Il Jobs act, la legge di Stabilità, l'ultimo rapporto Censis, la Bce e l'Europa, lo sciopero generale del 12 dicembre. Sono gli argomenti di conversazione di 'Italia parla', la rubrica di Radioarticolo1, che stamattina ha ospitato nei suoi studi la segretaria confederale della Cgil, Serena Sorrentino.

"L'ultima fotografia del Censis parla di un'Italia ripiegata su se stessa, che umilia i suoi giovani – ha esordito la dirigente sindacale –, ed è esattamente la ragione per cui il 12 dicembre Cgil e Uil saranno in piazza per ribadire che sono sbagliate le politiche economiche e sociali che il Governo sta mettendo in campo. I dati del Censis storicizzano una situazione cronica che va avanti ormai da sette anni. Lo avevamo già denunciato il 25 ottobre, se vogliamo dare un futuro al nostro Paese, non c'è altra ricetta se non quella di ripartire da lavoro e istruzione, i due fronti su cui Renzi è intervenuto, dando risposte di segno diverso in termini di investimenti e prospettive". 

"A proposito di ammortizzatori sociali – ha proseguito Sorrentino –, il presidente della commissione lavoro della Camera, Damiano, ha ammesso che i fondi per estenderli non ci sono, parliamo di 400 milioni. Peccato che se ne sia accorto troppo tardi, bisognava chiedere modifiche consistenti ai provvedimenti prima della loro approvazione, come diciamo da tempo. La scelte di rendere il Jobs act un collegato alla legge di Stabilità faceva presumere che ci sarebbero state le risorse per fare le operazioni tanto declamate: estensione dell'Aspi, riforma della cassa integrazione, fondi per la decontribuzione sui nuovi contratti a tempo indeterminato. Noi però avevamo fatto subito i conti, sostenendo che le risorse a disposizione erano largamente insufficienti. Ora ci auguriamo che, almeno in sede di discussione della legge di Stabilità, si recuperi quel miliardo e mezzo necessario per finanziare le politiche attive e gli ammortizzatori". 

"Sempre in tema di coperture – per Sorrentino –, mancano anche le risorse per bonus e norme antievasione e sono addirittura a rischio i contratti dei precari dei centri per l'impiego, dipendenti delle Province. Insomma, il messaggio è un po' distonico: da un lato, si dice che si vuole investire per rafforzare le misure che guardano all'inserimento lavorativo; dall'altro, però, non c'è coerenza nei provvedimenti, così come nella legge di Stabilità, in realtà, c'è semplicemente un'operazione che guarda sempre al tema del risparmio, senza mai intaccare la polarizzazione della ricchezza. Non c'è un intervento serio sulla rendita nè su corruzione, evasione o tantomeno sul contrasto al sommerso, in economia e nel lavoro, che falsa il regime di concorrenza sul mercato. Alla fine, l'idea è che il Governo faccia un passo indietro e aspetti che qualcuno risolva la situazione, ma così noi non ce la facciamo".

"Sul contratto a tutele crescenti – secondo Sorrentino –, dal 1° gennaio, avremo tre tipi di lavoratori a contratto a tempo indeterminato con tutele differenti: i lavoratori del pubblico impiego, cui si applica una disciplina per i licenziamenti; i lavoratori che hanno il vecchio contratto a tempo indeterminato, per cui continuerà a valere, finché non saranno licenziati, il vecchio articolo 18; i nuovi lavoratori, infine, cui mai sarà reso possibile il diritto al reintegro, anche se il licenziamento per motivi economici è illegittimo. Non abbiamo capito, nessuno ne ha mai fatto menzione, quali saranno le tutele crescenti di cui si parla. L'unica certezza è l'impossibilità per il lavoratore di avere diritto al reintegro, anche se il licenziamento è per motivi economici ed è illegittimo. L'unica cosa che verrà modulata, a seconda dell'anzianità, sarà la quantità dell'indennizzo, cioè quanto ti risarcisce il datore di lavoro se ti licenzia con o senza giusta causa. Ma se le cifre sono quelle circolanti, cioè un indennizzo di una mensilità e mezzo per ogni anno di anzianità maturata, è chiaro che avverrà un'operazione di non dissuasione dei datori di lavoro nella facilità di licenziare, perché è così bassa la quantità di indennizzo che i datori di lavoro non percepiranno questa tutela crescente come una protezione nei confronti dei licenziamenti ingiustificati". 

"A proposito di Europa – ha rilevato ancora l'esponente Cgiil –, stiamo facendo i compiti che ci indicano la Bce e le politiche di austerità dell'Unione. Noi avevamo segnalato a Renzi la necessità di invertire la tendenza attuale, con una forte iniziativa pubblica di interventi in economia per stimolare investimenti e creare occupazione. Eppure l'Italia aveva la presidenza del semestre europeo e quindi poteva effettivamente non solo cambiare verso alle proprie politiche, ma anche all'Europa. Ma il semestre è quasi scaduto e non ci sono stati elementi che abbiano contraddistinto il nostro Paese, l'unico che non ha costruito un momento di confronto con sindacati e partenariato economico e sociale a livello europeo. Nè si sono fatti passi in avanti sulla flessibilità del patto fiscale europeo, tema che era stato lanciato come caratterizzante l'iniziativa del nostro Governo. Quindi, è un'occasione assolutamente mancata, che Renzi non ha saputo né capitalizzare né sfruttare neanche sull'ultimo elemento che ha caratterizzato il dibattito europeo: il piano straordinario di investimenti presentato da Juncker, su cui probabilmente l'Italia, come già accade sui fondi strutturali, riceverà molto meno di quanto gli si chiede di investire".

"Qualche mese fa – ha concluso Sorrentino –, siamo stati tra i promotori del referendum sulle politiche economiche e finanziarie rispetto ai vincoli di stabilità introdotti nel Paese. Quello è un punto imprescindibile, e insieme alla Ces e agli altri sindacati europei, abbiamo presentato un piano straordinario per l'occupazione che prevede 2.600 miliardi di investimenti in 10 anni, in grado di creare milioni di posti di lavoro.  Nel contempo, segnaliamo a Renzi l'urgenza di cambiare registro sulle politiche sociali ed economiche. La legge di Stabilità non è stata ancora approvata, e lì c'è la possibilità di ottenere risultati. Un pezzo della piattaforma della mobilitazione del 12 dicembre guarda a questo: abbiamo bisogno di sbloccare i contratti nei settori pubblici e di monitorare ciò che il Governo farà, decreto per decreto, nell'esercizio delle deleghe che gli vengono assegnate dal Jobs act. Ma soprattutto segnaliamo al Governo che ci sono urgenze non ancora affrontate, prima fra tutte, la ristrutturazione delle politiche attive dei servizi pubblici per l'impiego. Per tale ragione, la nostra non è una mobilitazione che si esaurisce con lo sciopero generale, che sarà un punto di unificazione nazionale di tante vertenze in campo, ma continuerà successivamente, come stiamo facendo in queste settimane attraverso iniziative territoriali e di categoria".