ROMA - Centonovantaquattro esuberi (di cui 13 giornalisti) e 378 trasferimenti, per un totale di ben 572 lavoratori coinvolti. Questi i numeri confermati da Sky nell'ultimo incontro sindacale del 6 febbraio presso la sede di Unindustria a Roma. “Numeri intoccabili”, fanno sapere dalla direzione aziendale, che hanno come inevitabile conseguenza lo sciopero nazionale, il secondo nell'arco di due settimane: braccia incrociate per 24 ore a partire dalle ore 6 di mercoledì 8 febbraio con manifestazione in piazza Montecitorio dalle 10.

La riorganizzazione impatta pesantemente su Roma, lasciando all'opera appena 181 lavoratori sui 669 attuali (di fatto rimarrebbe in piedi solo la redazione politica). “Sky Italia – sottolineano in una nota unitaria i sindacati, chiedendo l'intervento delle istituzioni – è una società che fa utili e che non sta pensando di ridimensionare l'attività. Anzi, per stessa ammissione della direzione del personale, proseguirà in investimenti e assunzioni. Quindi è inaccettabile – osservano – un'operazione di tale portata sul personale”.

Il tweet della Slc con l'annuncio dello sciopero

Alla richiesta di rivedere il pesante piano di riorganizzazione, riferiscono ancora Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, l’azienda ha detto con chiarezza che non ci sono spazi di ripensamento. Non c'è neppure l'intenzione di utilizzare gli ammortizzatori sociali, cosa che l'ad Andrea Zappia avrebbe chiarito in un incontro con i ministri Carlo Calenda (Sviluppo economico) e Giuliano Poletti (Lavoro). Questo perché in realtà non esiste uno stato di crisi, bensì siamo di fronte a una semplice scelta riorganizzativa. Sempre a quanto riferito dalle tre sigle, “Sky ha chiarito che non vorrebbe avviare procedure di legge per licenziamenti collettivi e trasferimenti, a patto che si trovi un accordo con i sindacati e l’accettazione individuale di tutti i lavoratori a essere trasferiti o incentivati/sostenuti all’uscita. In caso contrario, l'emittente andrà avanti con i licenziamenti e i trasferimenti attivando le procedure di legge”.

Un prendere o lasciare che le organizzazioni dei lavoratori non sembrano disposte a considerare in questa fase del negoziato. La protesta dell'8 febbraio sarà attuata sui due fronti, giornalisti e personale delle tlc. “Dopo l’incontro con la dirigenza presso la sede di Unindustria – aggiunge il segretario generale della Slc Cgil di Roma e Lazio Riccardo Saccone – appare evidente, se ancora ce ne fosse stato bisogno, come la scelta di dismettere la sede di Roma non abbia alcuna giustificazione da un punto di vista industriale. Siamo con ogni evidenza dinnanzi all’ennesima azienda che spaccia per strategica una mera operazione di riduzione dei posti di lavoro”.

Il drastico ridimensionamento nella capitale, aggiunge l'esponente della Cgil, è semplicemente il frutto di scelte inaccettabili. Lo conferma il fatto “che l’attuale sede non è stato presentato alcun piano di investimenti: se si realizzasse il proposito dei vertici di Sky, Roma finirebbe per diventare nulla di più che un ufficio di corrispondenza. Non si può assistere passivamente alla perdita di circa 500 addetti dalle elevatissime professionalità e a un impoverimento del tessuto produttivo della nostra città. Questa vertenza – aggiunge il sindacalista – non può e non deve essere un semplice problema dei lavoratori coinvolti e del sindacato. Le forze sociali e politiche si devono impegnare affinché gli uffici diventino il centro di un progetto di sviluppo della digitalizzazione di tutto il territorio”.

Il timore generalizzato è che la medesima strada possa essere intrapresa a breve da Mediaset, La7 e anche dalla Rai per il Tg2. “Stiamo provando a costruire un fronte compatto con tutte le forze sociali della città – aggiunge Saccone interpellato da Rassegna – davanti alla scelta della multinazionale di accorpare il lavoro in un unico centro. Un'operazione nella quale, tra l'altro, loro sperano di perdere qualcuno per strada, perché è evidente che molti saranno costretti a rinunciare a Milano”. Più in generale, conclude, "c'è il tema dell'impoverimento progressivo di Roma: a mano a mano che perdiamo posti e professionalità legate alla digitalizzazione, ci si chiede quale potrà essere il futuro per la città. Nessuna capitale occidentale può vivere di solo turismo".