Nel 2016 il Pil nel Mezzogiorno cresce meno rispetto al resto del Paese. La situazione migliora parzialmente solo nel 2017. Il dato realmente preoccupante è la "grande fuga" dei giovani dalle regioni del meridione. È quanto emerge del rapporto Svimez diffuso oggi. Quest'anno il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,8%, quale risultato del +0,9% del Centro-Nord e del +0,5% del Sud: una variazione ancor più positiva di prodotto del Sud rispetto alle previsioni del luglio 2016. È quanto emerge del rapporto Svimez diffuso oggi. A trascinare l'evoluzione del Pil è l'andamento dei consumi, stimato in +0,6% al Centro-Nord e +0,4% al Sud. 

Aumenta leggermente l'occupazione, ma cresce anche il numero dei giovani che lasciano il Mezzogiorno. Nel 2016 cresce l'occupazione giovanile, più 3,9%, rispetto a una media nazionale del 2,8%, ma perdono peso le occupazioni più qualificate. Mentre estremamente qualificati sono la maggior parte dei 653.000 in fuga dal Mezzogiorno (saldo negativo tra il 2002 e il 2014): 478.000 sono giovani, tra loro 133.000 sono laureati, la maggior parte sono donne. E nel 2015 il numero dei nati al Sud raggiunge il livello più basso dall'unificazione d'Italia.

L’economia delle regioni del Sud "registra alcuni trend positivi, anche migliori rispetto all’andamento nazionale, ma questi dati non rappresentano il segnale di una ripresa strutturale, sono per lo più limitati ad alcuni settori, agricoltura e turismo, e sono stati condizionati da fattori specifici”. Così la segretaria confederale della Cgil Gianna Fracassi commenta il rapporto.

Per Fracassi “la ripresa del Mezzogiorno appare ancora più fragile se la inseriamo nel contesto delle condizioni sociali, che permangono critiche rispetto ai livelli di povertà, di esclusione sociale, e di accesso ai vari livelli di istruzione. Stessa sofferenza si registra nel diritto allo studio. Decine di migliaia di giovani hanno abbandonato il Sud, senza che vi sia un fenomeno parallelo di attrazione; una drammatica perdita netta di capitale umano che pone pesanti interrogativi sul futuro”.

“Per quanto riguarda l’occupazione - osserva la dirigente sindacale - la crescita dell’1,6% registrata nel 2015 è stata certamente condizionata dalla forte decontribuzione prevista dal Jobs Act e ha riguardato per lo più contratti a termine, contratti part-time, lavori a bassa qualificazione, e un notevole incremento dei voucher”.

Secondo il segretario confederale, inoltre “elemento determinante per l'andamento positivo del Pil è stato il livello particolarmente elevato degli investimenti pubblici, legato all'accelerazione della spesa per la chiusura della programmazione europea 2007/13. Le previsioni Svimez per il 2016 e il 2017 attribuiscono un segno positivo alla crescita meridionale, ma la ridimensionano alla metà di quella riferita all’intero paese”.

Fracassi sostiene che il Masterplan per il Sud “potrebbe rappresentare per i prossimi anni un fattore determinante di sviluppo, ma solo con interventi non frammentati, ma concentrati su driver chiari di sviluppo economico-produttivo ed inclusione sociale. Per questo - spiega - sono necessari una maggiore coordinazione sovraregionale e un investimento forte sulla governance per monitorare e accelerare la spesa, la quale deve avere carattere di addizionalità e non di sostituzione delle spese ordinarie. Per raggiungere concretamente gli obiettivi di convergenza tra sud, centro e nord, servono interventi strutturali, vale a dire investimenti pubblici diretti che assieme all’occupazione rappresentano un motore indispensabile per riattivare anche quelli privati e la domanda".

Infine, per la Cgil “occorre accompagnare questo percorso con un piano straordinario per l'occupazione giovanile e femminile, e, come già indicato con la nostra campagna 'Laboratorio Sud' - conclude Fracassi - sono indispensabili un nuovo piano industriale per il Mezzogiorno, forti investimenti in innovazione e ricerca,  anche nell'ottica del programma Industria 4.0, affiancati da serie politiche di contrasto alla povertà, inclusione sociale e sostegno all’istruzione pubblica e al diritto allo studio”.

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