Negli anni sessanta mio padre, alla ricerca dei sapori della sua infanzia, un paio di volte l’anno partiva per l’Umbria per acquistare olio e salumi artigianali. Da persona attenta ai costi prima di comprare contattava amici e parenti per “raccogliere” i loro ordinativi. In tal modo sarebbe riuscito a contrattare un prezzo migliore, in quanto la quantità da acquistare lo faceva diventare un cliente importante per la fattoria ove si recava.

Oggi, grazie alla Rete, questa possibilità di comprare a buon mercato aggregando i consumatori si è molto allargata. Sono nate varie società, le più famose delle quali sono Groupon e Groupalia, che hanno alla base del proprio business proprio la vendita di coupon di sconto offerti da aziende, per lo più piccolissime, che vogliono pubblicizzare i propri servizi e prodotti. Basta andare in rete per trovare ogni giorno offerte di servizi estetici e sanitari, buoni per cene o alberghi romantici, il tutto con sconti superiori al 50 per cento. Si tratta di un business nuovo e sulla carta profittevole: basti pensare che Google qualche settimana or sono ha tentato di acquistare Groupon per 6 miliardi di dollari senza riuscirci, in quanto il trentenne proprietario, Andrew Mason, di miliardi ne voleva 20. In teoria i coupon sono un’ottima occasione per tutti: per le aziende che fanno marketing acquisendo centinaia di nuovi clienti, per gli intermediari e per i consumatori.

Nella pratica, però, il sistema ha vari difetti. Anzitutto si scontra con la disorganizzazione delle piccole aziende che offrono i servizi, le quali si trovano sottoposte alla pressione di centinaia di clienti, che vogliono spendere i coupon nei giorni di maggiore afflusso (un pernotto nei week-end festivi di luglio e agosto, la cena del sabato sera, ecc.). Non potendoli accontentare (o volendoli: perché prenotare una cena a metà prezzo in sere in cui il locale è normalmente pieno?) si innesca un meccanismo inverso a quello cercato: il cliente chiede il rimborso del coupon e, sentendosi un po’ maltrattato, potrebbe fare tra i suoi amici una pessima pubblicità verso l’esercente. Inoltre vari studi svolti provano che chi ha usato un coupon spesso non torna nello stesso esercizio commerciale pagando il prezzo intero, inficiando così l’intero meccanismo di marketing che genera un picco di utenti senza curarne la fidelizzazione. Ma, ciononostante, il business degli sconti è in espansione: in America iniziano a nascere siti (come Deals GoRound e Coup Recoup) per disfarsi dei coupon che non si riescono a utilizzare o, al contrario, per acquistare coupon ormai esauriti.