“La legge di stabilità non contiene le misure che avrebbero dovuto esserci per dare una scossa all’economia e per determinare quella centralità del lavoro che per noi è un punto imprescindibile, se si vuole far ripartire il paese. E il Jobs Act, da un lato è un’assunzione, senza se e senza ma, della filosofia e dei documenti di Confindustria, dall’altro determina una riduzione dei diritti delle persone”. Con Nino Baseotto, segretario confederale della Cgil e responsabile dell’organizzazione, parliamo dello sciopero generale del 12 dicembre, delle sue ragioni e della sua preparazione.

Rassegna A proposito di Jobs Act. L’accelerazione impressa alla sua approvazione, per arrivare prima dello sciopero, è un tentativo di depotenziarlo?

Baseotto Il presidente del Consiglio e il governo stanno commettendo un errore grave: non saper leggere nel modo giusto i segnali che vengono del paese. Non leggono il disagio e i drammi sociali che si stanno creando, indotti dalle non scelte o dalle scelte sbagliate in materia di politica economica. Hanno letto nel modo più sbagliato possibile il significato della nostra manifestazione del 25 ottobre, tutta in un’ottica, che a noi non appartiene, di dialettica interna a un partito; non comprendendo – o non volendo comprendere – che è stata una manifestazione fortemente plurale, con un tratto fortemente sindacale, di persone che sono scese in piazza perché vogliono risposte concrete ai problemi concreti propri o dei propri figli.

Rassegna Un errore tutto politicista che è stato ripetuto in maniera più grave a proposito del voto in Emilia-Romagna…

Baseotto Sì. Con in più una vera e propria contraddizione in termini. Da un lato si fa capire che l’astensionismo è da attribuire alla Cgil, che avrebbe indotto i propri iscritti – che in Emilia Romagna, com’è noto, sono tanti – a non andare a votare. Dall’altro si dice di aver “asfaltato” le idee e le proposte della Cgil, che avrebbero preso voti equivalenti a un prefisso telefonico. Delle due l’una: o siamo stati determinanti in un astensionismo superiore al 60 per cento, o siamo stati asfaltati. Le due cose non stanno insieme. Battute a parte, quello che sconcerta nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio è il disinteresse dichiarato per le astensioni. Trovo che, in bocca a chi ha la responsabilità del governo di un paese, un’affermazione del genere non ci dovrebbe stare. Quello è il linguaggio dell’antipolitica, mostra un’insensibilità istituzionale grave e, oltretutto, un’ignoranza abissale rispetto alla storia e ai valori della Cgil, che può avere anche mille difetti ma è un’organizzazione che ha sempre fatto, e ancora oggi fa, della partecipazione, innanzitutto alla vita democratica del paese, una ragione fondante del proprio essere. Fa specie che non si capisca che in Emilia Romagna c’è stata una rottura con una parte grande dell’elettorato per le cose che il governo ha fatto. Come ha sottolineato il sondaggista Weber, in una regione caratterizzata dal dialogo tra chi la governa e le parti sociali, forse non è particolarmente apprezzato chi ogni giorno, senza ragioni vere, attacca la rappresentanza sociale, insulta e dileggia chi rappresenta milioni di persone. Forse sarebbe il caso di interrogarsi su quello che si sta facendo e smetterla di dare sempre la colpa agli altri. È un po’ ottocentesca – a proposito di chi ci vorrebbe rottamare – l’impostazione di chi dice: noi comunque andiamo avanti perché questa è la strada giusta. Questo sottende l’idea del principe illuminato, che va avanti per il bene dei suoi sudditi, a dispetto di quello che questi pensano. Se non capisce queste cose, ho l’impressione che Matteo Renzi rischi di andare a sbattere.

Rassegna La manifestazione del 25 era stata indetta dalla sola Cgil. Lo sciopero è stato proclamato da Cgil e Uil (la Cisl s’è chiamata fuori). Come sta andando la preparazione del 12 dicembre?

Baseotto Una premessa. Anzi due. La prima: la manifestazione del 25 aveva l’obiettivo dichiarato di allargare il fronte. Il fatto che si faccia lo sciopero con la Uil è un risultato importante. Il fatto che nel paese ci siano iniziative e lotte unitarie, anche con la Cisl, è coerente con quella scelta di allargamento. La seconda: non dobbiamo fare l’errore di pensare che, siccome la manifestazione del 25 è riuscita nella forma straripante che ognuno ha potuto vedere, questo voglia dire che il successo dello sciopero sia scontato. Un conto è chiedere a qualcuno di manifestare. Un altro conto, specialmente in tempi di crisi come questo, è chiedere a qualcuno di impegnare una parte consistente del proprio salario a sostegno degli obiettivi di una lotta. La preparazione dello sciopero che stiamo facendo con la Uil è importantissima. Le iniziative sono tante, di mobilitazione e di lotta: gli edili, il settore agroalimentare, i nostri metalmeccanici, i call center. Il risultato del 25 ottobre è stato ottenuto con oltre 15 mila assemblee. Con la Uil dobbiamo fare assemblee dovunque sia necessario andare a spiegare le nostre ragioni. Perché con l’accelerazione sul Jobs Act, che ricordavi prima, stanno tentando di mandare un messaggio ingannevole: che tutto è finito, che la partita è chiusa, che è inutile scioperare. La partita non è chiusa. Non è chiusa perché quella che viene approvata è una legge delega di cui vanno ancora scritti i decreti, e su questi vogliamo incidere. Non è chiusa anche perché su una serie di punti abbiamo delle obiezioni di carattere giuridico sostanziali e, come ha detto il nostro segretario generale, valuteremo se fare dei passi in quella direzione. Tutto questo va spiegato ai lavoratori e ai pensionati.

Rassegna Anche perché il fronte è stato allargato ma la Cisl va da sola…

Baseotto Noi abbiamo un rispetto profondo per le posizioni degli altri. Con la Cisl abbiamo opinioni diverse sul merito: ci divide ad esempio il giudizio sul Jobs Act. Dopodiché manteniamo aperte tutte le forme possibili di dialogo e di iniziativa anche con la Cisl, per arrivare, se possibile, a mobilitazioni generali di carattere unitario. Una cosa credo che in questi anni tutti abbiano capito: noi abbiamo una forte tensione unitaria ma, dove non ci sono le condizioni per fare iniziative unitarie, non ci fermiamo. C’è un merito, c’è la condizione di chi rappresentiamo da tutelare: se non riusciamo fare le cose unitariamente, andiamo avanti con chi ci sta. La Cgil non può rinunciare alla propria iniziativa e alle proprie idee perché altri la pensano differentemente.

Rassegna E dopo il 12 dicembre, che succede?

Baseotto Dovremo ragionare bene su come proseguire. Non si può semplificare tutto con l’idea di fare uno sciopero al mese. Bisogna pensare a una forte articolazione delle lotte e delle iniziative, guardare alla contrattazione nazionale e aziendale, a tutte le occasioni di mobilitare la nostra gente. In questi giorni ci sono iniziative che reputo molto importanti: il viaggio della legalità, la raccolta di firme per la legge sugli appalti, la campagna “salviamo la salute”. E anche gli “scioperi alla rovescia”: lavoratori e pensionati che lottano impegnandosi a fare cose socialmente utili, dalle iniziative per riparare i danni del dissesto idrogeologico all’apertura straordinaria di musei, all’incontro tra arte e lavoro, a iniziative rivolte ai bambini. Sono tutte iniziative che vanno portate avanti. È anche questa una risposta a chi butta tutto in rissa e dialoga solo con chi è d’accordo con lui.