“L’altro giorno siamo state a Campello. Quel monumento è ridotto proprio male, tutto arrugginito. Abbiamo pulito un po’, messo qualche fiore e qualche candela. Ma su, alla fabbrica, non ci siamo andate, tanto ci sono le telecamere e non ci avrebbero fatto avvicinare per mettere un fiore anche là. E allora abbiamo lasciato perdere”. Niente fiori né candele oggi alla Umbria Olii di Campello sul Clitunno, in provincia di Perugia, dove esattamente 10 anni fa, il 25 novembre del 2006, una terribile esplosione strappo letteralmente la vita dai corpi di quattro uomini, Giuseppe Coletti, Maurizio Manili, Tullio Mottini e Vladimir Todhe.

Tre operai e un piccolo imprenditore di una ditta in appalto che quel giorno, nonostante fosse sabato, stavano ultimando dei lavori sui giganteschi silos dell’azienda di Campello, di proprietà della famiglia Del Papa, una delle realtà più importanti a livello europeo nella raffinazione di olii vegetali.

Ma la tragedia di Campello si è distinta dalle tante altre storie di morte sul lavoro per quello che è successo dopo l’esplosione. Ovvero per l'incredibile richiesta di risarcimento che il titolare della Umbria Olii, Giorgio Del Papa, avanzò proprio nei confronti delle vittime (e quindi dei loro eredi): 35 milioni di euro. Richiesta naturalmente respinta dai giudici, anche se, alla fine, dopo la sentenza di Cassazione una parte di responsabilità è stata effettivamente attribuita anche alla ditta Manili, incaricata dei lavori, il cui titolare, Maurizio, è saltato in aria insieme ai suoi operai.

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10 anni dopo, le vedove
“È incredibile che sia già passato tutto questo tempo”, dice Anila, vedova di Vladimir e madre delle sue due figlie, all’epoca solo bambine, oggi giovani donne di 19 e 17 anni. “Sarà che noi ce lo teniamo sempre vicino, a casa le sue foto sono dappertutto e appena possiamo andiamo a trovarlo in Albania, al cimitero di Durazzo, dove abbiamo sepolto quelle quattro ossa che ci hanno riconsegnato, tutto quello che restava di mio marito”.

L’esplosione del silos numero 95 della Umbria Olii spazzò via quelle quattro vite in un baleno. Ma la sofferenza per chi è rimasto, per le mogli, per i figli e gli altri parenti, per tutte le persone care, non si è mai interrotta. “La cosa che mi fa più male è la cattiveria delle persone, di tante persone. Dicono, parlano, criticano. Mi fanno pesare quei pochi soldi che prendo dall’Inail per aver perso mio marito. Ma che ne sanno loro di quanto pesa la solitudine?”. Fiorella è la vedova di Giuseppe Coletti, loro non avevano figli. “Meglio così, mi dice qualcuno, ma non è vero. La mia vita quel giorno è stata stravolta e oggi vado avanti da sola, è durissima, ma ce l’ho sempre fatta, anche grazie alla fede. Giuseppe però lo tengo sempre con me, lo sento vicino e questa sensazione è l’unica cosa che mi resta”

VIDEO: le immagini del disastro

10 anni dopo, l’azienda
Oggi la Umbria Olii ha un volume d'affari di quasi 100 milioni di euro. L’ultimo dato riportato nel sito aziendale - che nel frattempo è stato riscritto tutto in inglese, in linea con il nuovo profilo internazionale dell’azienda (Umbria Olii International, con sedi in Spagna e Usa, oltre che a Campello naturalmente) – parla per l’esattezza di 98 milioni di euro, circa il 20% in più rispetto al 2005, l’anno prima del grande disastro.

Sempre sul sito si trova una cronologia piuttosto dettagliata, che descrive bene la crescita dell’azienda: 2001, 2002, 2003, sempre in avanzamento. 2004, 2005... Poi, però, un salto di tre anni, fino al 2008, quando viene inaugurato – si legge - “un nuovo deposito con nove serbatoi da 750 metri cubi al porto di Civitavecchia”. E da lì ancora più su, anno dopo anno, fino al lusinghiero risultato economico del 2015.

Una storia di successo, insomma. Resta però quel vuoto, tra il 2005 e il 2008, senza neanche una parola, un accenno al disastro, alla morte, alla devastazione, alla disperazione.

10 anni dopo, il ricordo della Cgil dell’Umbria
La memoria non è solo un dovere morale, ma è carburante per l’impegno nel presente e nel futuro: per questo a dieci anni di distanza, venerdì 25 novembre 2016, la Cgil dell’Umbria ha voluto ricordare, 10 anni dopo, una delle più gravi stragi sul lavoro della sua storia. “Partiamo dal ricordo delle vittime e dall’ascolto dei familiari, anche perché un’organizzazione come la nostra ha il dovere di essere al fianco di chi resta”, spiega Vasco Cajarelli, segretario regionale della Cgil dell’Umbria. “Ma la memoria deve poi trasformarsi in impegno – continua il dirigente Cgil – perché 10 anni dopo quel tragico evento siamo ancora costretti a fare i conti con numeri impietosi, nonostante la crisi economica devastante”. Secondo i dati Inail, al 30 settembre erano già 18 le vittime sul lavoro del 2016 in Umbria, ma nei mesi successivi le morti sono proseguite, l’ultima a Bastia Umbra lo scorso 14 novembre, eguagliando se non scavalcando il dato di 20 morti sul lavoro nel 2015 in Umbria. Al contempo, anche gli infortuni non mortali sono in aumento, da 8179 dei primi 9 mesi del 2015 a 8441 di quest’anno.


L'iniziativa della Cgil dell'Umbria con i familiari delle vittime

«Rassegnarsi non è una possibilità»
“Di fronte a questi numeri verrebbe voglia di rassegnarsi, ma noi non possiamo permettercelo, la Cgil non può permetterselo – commenta Vincenzo Sgalla, segretario generale del sindacato umbro – al contrario, il nostro compito è quello di insistere, martellare quotidianamente affinché la sicurezza sul lavoro non sia una priorità per la politica e le istituzioni solo una volta ogni 10 anni, all’indomani della Umbria Olii o della Thyssen, ma diventi priorità quotidiana, attraverso la prevenzione, i controlli e soprattutto una modifica culturale dentro e fuori i luoghi di lavoro”.