Non è facile ricostruire la storia recente del turismo italiano, e soprattutto non è facile capacitarsi del perché, anche contro il senso comune, le cose vadano come vanno, perché le competenze siano così disorganiche, perché sia così difficile metterci mano in una logica di maggiore efficienza o quanto meno razionalità. Si sente spesso dire in giro che “il nostro futuro è nel turismo, e la cultura è il nostro il petrolio, ma non lo sappiamo sfruttare”. Un luogo comune che sempre più spesso si intreccia con le competenze del ministero per i Beni e le Attività culturali ed il Turismo, che il titolare Dario Franceschini ha definito “il più importante ministero economico italiano.

La domanda che ci poniamo e a cui cerchiamo di rispondere con la ricerca “Turismo, vent’anni senza”: si può ripartire dalla cultura, per rilanciare il turismo? Proviamo a spiegarlo, ponendo in evidenza statistiche e numeri molto importanti e significativi. Secondo le ultime indagini ufficialmente disponibili, la motivazione culturale influenzerebbe quasi il 40% dei turisti internazionali: nel 2013 in 48 milioni hanno visitato il nostro Paese. Abbiamo quindi 18 milioni di stranieri attratti dalla cultura. Tra i turisti italiani, invece, la motivazione culturale di vacanza in Italia “pesa” per il 24%, su un totale di 55 milioni di viaggiatori 2013, e quindi spiega 13 milioni di turisti domestici. I “turisti culturali” sono pertanto soprattutto stranieri.

Considerando ancora le ultime indagini disponibili sui vacanzieri (italiani e stranieri in Italia) e in particolare i dati sulla permanenza media e la spesa, si arriva a stimare una spesa complessiva dei turisti culturali pari a 9,3 miliardi, di cui il 60% generata dai turisti stranieri: sono sempre loro, quindi, i più grandi “consumatori” di cultura in vacanza. Applicando i moltiplicatori settoriali diretti e indiretti della produzione dovuta alla domanda turistica si stima che il valore aggiunto generato dalla domanda turistica culturale ammonta a oltre 6,3 miliardi di euro, e l’occupazione sostenuta da questa domanda raggiunge e supera 186 mila unità di lavoro.

In Italia, nel 2013, nonostante la crisi che ha falcidiato anche queste spese, 100 milioni di persone hanno “effettuato un consumo di bene culturale”, visitando un museo o un sito. Di questi circa 52 milioni erano italiani (70% residenti o escursionisti, 30% turisti pernottanti) e 47 milioni stranieri (42,2 milioni turisti pernottanti, 4,7 milioni invece escursionisti, come i crocieristi). Si valuta che gli italiani siano stati in netto calo, gli stranieri invece in crescita; ma non ci sono dati precisi, perché incredibilmente non vengono rilevati. Di nuovo si verifica che il principale gruppo di “paganti in biglietteria” è costituito dai turisti stranieri.

Dal lato degli eventi culturali, si sono avuti 29,8 milioni di partecipanti/spettatori a eventi musicali a pagamento e/o frequentatori di mostre, di cui 2,7 milioni turisti pernottanti. Meno del 10%, quindi, sono turisti, e questo vuol dire che nella stragrande maggioranza dei casi gli eventi hanno scarsissimo impatto turistico. Nell’insieme (beni più eventi) si stima una spesa finale di oltre 11,2 miliardi, di cui più della metà sostenuta dagli stranieri. E ancora, con i metodi usuali, si stima che il valore aggiunto arriva a 8,1 miliardi di euro, e l’occupazione a 224 mila unità di lavoro.

La relazione economica tra cultura e turismo è già oggi fortissima: la cultura “vale” circa 10 miliardi di spesa turistica (pari al 24% del totale nazionale) e 7 miliardi di valore aggiunto; e questo segmento di turismo “impegna” circa 200 mila lavoratori, un quarto del totale del settore. Ma, soprattutto, si ha la conferma che sono i turisti a sostenere la maggior parte della spesa diretta per cultura, e tutto l’indotto. Potrà forse sembrare dissacrante e materialista trattare beni ed eventi culturali come un fattore di produzione di reddito e un’occasione di lavoro, ma vale la pena di iniziare a farlo.

Valorizzare non vuol dire semplicemente scavare, recuperare, restaurare, repertoriare, archiviare, proteggere: quelle sono precondizioni, forse sacrosante, ma che non possono esaurire il compito. In un ideale bilancio economico rappresentano altrettante voci di costo, a fronte del quale occorre iniziare a considerare e incrementare le voci di ricavo. Non solo quelle di biglietteria e di bookshop, ma sempre più anche quelle di trasporti, ristorazione, shopping, alloggio: le ricadute turistiche.

La valorizzazione non può esaurirsi con la fase di cantiere, e l’occupazione generata e indotta non può essere conteggiata solo tra gli addetti al cantiere stesso e, al più, alla sua guardiania una volta conclusi i lavori. Quindi, se già adesso la cultura è così importante per sostenere il nostro turismo, non si può che ripartire da qui per rilanciarlo. A patto di farlo con un minimo di organizzazione e di serietà.

* Presidente Sl&a Turismo e Territorio