Non c’è stagione che tenga. D’inverno, i decumani sono affollati da appassionati di presepi e fanatici di “Natale in casa Cupiello”. D’estate, brulicano di turisti italiani e stranieri, in cerca di un poco di fresco, in una chiesa o in un museo, prima di prendere il traghetto per Capri. Nel primo solleone dopo la quarantena, invece, le strade del centro sono semi-deserte, i bar e ristoranti vuoti, i principali monumenti senza le lunghe file degli ultimi anni.

Napoli, così vuota, non si era vista mai. “Fa un effetto anomalo, di grande nostalgia”. Serena De Feo lavora nella biglietteria del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, uno dei più importanti musei archeologici in Italia. Il suo, per via del lavoro, è un punto di vista particolare sulla città. L’azienda per cui lavora gestisce i servizi di biglietteria, controllo accessi, didattica, libreria e guardaroba anche al Museo di Capodimonte, alla Certosa di San Martino, a Castel Sant’Elmo, a Palazzo Reale e Villa Pignatelli. Buona parte dei siti museali partenopei di rilievo. Dalla sua postazione, Serena ne ha viste passare di facce che entravano a visitare il museo. Turisti italiani, tedeschi, francesi, americani. Da tutto il mondo.

Poi è arrivato il Covid e le cose sono cambiate, anche nel suo lavoro. Ora, oltre a staccare i biglietti, Serena e i suoi colleghi danno il benvenuto ai turisti misurando loro la temperatura con il termoscanner. Ma il numero dei visitatori, nella fase tre, si è sensibilmente ridotto. “La città ha investito tanto nel turismo e nella cultura –osserva Serena-, lo hanno fatto sia le istituzioni che i privati”. Questo rilancio ha significato per la città anche una “riqualificazione urbanistica e sociale di diversi quartieri, che spero non vada perduta”.

Quando l’emergenza sanitaria è scoppiata, i musei sono stati tra i primi a essere chiusi. Serena racconta di come lei e i suoi colleghi siano stati colpiti “innanzitutto emotivamente per l'immediata e improvvisa chiusura dei musei. Subito dopo, In un secondo momento, è subentrata la preoccupazione per l'incertezza sul rientro e quella per i tempi lunghi di erogazione degli ammortizzatori sociali”. Le riaperture, dal 18 maggio in poi, sono procedute a macchia di leopardo e anche questa terza fase ha un forte impatto sulla vita di coloro che lavorano in un settore endemicamente “fragile” come quello del turismo culturale.

Serena spiega che a Napoli, a partire dalla data di riapertura stabilita a livello ministeriale, i musei si sono subito attivati per riaprire in sicurezza. “Al momento, però, i servizi museali sono soltanto parzialmente attivi o, in qualche caso, ancora chiusi. Gli operatori restano in cassa integrazione parziale, non riuscendo a coprire il monte ore contrattuale. I ritardi nell'erogazione della cassa integrazione creano forti preoccupazioni economiche nelle famiglie”.

Due mesi fa, alla vigilia delle riaperture, ci si interrogava su come sarebbe stata questa estate post emergenza e se il gioco sarebbe valso la candela. Se i turisti, in Italia, ci sarebbero tornati presto. Nel caldo torrido di questo agosto, Napoli è una città molto più vuota e silenziosa di quanto lo sia sempre stata. L’affluenza dei turisti si è sensibilmente ridotta. “È cambiato il volto di una città –dice Serena- che negli ultimi tempi aveva consolidato la sua vocazione turistica a livello internazionale”. Per lei, come per molti altri suoi colleghi che lavorano nel turismo culturale in una città d’arte, questa “è un'estate piuttosto anomala, ma ci si augura di ripartenza, sia dal punto di vista professionale che emozionale, dopo due mesi di totale chiusura".