“Porre il tema dei diritti al Sud è una questione coerente con il progetto della Carta, come porre al centro della discussione il tema dei giovani significa proporre la questione della centralità del lavoro. Cosa che le politiche del governo nazionale finora non hanno fatto”. A dirlo è stato Franco Martini, segretario confederale Cgil, parlando nel tardo pomeriggio di giovedì 27 maggio a Otranto (Lecce), nel corso dell’iniziativa “Sud, precarietà, nuovi orizzonti”, organizzata da Nidil e Cgil Lecce come “fuori-programma” delle Giornate del Lavoro. Martini ha poi aggiunto di “contrastare l’idea che lavoro e sviluppo possano coniugarsi soltanto in cambio di una riduzione dei diritti, riproponendo ricette che tornano ad arretrare sui diritti. Diritti e sviluppo economico non sono tra loro in contraddizione”.

Il segretario confederale ha poi spiegato che la Cgil ha scelto di svolgere le Giornate del Lavoro a Lecce “perché crediamo a uno sviluppo del Sud, non fondato sulla marginalità delle produzioni, ma sul valore aggiunto rappresentato soprattutto dalle intelligenze e dalle professionalità dei giovani”. In questo senso, ha concluso, condividiamo “le scommesse che le imprese di qualità, anche in questo territorio, fanno, perché in linea con gli obiettivi della Carta dei diritti: crescita e occupazione, superando la divisione tra mondo del lavoro particolarmente tutelato e un altro esposto ai ricatti”.

Nel corso dell’incontro, cui hanno partecipato anche Luciano Barbetta (imprenditore e presidente del Politecnico del Made in Salento di Casarano) e Daniela Campobasso (segretaria generale Nidil Cgil Lecce), ha preso la parola anche Valentina Fragassi, segretaria confederale Cgil Lecce, rimarcando come “da mesi stiamo incontrando i giovani del territorio con iniziative itineranti: non è stato un percorso semplice, abbiamo anche raccolto critiche, perché partiamo dalla consapevolezza di aver visto nel paese aprirsi, in questi ultimi 20 anni, una ferita profondissima per il futuro”. Secondo Fragassi i giovani “chiedono al territorio e al paese risposte vere in materia di lavoro stabile e di possibilità di programmare il futuro nella propria terra d’origine. Il 63 percento dei giovani sono pronti ad andare via. Di contro abbiamo una politica che non risponde, e che anzi precarizza ancora di più il lavoro. L’ultima riforma approvata dal governo ha segnato delle disuguaglianze profonde, non solo tra lavoratori ma ha sbilanciato ancora di più il rapporto di forza tra datore di lavoro e lavoratore”.