(Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto da Sophie Dubois-Collet, La storia prende il treno, Add 2021)
 

Il 3 maggio 1936 il Fronte Popolare vince le elezioni legislative. Il giorno seguente Léon Blum, uno dei dirigenti della Sezione Francese dell’Internazionale Operaia (SFIO), sta per costituire il suo primo gabinetto di presidenza del Consiglio. Ha a disposizione una rosa di candidati, ma prima che si possa arrivare alla formazione di un governo, l’intera Francia è travolta da una serie di scioperi, inizialmente indetti dalle officine aeronautiche, poi da altri settori.

L’11 maggio seicento operai e duecentocinquanta impiegati della fabbrica di aeroplani Breguet, a Le Havre, smettono di lavorare. Pretendono che due colleghi, licenziati per aver partecipato allo sciopero del 1° maggio, siano reintegrati. I lavoratori portuali, per solidarietà, si uniscono alla protesta. Ottengono soddisfazione nel giro di quarantott’ore, ma l’idea dello sciopero si diffonde in altri ambienti operai.

Dapprima altre due fabbriche di aeroplani. Il 13 incrociano le braccia le officine Latécoère. L’indomani è la volta della fabbrica Bloch, a Courbevoie, nella regione parigina.

Poi è la volta delle donne: si mobilitano nei comparti alimentare e tessile.

La manifestazione del 24 maggio, in ricordo della Comune, il governo socialista che diresse Parigi dal 18 marzo al 28 maggio del 1871, richiama seicentomila partecipanti che intonano canti rivoluzionari sventolando le bandiere rosse. Nei giorni successivi il numero degli scioperi raddoppia, e benché le richieste vengano accolte, gli operai continuano a occupare le fabbriche. Cantano, discutono, giocano a carte e suonano la fisarmonica in un’atmosfera di gioviale benevolenza.

Il 28 maggio anche i trentamila operai della Renault scioperano. In breve tempo sono seguiti da intere corporazioni come i lavoratori metallurgici, quelli dell’edilizia, della chimica, i venditori di giornali, i parrucchieri e i dipendenti dei grandi magazzini. Ben presto si contano più di due milioni di scioperanti.

Nella sua propaganda, il Fronte Popolare ha promesso "Il pane, la pace, la libertà". Conta di risollevare la Francia ancora in ginocchio dopo la crisi economica del 1929 e di placare i timori della gente riguardo le incertezze della politica internazionale.

Il governo viene formato il 4 giugno. Come previsto, Léon Blum è il presidente del Consiglio. Per la prima volta tre donne ottengono la nomina a sottosegretarie di Stato: Irène Joliot-Curie alla Ricerca scientifica, Suzanne Lacore alla Protezione dell’infanzia e Cécile Brunschvicg all’Educazione nazionale.

Blum affida il nuovo ministero dell’Organizzazione del tempo libero e dello sport a Léo Lagrange. Il giovane segretario di Stato, che ha appena 35 anni, deve inventarsi qualcosa.

All’Hôtel Matignon il governo riunisce le organizzazioni sociali e i patronati con l’obiettivo di mettere in campo alcune riforme sociali. Nella notte tra il 7 e l’8 giugno le trattative sfociano negli accordi di Matignon che prevedono, tra le altre cose, un aumento dei salari dal 7 al 15% e la libertà dell’esercizio sindacale. Il gabinetto del ministro dell’Interno invia un telegramma a tutte le prefetture perché siano avvisate. Qualche giorno più tardi il Parlamento vota la settimana di 40 ore e le due settimane di ferie pagate all’anno.

L’11 giugno il Partito comunista francese chiede agli operai di riprendere il lavoro. A Parigi, in un discorso pubblico, Maurice Thorez dichiara: "Bisogna saper interrompere uno sciopero nel momento in cui si è ottenuto ciò che si voleva. È altresì necessario saper scendere a compromessi, anche se le rivendicazioni non sono ancora tutte soddisfatte, ma si è ottenuta la vittoria su quelle più importanti".

