Saartjie Baartman, meglio conosciuta come la Venere Ottentotta, nasce nel 1789 da una famiglia di etnia khoikhoi, nelle vicinanze del fiume Gamtoos nell’odierno Sudafrica. A seguito dell’uccisione della sua famiglia durante un attacco compiuto dai boeri contro il suo villaggio, viene assegnata come schiava presso una famiglia di Città del Capo.  La ragazza soffriva di un’anomalia genetica oggi chiamata steatopigia, una condizione particolarmente ricorrente in certe etnie africane che rendeva il suo fisico estremamente particolare e simile a quello delle veneri preistoriche.

Quando Saartjie inizia a crescere, Hendrick Cezar, fratello del suo “proprietario”, ha l’idea di portarla in Inghilterra per utilizzarla come fenomeno da baraccone, "affittarla" per "scopi scientifici", venderla a un domatore di animali francese che la obbligava a esibirsi legata a una catena mentre camminava a quattro zampe, farla prostituire. La Venere Ottentotta morirà di sifilide (secondo alcuni vaiolo, polmonite secondo altri) il 29 dicembre del 1815 e il suo scheletro, i suoi genitali e il suo cervello saranno messi in mostra al Musée de l’Homme di Parigi fino al 1974. Solo nel 2002, grazie all’impegno di Nelson Mandela, e dopo lunghe trattative tra il governo francese e quello sudafricano, i suoi resti saranno consegnati al Sudafrica e sepolti con funerali di stato nella sua terra di origine. 

La storia di Saartjie ha ispirato il cinema e la letteratura ed alle sue vicende è legato il film uscito nel 2010 intitolato “Venere nera”. Una storia brutta, terribile, ma purtroppo non unica.

Nel 1906, lo zoo del Bronx di New York inaugurava uno spettacolo dal titolo “L’anello mancante”, avente come protagonista un pigmeo del Congo, Ota Benga, esposto in una gabbia insieme a un orango e a uno scimpanzé.

Nella civile e sviluppata Europa esempi di zoo umani si hanno in Germania (negli anni Settanta del diciannovesimo secolo Karl Hagenbeck, un mercante di animali selvatici, ha l’idea di esporre nel proprio giardino zoologico, lo zoo di Amburgo, persone provenienti dalle colonie più remote) e in Francia (tra il 1877 e il 1912 Le Jardin zoologiche d’acclimatation di Parigi ospiterà 30 esposizioni etnografiche. Anche i parenti del noto calciatore Christian Karembeu sono stati "esposti" allo zoo umano allestito all’Esposizione coloniale di Parigi del 1931, per questo motivo l’ex calciatore della Sampdoria, del Real Madrid e della nazionale francese rifiuterà sempre, nonostante i richiami e le polemiche, di intonare la Marsigliese).

Nel caso italiano non vi sarà uno zoo stabile come in Germania lo zoo di Amburgo o in Francia il Jardin zoologique d’acclimatation, ma, fino al 1940 (un villaggio congolese è ancora mostrato alla fiera mondiale di Bruxelles del 1958), si avrà l’esposizione di numerosi villaggi eritrei e somali.  Il darwinismo sociale si traduce visivamente in queste esposizioni a carattere etnologico con la distinzione tra razze primitive e razze civilizzate, trasformando con il tempo gli zoo umani da mera attrazione a strumento di propaganda.

Affermava all’inizio del secolo scorso il reverendo Sequoyah Ade: “Per illustrare ulteriormente la vastità di umiliazioni subite nelle Filippine oltre alla loro conquista da parte degli Americani, gli Stati Uniti hanno reso la campagna filippina il centro della Fiera Mondiale del 1904 tenutasi quell’anno a St. Louis, Missouri. In quella che era definita entusiasticamente come la ‘sfilata del progresso’, i visitatori potevano scrutare i ‘primitivi’ che rappresentavano l’opposto della ‘civiltà’ che giustifica la poesia di Kipling Il fardello dell’uomo bianco. Pigmei dalla Nuova Guinea e dall’Africa, che furono in seguito mostrati nella sezione primati del Bronx Zoo, sono stati fatti sfilare accanto agli indiani d’America come il guerriero apache Geronimo, che ha venduto il suo autografo. L’attrazione principale fu tuttavia la mostra Filippina di repliche intere delle abitazioni indigene, erette per esibire l’arretratezza intrinseca nel popolo filippino. L’obiettivo era quello di mettere in evidenza sia l’influenza ‘civilizzatrice' del governo americano sia il potenziale economico delle risorse naturali delle catene insulari sulla scia della guerra filippino-americana. Era, a quanto riferito, la più grande mostra specifica aborigena esibita alla fiera. Come un visitatore soddisfatto ha commentato, lo zoo umano appare ‘il racconto di strane persone che segnano il tempo mentre il mondo avanza, e di selvaggi resi dei lavoratori civilizzati coi metodi americani’”.

Citando Primo Levi “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare” e “le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.