"Crediamo che anche nel Lazio debba essere garantito alle donne il diritto di ricorrere, se ne sussistono le condizioni, alla RU486 come avviene ormai da mesi in altre regioni d’Italia (e da oltre vent’anni in Francia)". La richiesta arriva da Silvia Ioli, segretaria della Cgildi Roma e Lazio e Claudia Bella, del Coordinamento Donne Cgil di Roma e Lazio.

"Ogni struttura sanitaria già accreditata per l’interruzione volontaria di gravidanza - scrivono le due esponenti del sindacato - deve offrire anche questa possibilità in base alle indicazioni dei medici e alla scelta della paziente. Cosi come riteniamo che prevedere la somministrazione della RU486 solo in regime di ricovero obbligatorio (al contrario di quello che accade in altre regioni) oltre a essere difficilmente attuabile (si tradurrebbe iinfatti in una violazione dei diritti costituzionali) comporti uno spreco di risorse pubbliche che potrebbero essere più utilmente impiegate per azioni di prevenzione e sostegno alla maternità così come previsto dalla legge 194".

"La burocrazia non può essere utilizzata per rendere ancora più sofferta e difficoltosa una scelta che per la donna è sempre dolorosa e drammatica - concludono Ioli e Bella - non sono perciò tollerabili ulteriori ritardi e rinvii".