Secondo l’ultimo articolo di Scuola24 nell'anno accademico 2017-2018, su 1 milione e 600 mila ragazzi iscritti negli atenei d'Italia, oltre 1 su 4 (circa 400 mila) era fuori sede. Questa stima viene confermata anche dalle recenti statistiche dell’Anagrafe nazionale studenti, stilata dal Miur in collaborazione con Cineca. “La migrazione studentesca non può essere di per sé un dato preoccupante – scrive in una nota l'Udu, Unione degli universitari – considerato il periodo storico in cui viviamo. Diventa preoccupante nel momento in cui la scelta di proseguire i propri studi universitari in università lontana dalla città natale è dettata da condizioni economiche e dalle diverse opportunità di welfare che le regioni offrono”. 

Il sindacato studentesco fa notare come da un punto di vista geografico nelle regioni del Centro-Nord vi sia un discreto flusso sia in entrata che in uscita. Il fenomeno diventa problematico nel momento in cui si va a fare un’analisi dei flussi migratori nelle regioni del Sud, dato che si registra una forte tendenza migratoria dalle regioni meridionali verso le regioni del Nord e un flusso in entrata quasi nullo. Puglia e Sicilia sono le regioni da cui sono partiti più studenti nel 2017-2018. Sono infatti stati oltre 52 mila i pugliesi (su una popolazione studentesca di poco inferiore alle 130 mila unità) che sono andati a studiare altrove; più di 4 su 10. In Sicilia i fuori sede hanno superato quota 52 mila su una popolazione di 130 mila studenti, circa il 33%. La regione più compressa è forse la Calabria, con 31 mila studenti iscritti altrove, che rappresentano il 44% di tutti gli studenti universitari iscritti nelle università calabresi.

“Questi dati non fanno altro che confermare una situazione non nuova nel panorama universitario italiano e continuano a dimostrare come la forbice delle disuguaglianze tra le regioni del Nord e quelle del Sud aumenti sempre di più – dichiara Enrico Gulluni, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari –. Le differenti condizioni di accesso ai servizi di trasporti, la mancata copertura delle borse di studio per tutti gli idonei e le difficoltà strutturali e infrastrutturali delle regioni del Sud non consentono, molto spesso, agli studenti meridionali di poter fare una scelta, obbligandoli ad abbandonare il proprio territorio e le proprie famiglie per proseguire gli studi in regioni in cui possono percepire la borsa di studio e accedere ai servizi essenziali che ad oggi nel Sud non vengono garantiti”.

Continua Gullini: “Bisogna risolvere, nel tempo più breve possibile, il nodo relativo ai fondi del Piano Orizon 2020 (85 milioni), originariamente pensati per la manovra dei prestiti d’onore, immaginando un piano strategico di interventi diretti sul Dsu, soprattutto nelle regioni del Sud alle quali sono destinati il 75% dei fondi”. “Occorre mettere in moto un processo di riparazione delle disuguaglianze, che non può prescindere dallo stanziamento dei fondi necessari per garantire il Diritto allo studio, già da questa Finanziaria – conclude il coordinatore Udu – che si integrino i 150 milioni mancanti nel Fis, necessari per la copertura totale dei fabbisogni delle regioni”.