio, perché possano portare a risultati concreti e intelligenti, che aiutino davvero il settore a ripartire. Il Comitato Tecnico-scientifico dovrebbe ascoltare i professionisti del settore, che da anni sono abituati a ragionare sulla sicurezza e a individuare soluzioni che siano sostenibili. 

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