La Fiom ha nuovamente richiesto un incontro e un interessamento al ministro dello Sviluppo economico Di Maio sull’azienda Snaitech e, a quanto pare, il Ministero ha preso in carico la richiesta. Ne dà notizia lo stesso sindacato dei metalmeccanici Cgil, che evidenzia quanto la situazione nel corso di questi mesi abbia risentito “di ulteriori sviluppi, sia per quanto riguarda il perfezionamento dell’acquisizione da parte di Playtech, uno dei principali attori a livello mondiale nella realizzazione e forniture per il gioco, sia perché Snaitech è stata condannata per attività antisindacale dal Tribunale di Lucca”.

Nel frattempo, Snaitech ha abbandonato la borsa di Milano per passare a quella di Londra e non la Fiom non esclude che venga “spostato il baricentro aziendale all’estero, con tutte le ripercussioni che può comportare per le sedi italiane ed i livelli occupazionali”.

Playtech, però, non si è mai pronunciata riguardo alle future strategie, investimenti, organizzazione del lavoro, garanzie occupazionali e nemmeno sulle missioni delle sedi operative in Italia. “Siamo in assenza - afferma la Fiom - di un benché minimo piano industriale. Tutta la strategia aziendale volta a dividere le organizzazioni sindacali ed i lavoratori, nonché a voler disapplicare il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, così come avevamo annunciato, si è rilevata gravemente illegale ed è sfociata in una condanna a Snaitech”.

Alla Fiom, inoltre interessa “capire quali sono le reali prospettive dell’azienda ed esaminare in sede ministeriale questo poco chiaro passaggio societario. Inoltre, visto che le concessioni legate a questo settore sono pubbliche, riteniamo che ci vogliano scelte coraggiose da parte del Governo e devono essere rilasciate solo a seguito di chiare garanzie per i lavoratori ed i cittadini, a chi rispetta i diritti dei lavoratori, la loro dignità e libertà”.

L’ azienda nonostante la condanna sembra invece insistere nella sua linea, che Massimo Braccini, coordinatore nazionale Fiom del Gruppo Snaitech, definisce “arrogante e provocatoria”. “Non si gestiscono le aziende con tracotanza e con l’idea di imporre ai lavoratori le scelte aziendali - conclude -, ma con relazioni sindacali improntate al pieno rispetto dei ruoli e delle libere scelte dei lavoratori”.