Quanto ne sappiamo di crisi ambientale e cambiamenti climatici? E quanto li consideriamo importanti per il nostro futuro e per quello del pianeta? A giudicare dai risultati dell’indagine demoscopica realizzata dall’Osservatorio Futura della Cgil la risposta è tanto. Il tema è molto noto all’80 per cento degli intervistati (800 persone maggiorenni), mentre solo il 20 per cento non ne sa abbastanza, ed è rilevante per i tre quarti del campione: solo una piccola quota lo ritiene marginale. Quindi un problema che è ben presente agli italiani, li impensierisce e li preoccupa.  

Consapevolezza e attenzione

“Questo dato conferma che nella popolazione c’è una forte consapevolezza dei cambiamenti climatici, elemento che contrasta con la scarsa, anzi quasi nulla, attenzione della politica – dichiara Simona Fabiani, responsabile delle politiche per il clima, il territorio e l'ambiente, trasformazione green e giusta transizione della Cgil -. Da una parte c’è la società civile, i giovani dei Fridays for Future che percepiscono il climate change come una questione rilevante, dall’altra la politica che lo trascura e prende decisioni in direzione diametralmente opposta alla lotta e al contrasto”.

Focus eventi estremi

Entrando nel dettaglio del sondaggio, si scopre che le conseguenze maggiormente avvertite del riscaldamento globale sono i fenomeni metereologici estremi, come alluvioni e inondazioni, citati da circa l’80 per cento del campione. Molto conosciuti anche l’impatto sulle piogge e la siccità, seguiti dall’innalzamento dei mari con la conseguente erosione delle coste, a pari merito con le ondate di calore e l’aumento della mortalità.

“Dall’ultima tragedia che si è consumata a Ischia a tutti gli eventi estremi che colpiscono sistematicamente il nostro Paese, dalle frane, al dissesto del territorio, gli italiani dimostrano di avere una grande consapevolezza di questi problemi – aggiunge Fabiani -. Ma anche qui dobbiamo sottolineare come i governi non agiscano sul fronte della prevenzione e della mitigazione. Si parla sempre, troppo spesso, solo di ricostruzione ma non si fa nulla per ridurre l’impatto e le cause dei disastri. Continuando di questo passo, la conta delle calamità e dei morti sarà sempre maggiore”.

La frana di Ischia (Fabio Sasso, Avalon/Sintesi)

Cop 27, questa sconosciuta

Il sondaggio ha indagato anche la conoscenza che gli italiani hanno della Cop 27, la Conferenza della parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si è tenuta a novembre a Sharm el-Sheikh. Ebbene, solo il 7 per cento del campione si dichiara molto informato, il 49 lo è parzialmente, il 29 intende informarsi meglio. Il restante 45 per cento ha un’idea molto vaga, non è per niente informato o non esprime un’opinione. Inoltre, chi ha seguito anche sommariamente gli sviluppi concorda nell’affermare che i risultati conseguiti sono minimi e che si è in generale lontani dal trovare una soluzione concreta e politica al problema.

Sfiducia nei negoziati

“Pur avendo ben chiari cause ed effetti dei cambiamenti climatici, le persone sanno davvero poco di quello che si discute e si fa alle conferenze internazionali - dice ancora Fabiani -. Questo dimostra da un lato che probabilmente l’informazione non dà sufficiente spazio ai summit, dall’altro che c’è sfiducia nei confronti di questi negoziati.  Una sfiducia più che giustificata: sono 27 anni che le Cop non portano a risultati concreti. Inoltre, non prevedono la partecipazione attiva della società civile, dei movimenti, dei sindacati, che dovrebbero e vorrebbero partecipare e dare il proprio contributo”.  

Le azioni da fare

Ma su che cosa dovrebbero concentrarsi i negoziati Onu sul clima? Secondo gli intervistati, è urgente eliminare le fonti fossili, rispettare i diritti umani, incentivare l’equità, aiutare i Paesi in via di sviluppo. Le azioni che la politica può intraprendere sono tante: sostenere la ricerca per lo sviluppo di tecnologie e competenze green, promuovere l’economia circolare, investire nelle rinnovabili e sostenere la transizione ecologica. Ma anche il singolo può fare molto: può puntare sulla raccolta differenziata, introdurre miglioramenti per l’efficientamento energetico nella propria abitazione, limitare l’uso dell’auto e impiegare i mezzi pubblici.

Sindacati in prima linea

“Le risponde fornite dimostrano che equità e giustizia sociale sono vissute in modo strettamente connesso, che non c’è giusta transizione senza rispetto dei diritti umani – conclude Fabiani -. E poi c’è una lettura positiva della transizione, come di un’opportunità che però il nostro Paese rischia di non cogliere. Infine, è interessante quel 55 per cento del campione che ritiene rilevante e determinante il ruolo del sindacato nel contrasto ai cambiamenti climatici: noi ci stiamo lavorando da anni e ne siamo convinti al cento per cento”.

Tra le azioni che si richiedono ai sindacati per contrastare il cambiamento climatico, rafforzare il confronto con il governo e gli enti locali, fare contrattazioni con le aziende per ridurre l’impatto ambientale, avere un ruolo attivo nell’informare imprese, lavoratori e cittadini sulle opportunità riconducibili ai temi economico-ambientali.