La proposta di modifica della Costituzione approderà in commissione alla Camera. Il testo arriva così come approvato in prima lettura dal Senato lo scorso 8 agosto. Per Danilo Barbi, segretario nazionale della Cgil, intervistato da RadioArticolo1 nel corso della trasmissione ItaliaParla (qui il podcast), il documento così come è ora rappresenta un progresso, un cambiamento in meglio, ma va ancora modificato. Per la Cgil modificare in modo mirato la Costituzione superando il bicameralismo perfetto, ridefinendo le competenze di Stato e regioni, era “un passaggio necessario”, spiega Barbi, anche per motivi che “hanno a che fare con la crisi. Gli Stati spendono troppo: per reagire alla crisi ci vogliono nuove istituzioni per una nuova politica economica. Le istituzioni debbono spendere non meno ma meglio e bisogna che spendano per determinare un nuovo modello di sviluppo, invece che per dissipare risorse o coltivare privilegi. Quindi la nostra visione della riforma istituzionale è quella di un nuovo Stato, nuove istituzioni, una nuova democrazia anche come organizzazione, ma finalizzata a una nuova politica economica”.

Barbi sottolinea anche “l'impresa incredibile” del referendum Stop Austerità, sostenuto e promosso dalla Cgil: “Nessuno ha mai raccolto le 500mila firme in luglio, agosto e settembre. Un primo risultato il referendum l'ha già raggiunto, secondo me. Quello che una parte di parlamentari ha deciso di presentare una modifica dell'articolo 81 (che ha introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione) che è esattamente quello su cui, politicamente, insiste il referendum. Questa è una cosa importante che andrà in commissione alla Camera, e che noi sosteniamo apertamente. Sul resto la nostra posizione è che quello uscito dalla commissione Senato, che ha cambiato molto il testo presentato dal governo, è un testo che, seppure lo giudichiamo positivamente, ha bisogno di ulteriori modifiche nel percorso parlamentare”.

Tra i tratti positivi, secondo Barbi, c’è “il superamento del bicameralismo perfetto. La Cgil ha da tempo sostenuto questa posizione, ma non per la riduzione delle funzioni parlamentari, anzi proprio per il loro rafforzamento. Le leggi economiche, le leggi di stabilità, le finanziarie vengono approvate con la fiducia su un maxiemendamento che fa il governo, non il Parlamento. Quindi in realtà la politica economica in Italia è decisa praticamente, al 90%, dal governo. Alla fine, dopo una lunga discussione parlamentare tra le due Camere, la discussione precipita in un maxiemendamento di 500 commi che molti parlamentari, non dico non capiscono, ma neppure leggono, e su cui il governo mette la fiducia. Questo avviene in Italia da 17 anni”.

Nel superamento del bicameralismo, però, la Cgil pensa che “il Senato deve essere un Senato che rappresenta le istituzioni decentrate – prosegue il dirigente sindacale - come è in Germania e come è in Francia, quindi deve essere un Senato di seconda istanza, se è un Senato delle autonomie non deve essere eletto dal popolo, deve essere eletto dalle autonomia”. Barbi fa l’esempio di quanto succede in altri paesi: “Il Senato francese sulle questioni che riguardano le istituzioni locali, comuni, ha un parere obbligatorio. Il Senato delle regioni tedesco (Bundesrat ndt) vota le modifiche delle eventuali leggi, anche economiche. Non tutta la legge di stabilità. Ma se c'è un punto che riguarda la vita delle regioni, dei comuni, quello deve essere votato anche dal Senato che rappresenta le regioni o le autonomie locali delle regioni”.

Quanto all’autonomia e al rapporto tra Stato centrale e regioni, secondo Barbi, in seguito alla riforma del Titolo V, “invece di ridisciplinare funzioni e potere tra Stato centrale e autonomie locali e regioni, si sono sommate le competenze e si è creato un mucchio di competenze cosiddette concorrenti. Questo ha aumentato la spesa improduttiva, non la spesa pubblica positiva per l'economia, quella improduttiva, quella per la rappresentanza invece che per le azioni, e ha creato moltissime confusioni costituzionali. Abbiamo una valanga di depositi, di ricorsi alla Corte sull'interpretazione di queste materie. Le materie concorrenti andavano cambiate, noi su questo siamo molto d'accordo. Temevamo dei meccanismi che mettessero in discussione l'uniformità dei diritti, questo difficile equilibrio a cui noi teniamo molto in base al quale non ci devono essere cittadini di serie a e di serie b, né a seconda di dove nascono, né a seconda del quartiere o della città dove nascono. Devo dire però che le modifiche introdotte sul Titolo V vanno sì perfezionate, ma sono un passo avanti”.

Infine una battuta sulla legge elettorale, l'Italicum, che ancora non piace alla Cgil: “Questa legge – spiega Barbi - noi pensiamo che sia sbagliata e incostituzionale. La sentenza della Corte Costituzionale (sull’illegittimità del Porcellum, ndr) ha detto con chiarezza che i parlamentari devono essere conosciuti e scelti dai cittadini. Nella proposta di legge elettorale, invece, non sono né conosciuti né scelti. Inoltre, ha detto sempre la Corte, i due principi, rappresentatività e governabilità, sono entrambi legittimi e democratici ma la rappresentatività è tutelata dalla Costituzione, la governabilità meno. Quindi bisogna che l'equilibrio non sia troppo spostato a favore della governabilità. Bisogna evitare – conclude Barbi - una legge elettorale che faccia un Parlamento che rappresenta il governo e non il popolo”.