Sono stati pubblicati oggi e, sono oggetto di discussione in plenaria, i nuovi testi proposti dalla presidenza, che fanno parte del pacchetto politico di Belém, tra i quali ci sono la “Decisione Mutirao – Unire l’umanità in una mobilitazione globale contro il cambiamento climatico” oltre ad altri documenti sull’obiettivo globale di adattamento (Gga), il programma di lavoro sulla giusta transizione (Jtwp), il programma sulla mitigazione, il Global Stocktake e altri.

I nodi più complessi

La decisione Mutirao affronta alcuni dei nodi più complessi dei negoziati: l’implementazione della finanza per sostenere i Paesi in via di sviluppo; la cooperazione internazionale e le preoccupazioni relative alle misure unilaterali di limitazione del commercio collegate all’azione climatica (il riferimento è in particolare al meccanismo Cbam europeo che viene considerato una forma di protezionismo che penalizza le economie emergenti); il divario fra i contributi nazionali (Ndc) e l’ambizione di 1.5°C; il tema della trasparenza del report sulla riduzione delle emissioni.

Il gruppo dei 29

La proposta è stata subito respinta da un gruppo di 29 Paesi che ha scritto alla presidenza dicendo di non poter sostenere un risultato che non includa una tabella di marcia per attuare una transizione giusta, ordinata ed equa dai combustibili fossili.

I 29 hanno espresso profonda preoccupazione, e chiedono una revisione per l'attuale proposta che prevede un approccio "prendere o lasciare" che costringe le parti a esprimere il proprio consenso o meno, su un testo in cui la presidenza ha rinunciato a inserire la raodmap per tenere dentro i Paesi meno ambiziosi, considerato che il testo deve essere approvato per consenso.

Secondo il Guardian, tra i firmatari della lettera figurano: Austria, Belgio, Cile, Colombia, Costa Rica, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Guatemala, Honduras, Islanda, Irlanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Monaco, Paesi Bassi, Panama, Palau, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Vanuatu.

Condizioni minime

I firmatari sostengono che nella sua forma attuale, la proposta non soddisfa le condizioni minime richieste per un esito credibile della Cop. Condividiamo assolutamente questo giudizio. A distanza di dieci anni dall’Accordo di Parigi non si è ancora riusciti a scrivere nero su bianco che per ridurre le emissioni e rispettare il limite di 1,5°C è necessario superare definitivamente l’uso delle fonti fossili, che sono responsabili dei due terzi delle emissioni globali.

Non è l’unica questione che la Cop30 deve risolvere: la finanza, la giusta transizione con l’istituzione del Bam, l’adattamento, l’inclusività e tante altre. Tutte questioni essenziali per il buon esito della conferenza, ma senza un impegno a eliminare petrolio, carbone e gas, nessun risultato su altre potrà coprire l’ennesimo fallimento dei negoziati.

Negoziati complessi

Trovare una soluzione non è semplice, i negoziati sono complessi, i tavoli negoziali sono tutti connessi, il multilateralismo è in crisi profonda e il processo decisionale per consenso favorisce decisioni al ribasso che non fanno avanzare nella strada dell’azione climatica con la velocità necessaria.

Aggiungere la raodmap alla decisione Mutirao farebbe senz’altro scattare l’indisponibilità di altri Paesi, sembra che Cina, India, Arabia Saudita, Nigeria e Russia siano categoricamente contrarie, ma in questo momento drammatico della storia servono decisioni coraggiose. Ci auguriamo che la presidenza brasiliana voglia considerare la richiesta dei 29: darebbe almeno il segno di un impegno per il bene comune, di ascolto della voce dei popoli e di sforzo concreto per una giusta transizione.

Simona Fabiani è responsabile politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione Cgil nazionale