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“Maternità, salute e sicurezza, equo e proporzionato compenso, un sistema efficiente di politiche attive e di ammortizzatori universali. Vogliamo cancellare le discriminazioni nel mercato del lavoro. Alcuni diritti non possono variare a seconda della tipologia contrattuale dell'impresa o del settore merceologico”. È il cuore della Carta dei diritti universali del lavoro della Cgil che in questo periodo sta girando l'Italia in lungo e in largo per raccogliere le firme necessarie a trasformarla in una legge di iniziativa popolare, insieme al sostegno ai tre quesiti referendari collegati al nuovo Statuto. Lo spiega in un'intervista a RadioArticolo1 il segretario confederale della Cgil Serena Sorrentino (qui il podcast).
La Carta, ricorda l'esponente della Cgil, chiede anche di attuare finalmente ll'articolo 39 della Costituzione, il che equivale a dare efficacia alla contrattazione. “Significa dare certezza – osserva Sorrentino – di minimi salariali e regole equivalenti. In più, estende il livello di partecipazione e democrazia a tutti livelli di contrattazione”. La terza e ultima parte del nuovo Statuto consiste invece nella riscrittura del diritto del lavoro. “Abbiamo bisogno – spiega ancora – di ricostruire un elemento scardinato da vent'anni di legislazione neoliberista: il diritto del lavoro è un diritto positivo che si colloca a favore del soggetto più debole, un principio rovesciato dal Jobs Act”.
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A proposito di mercato del lavoro, dagli ultimi dati dell'Istat emerge che non c'è una ripresa a pieno ritmo delle attività produttive in grado di stabilizzare i contratti a tempo indeterminato. “Sia le iniziative legislative, a partire proprio dal Jobs Act, sia gli incentivi, non hanno quell'effetto di consolidamento del tempo indeterminato che li governo auspicava. Sono stati investiti circa 16 miliardi tra sconto Irap e decontribuzione per le aziende che assumevano a tempo indeterminato, producendo un saldo dei rapporti di lavoro più o meno in linea con quello del 2014”. Al contrario, ricorda la dirigente sindacale, “la Cgil aveva proposto di utilizzare quelle risorse per un vero e proprio piano straordinario del lavoro e per lo sblocco del turn over nella pubblica amministrazione, cosa che ci avrebbe consentito anche di dare opportunità molto più qualificate ai giovani”.
L'ultimo paradosso è infatti la crescita dell'occupazione over 50 e il calo per gli under 30. “Come sempre – spiega – le aziende assumono chi più gli conviene e non danno nessuna opportunità ai giovani, i quali invece dovrebbero essere la scommessa del paese. Basti vedere quanto le imprese hanno scarsamente utilizzato le opportunità di Garanzia giovani, rendendola sostanzialmente una grande bolla di tirocini”. Preoccupa anche il destino dell'Agenzia nazionale per le politiche attive, ovvero l'ultima parte della riforma del lavoro. Nessuno sa quando vedrà la luce. “Anche su questo capitolo mancano le risorse. Sono stati stanziati circa 300 milioni, difficilmente copriranno tutta la platea degli aventi diritto”. Quanto ai tempi, “difficilmente prima del 2017 arriveranno le linee guida nazionali. Con in più l'incognita del referendum costituzionale, il quale prevede il passaggio delle competenze dalle regioni al governo”.
Garanzia giovani? Le aziende l'hanno trasformata in una grande bolla di tirocini
Uno sguardo alla difficile stagione dei rinnovi contrattuali. “Stiamo facendo fino in fondo la nostra parte”, conclude Sorrentino. “Non è un caso che il Primo maggio fosse dedicato a tre temi: la priorità dell'occupazione, i rinnovi contrattuali e la ferita aperta delle pensioni. Abbiamo alle spalle rinnovi significativi per agroalimentare, credito, commercio ed edilizia. Ci sono però altrettanti contratti importanti aperti. Speriamo di superare le difficoltà anche attraverso le mobilitazioni e gli scioperi in molti settori: metalmeccanici, grande distribuzione, settore turistico e delle mense, pubblico impiego, scuola. I contratti per noi rimangono l'obiettivo prioritario. Li sosteniamo sia attraverso la mobilitazione, sia attraverso le piattaforme che stiamo discutendo con le lavoratrici e i lavoratori”.