Sei mesi fa, su sollecitazione sindacale, è partito un lungo lavoro di contrattazione con la Regione Liguria e le parti sociali per il rilancio economico e produttivo della regione. Tra le priorità individuate c’era la necessità di intervenire nella lotta al dissesto idrogeologico per il recupero e la messa in sicurezza di ampie porzioni del nostro territorio. Per una regione fragile e martoriata come la nostra, la cura del territorio rappresenta una sorta di prerequisito per poter attrarre investimenti e scommettere sul futuro: per questo il protocollo sul dissesto idrogeologico è una buona notizia.

Non è ancora lo shock di cui avrebbe bisogno l’economia ligure per marciare almeno al ritmo del resto del paese, ma la direzione è quella giusta. Si tratta di un accordo importante, perché finalmente partono i lavori. 42 milioni di euro di fondi europei per lo sviluppo regionale (Fesr) a cui andranno ad aggiungersi altri 22 milioni di residui dell’alluvione 2014. Una boccata di ossigeno per un settore come quello delle costruzioni, che fatica ad uscire dalla crisi e che nel primo trimestre del 2017 ha perso qualcosa come 17mila posti di lavoro. Allo stesso tempo, è una prima importante risposta al crescente disagio sociale visto che in Liguria, come certifica la Banca d’Italia, la povertà assoluta è cresciuta ed è aumentato il divario con le regioni del Nord-Ovest.

Un accordo importante perché si definiscono nuove regole per l’aggiudicazione degli appalti. I lavori verranno infatti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non del massimo ribasso. Nei bandi di gara il prezzo peserà solo per il 20 per cento, valorizzando gli aspetti qualitativi e sostenendo lo sforzo per riorganizzare il nostro tessuto produttivo che è prevalentemente costituito da imprese piccole e piccolissime.

Le novità non finiscono qui: i contratti da applicare sono i contratti nazionale e provinciali del settore edile, mentre per tutti gli appalti superiori ai 2 milioni di euro l’accordo prevede la contrattazione d’anticipo, in altre parole l’obbligo di confronto sindacale prima dell’inizio dei lavori. Tra i criteri di qualità si riconosce un punteggio in più per quelle imprese che conoscono il territorio. E soprattutto si introduce una clausola sociale, ovvero un criterio premiale nell’ordine di 15 punti per quelle imprese che si impegnano ad assumere i lavoratori svantaggiati, coloro che hanno perso il lavoro durante la crisi e fanno fatica a ritrovarlo.

Il meccanismo prevede che, per prendere i 15 punti, metà delle nuove assunzioni debbano essere fatte tra i lavoratori svantaggiati e la novità sta nel modo in cui è stata individuata la platea dei lavoratori svantaggiati. Non si parla genericamente di disoccupati di lunga durata come prescrivono le direttive europee. Si dà una risposta immediata ai lavoratori liguri del settore delle costruzioni, per i quali è svantaggiato chi è disoccupato con almeno 500 ore di contributi versati nelle casse edili liguri. E poi si mettono le basi per rafforzare gli strumenti di contrasto alla povertà, nella convinzione che il lavoro è il migliore antidoto alla povertà. Pertanto sono considerati svantaggiati anche i percettori del sostegno per l'inclusione attiva (Sia) e dell’assegno sociale di disoccupazione (Asdi), strumenti di sostegno al reddito per chi ha finito tutti gli ammortizzatori sociali e si trova in condizione di particolare disagio sociale.

Dal 1° gennaio Sia e Asdi confluiranno nella nuova misura di contrasto alla povertà che va sotto il nome di reddito di inclusione sociale. Con il Rei si ha diritto ad un sostegno economico e i componenti della famiglia vengono presi in carico dai servizi sociali per aiutarli nel reinserimento sociale. Coloro che possono lavorare vengono segnalati ai centri per l’impiego ed è tra questi che le imprese dovranno pescare per rispettare gli impegni assunti. Attraverso il Rei è possibile individuare con più precisione chi si trova in una condizione di reale svantaggio sociale. Rispetto ad oggi dove nella migliore delle ipotesi i centri per l’impiego offrono percorsi formativi o tirocini, quanto prevede l’accordo consente di offrire posti di lavoro veri.

Con l’accordo sul dissesto idrogeologico prende forma il piano del lavoro in salsa ligure. Si tratta di un primo segnale concreto per sostenere lo sviluppo, vera emergenza della regione, ma resta ancora molto da fare. Per fare ripartire la Liguria ci vuole una politica con le idee chiare che decide in tempi certi: per questo, Cgil Cisl Uil hanno chiesto alla Regione di accelerare sull’utilizzo dei fondi europei. Bene gli interventi sul dissesto idrogeologico, ma bisogna partire subito con un grande piano per l’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare pubblico. Una misura di vera e propria politica industriale per costringere il nostro tessuto produttivo a crescere e ad accettare la sfida dell’innovazione. Di fronte al rischio che la Liguria diventi una regione sempre più piccola e sempre più anziana, la Cgil Liguria incalzerà la Regione per costruire una diversa idea di sviluppo che sia in grado di dare un futuro alle nuove generazioni.

 Federico Vesigna è segretario generale della Cgil Liguria