Uno dei capitoli importanti di questa Cop28 è quello sul Global Stocktake (GST), il processo nel quale le parti valutano i progressi fatti per rispondere alla crisi climatica. Il report dell’Unfccc aveva già certificato che con gli attuali impegni il riscaldamento globale arriverà a 3°C, fallendo l’obiettivo di 1,5°C. Per restare nella giusta traiettoria è assolutamente necessario un rapido phase out dalle fonti fossili ma è difficile credere in un tale risultato in questa conferenza.

L’attuale bozza è ancora molto distante dalla possibilità di trovare una sintesi fra le parti, con molti paragrafi che riportano varie opzioni e molti altri capitoli fra parentesi, ovvero non condivisi. Il testo si compone di un preambolo e varie sezioni. Una di queste è dedicata alla mitigazione del cambiamento climatico, cioè a come contenere le emissioni.

Un punto critico è l’unanime consenso sul fatto che le tecnologie per la mitigazione sono aumentate e che il costo di molte di queste si è ridotto. Il punto è che non ci si riferisce solo alle energie rinnovabili come solare e fotovoltaico, ma anche a false soluzioni, come la cattura e il sequestro della CO2, una tecnologia tutt’altro che economica, inefficace (dato che attualmente riesce ad assorbire solo lo 0,1 per cento delle emissioni) e pericolosa.

Nel capitolo della mitigazione c’è un’opzione che riconosce la necessità di ridurre le emissioni del 43 per cento entro il 2030 e del 60 per cento entro il 2035 rispetto al 2019 e di raggiungere le emissioni nette zero al 2050 per poter limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C, come indicato dall’Ipcc (il gruppo intergovernativo sul climatico climatico delle Nazioni Unite, ndr) ma non è ancora un’opzione condivisa.

Ci sono poi molte alternative su come ridurre le emissioni: una su cui c’è accordo è quella di accelerare lo sviluppo di tecnologie e l’adozione di politiche per la transizione verso un sistema energetico a basse emissioni, incluso lo sviluppo di energie pulite (dove per pulite si intende anche il nucleare), misure di efficienza energetica, sforzi per ridurre gli impianti a carbone senza assorbimento di emissioni (quindi si possono mantenere le centrali a carbone puntando sul CCS), l’uscita dai sussidi alle fonti fossili inefficienti (tutti i sussidi alle fonti fossili sono inefficaci e dannosi) e nel contempo il supporto ai più poveri e vulnerabili in linea con le circostanze nazionali e riconoscendo la necessità di sostegno verso la giusta transizione.

Un’opzione non ancora condivisa è quella di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile nel 2030, comparata al livello del 2022, arrivando a 11.000 GW e di raddoppiare il tasso di efficienza energetica rispetto al livello del 2022 a un 4,1 per cento entro il 2030.

Altre alternative sono quelle di: sviluppare entro il 2030 tecnologie a zero e basse emissioni, incluse quelle per l’abbattimento e la rimozione delle emissioni, come la cattura, lo stoccaggio e l’uso di CO2 e la produzione di idrogeno a basse emissioni, un’opzione per il phase out dalle fonti fossili, una per accelerare gli sforzi verso l’uscita dalle fonti fossili non abbattute e ridurre rapidamente il loro uso per raggiungere un sistema energetico a emissione nette zero entro la metà del secolo, una per un rapido phase out degli impianti di carbone che non hanno abbattimento delle emissioni in questa decade, riconoscendo che l’Ipcc suggerisce di ridurre l’uso del carbone non abbattuto del 75 per cento nel 2030 rispetto al 2019, una per eliminare i sussidi fossili inefficienti nel medio termine e incrementare rapidamente i veicoli a zero emissioni.

Il documento continua con capitoli relativi agli impegni sull’adattamento, la finanza, il trasferimento di tecnologie, il capacity building, il fondo Loss&Damage, le misure di risposta e la cooperazione internazionale. Un documento veramente complesso, che raccoglie molte proposte alternative, su cui c’è molto lavoro da fare e sul cui esito è difficile fare previsioni.

La preoccupazione è che prevalgano le forti pressioni delle lobby di petrolio, carbone, gas e nucleare, e che il testo finale possa puntare tutto sulle false soluzioni legate al vecchio sistema energetico centralizzato, estrattivista e nucleare (entrato peraltro con forza in questa Cop con la firma di una ventina di Paesi di un impegno per triplicare la produzione entro il 2050), senza assumere nessun impegno per uscire dalle fossili, sdoganando tecnologie non mature, pericolose e costosissime pur di mantenere il sistema attuale.

Gli impegni per l’efficienza energetica e le rinnovabili non sembrano finalizzate a sostituire le attuali fonti responsabili delle emissioni quanto ad affiancarle in un contesto di continua crescita dei consumi energetici che non tiene in alcun conto i limiti del Pianeta, la crisi climatica e l’esigenza di riparazione verso i Paesi del sud del mondo.