Benché in Germania, Austria-Ungheria, Italia, Polonia e Spagna le ferie pagate esistano già, in Francia soltanto un’élite beneficia del privilegio. Essere pagati per non fare niente non rientra nella mentalità degli operai e l’idea provoca un’immediata euforia. Tuttavia, pochi hanno mezzi sufficienti per andare in vacanza. Quando possono prendere due o tre giorni di ferie si allontanano da casa giusto di qualche chilometro e lo fanno in bicicletta, perché non si possono permettere un’automobile, né, sovente, un biglietto di treno.

Léo Lagrange desidera che gli operai possano approfittare appieno delle loro ferie pagate. Si impegna dunque in una serie di difficili trattative con le ferrovie, perché facciano uno sforzo sui prezzi dei biglietti.

Nel mese di luglio riesce a ottenere i biglietti popolari per le ferie annuali con una riduzione del 40%, alcuni treni speciali con uno sconto del 60% sui biglietti economici per il weekend. Allo stesso modo, tratta con i sindacati del turismo, gli albergatori e i responsabili di impianti sportivi, perché accordino prezzi vantaggiosi ai vacanzieri.

I biglietti per le ferie annuali hanno un enorme successo. Alle officine Renault di Billancourt vengono aperti addirittura alcuni uffici temporanei per accogliere le migliaia di domande degli operai.

Il 1° agosto Le Populaire afferma: "Inutile dire il successo dei biglietti popolari al 40% di riduzione. In tutte le stazioni, nelle sedi sindacali, negli uffici speciali delle grandi officine, ovunque i biglietti vanno a ruba a migliaia". Il giornalista prosegue: "Vogliamo ricordare le condizioni d’acquisto di tali biglietti. Percorso minimo: 200 chilometri andata e ritorno; il percorso d’andata può essere diverso da quello del ritorno. Classe: soltanto la terza. Riduzione: 40% sul prezzo intero del biglietto per i tragitti di andata e ritorno. Metà prezzo per i bambini dai tre ai sette anni. Tutti i treni possono essere utilizzati salvo quelli del 14, 15, 16, 29, 30 e 31 agosto e del 29 e 30 settembre". Segnala inoltre che il treno speciale per la Costa Azzurra è già completo. Sulla penultima pagina il giornale mostra la pubblicità di un viaggio per i lavoratori a Mentone, Montecarlo e Monaco, organizzato con il sostegno di un’agenzia.

Verso la fine di luglio, i francesi hanno cominciato a sfuggire il clima triste provocato dalla guerra civile spagnola, dal crescente nazionalismo e dai Giochi olimpici che Hitler ha inaugurato di fronte a 100.000 spettatori.

Il 7 agosto Le Petit Parisien titola: "La corsa verso l’aria buona" e racconta che "il 31 luglio e il 1° agosto, 70.000 viaggiatori sono partiti per le vacanze dalla Gare Montparnasse". In 45.000 hanno scelto il Belgio, 17.000 le spiagge del sudovest e 8000 si sono diretti verso Granville, sulla Manica. Il quotidiano ricorda che l’anno precedente, alla stessa epoca, i viaggiatori erano stati solo 59.000 e aggiunge: "Per far fronte a una simile mobilitazione di massa, le ferrovie hanno dovuto mettere in campo 135 treni e 1400 vagoni, 1000 in più di un qualsiasi periodo feriale. Del resto era dal 1929 che non si registrava un tale carico di bagagli. Questo prova l’intenzione dei viaggiatori di trascorrere sulle coste della Francia soggiorni piuttosto lunghi".

In tutte le stazioni parigine si battono i record di partenze. Le reti del Midi e della PLM (Parigi-Lione-Mediterraneo) hanno dovuto aumentare le corse per la Costa Azzurra.

Nel 1936 hanno potuto beneficiare dei biglietti a tariffa ridotta circa 600mila nuovi vacanzieri, che con arroganza la borghesia ha soprannominato i “ferie pagate”. L’anno seguente saranno 1,8 milioni, ma lo scacco subìto il 21 giugno dalla politica economica del Fronte Popolare, condurrà Blum alle dimissioni. Nonostante tutto, le ferie pagate non saranno mai messe in discussione, così come i biglietti a prezzo ridotto per i lavoratori, che esistono ancora oggi.