Un corpo di secondo mano. Ecco come si sentono considerati i vigili del fuoco, l'organo di salvaguardia e soccorso che affianca quello di pubblica sicurezza, la polizia. Mancano gli uomini, i mezzi e i soldi per un lavoro che in molti sono spesso costretti a fare con discontinuità. È questa la realtà di circa 32.000 vigili operativi sul campo, ai quali si aggiungono 3 mila addetti che lavorano come impiegati, ispettori e dirigenti. Questo personale compie circa 730 mila interventi all’anno – 2 mila al giorno –. Interventi che aumentano in giorni particolari, in occasione di feste in piazza, fine dell'anno e altri eventi importanti.

Si tratta di operazioni fondamentali per la comunità, realizzati però da uomini e donne sempre più esasperati per le condizioni in cui si trovano a lavorare. Mancano, infatti, circa 2.000 unità all'appello e il turn over è bloccato da anni, senza contare gli idonei all'ultimo concorso non ancora stabilizzati. Nel 2008 era stato fatto un concorso per 814 nuove unità, ma negli anni si è attinto solo per meno di un terzo dalla lista dei non vincitori. E così oltre 4.000 aspiranti (in pratica, coloro che, pur avendo superato tutte le prove, sono arrivati dopo gli 814 assunti) sono rimasti a bocca asciutta. Capita spesso allora che in una zona non ci siano abbastanza uomini per un intervento e ci sia bisogno di rinforzi che arrivano anche da zone piuttosto lontane.

In Italia c'è in media un pompiere in servizio ogni 15 mila abitanti, ben al di sotto degli standard europei, che prevedono addirittura un vigile del fuoco ogni 1.000 abitanti. Il personale insufficiente è un problema cronico per i vigili del fuoco italiani. Due decreti legge, del 2013 e 2014, hanno previsto ciascuno l’assunzione di nuovi mille lavoratori. Ma non è bastato. Lo scorso 31 luglio un decreto del ministero dell’Interno ha stabilito la ripartizione del personale partendo dal presupposto che ci fossero 32.734 pompieri operativi. Ma all'appello ne mancano più di 3.000. Ad aggravare la situazione c'è il turn over limitato, che fino al 2015 si è fermato al 55 per cento: per ogni 100 vigili del fuoco che sono andati in pensione se ne potevano assumere solo 55. E oltre a contenere la disponibilità di uomini, il limite ha stoppato anche il ricambio generazionale. L’età media di un vigile del fuoco, spiegano i sindacati, supera ormai i 45 anni,  con una proiezione al 2019 che arriverà a 50 anni, se non si sbloccherà il turnover.

Anche la retribuzione è un tema molto sentito dai lavoratori. Lo stipendio medio di un vigile del fuoco si aggira attorno ai 1.300 euro al mese, riportano i sindacati, arrivando a 1.500-1.700 euro a fine carriera. Cifra inferiore a quelli di altri corpi, con un divario che va dai 300 euro per le qualifiche più basse, fino a circa 700 nei gradi più alti. Una vera e propria ingiustizia, secondo il personale del corpo. Poi viene il nodo pensioni. Ogni cinque anni di servizio ai dipendenti degli altri corpi ne sono conteggiati sei ai fini pensionistici. Cosa che puntualmente non accade per i vigili del fuoco. In quanto dipendenti pubblici, poi, hanno il contratto fermo dal 2009. E la legge di Stabilità ha previsto per il rinnovo uno stanziamento di 300 milioni di euro, che i sindacati ritengono insufficiente, in quanto pari a un aumento di circa 5 euro al mese per lavoratore.

Tutto questo per chi è assunto regolarmente, perché anche nel corpo non manca la piaga del precariato. Si tratta dei cosiddetti vigili del fuoco discontinui. Non ci sono cifre ufficiali, ma si parla di un esercito di 40-60 mila persone. Più qualificati dei volontari, ma senza le garanzie dei colleghi permanenti. Fino all’anno scorso avevano contratti della durata massima di 20 giorni, dal 2015 accorciata a soli 14. Tra un richiamo e l’altro, vivono con il sussidio di disoccupazione. Ma adesso c'è anche il pericolo che l'esperienza acquisita si vanifichi: con i decreti attuativi della riforma Madia, il governo si appresta a eliminare la figura del vigile del fuoco discontinuo. Semplicemente non potranno più essere richiamati al lavoro.

Al quadro descritto si aggiunge inoltre la cronica carenza di mezzi, che in più di un'occasione ha portato a infortuni e disservizi. A Roma, in occasione del Giubileo, erano state assegnate sei nuove autopompe che, a detta di Fp Cgil, permettevano di raggiungere solo il minimo indispensabile per operare in una situazione normale. Ma le autopompe erano state consegnate senza allestimento, mancavano cioè di tubi, manichette, lance, cesoie, fiamme ossidriche, recuperate via via da altri automezzi. E situazioni così non sono certo limitate solo a Roma.

Lo stato di agitazione, per una questione o per l'altra, è continuo. Vedremo se alle promesse di interventi seguiranno i fatti o se si continuerà a risparmiare sulla tutela e sulla salvaguardia della delle persone.