Il sospetto che l'Italia non fosse un Paese molto virtuoso in materia di rifiuti c'era già, forse anche qualcosa di più di un sospetto. Ma ora, la ricerca dell'Eurispes 'Plastica e riciclo dei materiali: un'altra via è possibile', realizzata in collaborazione con Polieco e presentata oggi con la Federazione Green Economy, mette nero su bianco una serie consistente di criticità e stila anche una classifica europea che vede il Bel Paese desolatamente agli ultimi posti (20esimo su 27) in compagnia di Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Romania e Slovacchia.

Il nostro Paese, infatti, “seguendo la politica delle discariche o dell'incenerimento, non riesce ad interpretare un ruolo virtuoso”. L'Italia “registra gravi carenze nelle politiche di prevenzione dei rifiuti e non incentiva le alternative al conferimento in discarica”. Però “ogni anno in Italia una quantità enorme di rifuti, circa 26 milioni di tonnellate, viene diretta al mercato dell'esportazione clandestina”.

La ricerca spiega infatti che “l'Asia, in particolare la Cina ed Hong Kong, si è affermata negli anni più recenti come catalizzatore dei fussi di rifuti plastici provenienti dai paesi dell'Europa, che tornano sotto forma di prodotti lavorati e, se a questo si aggiunge che circa un 1/5 dei manufatti mondiali vengono realizzati in Cina, si può facilmente comprendere come quello dei rifiuti sia uno dei flussi fondamentali per alimentare la produzione cinese, in grado di sostituire materie prime che sarebbero più costose”. Nello stesso tempo “gli impianti di riciclaggio italiani sono sottoutilizzati: per lavorare a regime avrebbero bisogno di almeno il 25% di materiale plastico in più”.

Ma oltre a questo, l'atteggiamento dell'Italia è anche “miope, perché potrebbe provocare la perdita degli ingenti finanziamenti che verranno erogati da Bruxelles, tra il 2014 e il 2020, solo a quegli stati membri che privilegiano il riutilizzo e il riciclaggio rispetto all'incenerimento o alla discarica”.

“A differenza degli altri paesi industrializzati, l'Italia fa ancora eccessivo ricorso alle discariche come modalità di smaltimento dei rifuti sia urbani che industriali - è la denuncia contenuta nella ricerca - mentre nel settore del riciclaggio scarse sono le iniziative che, tramite processi ed impianti tecnologicamente avanzati, recuperano materie prime da rifuti”. Fino ad oggi, infatti, “l'alternativa alla discarica è stata individuata nell'uso dei termovalorizzatori che a lungo hanno dimostrato la loro parziale effcacia”.

Eppure, se in Europa tutti i Paesi si adeguassero alle normative comunitarie nella gestione dei rifiuti, si potrebbero avere risparmi per 72 miliardi di euro l'anno, la creazione di 400.000 posti di lavoro entro il 2020, e un incremento del fatturato di 42 miliardi di euro all'anno (secondo citazione dati commissione Ue).

“I rifiuti - spiega il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara - sono una risorsa e non vanno visti come un fardello di cui liberarsi. L'Italia, non attuando una corretta gestione del ciclo, esporta ricchezza”, inviando in Cina i materiali per il riciclo e ricomprando poi i prodotti che vengono da li “senza alcuna garanzia. Il riciclo in casa nostra - osserva Fara – è la via maestra per rilanciare l'economia, prevenire lo spreco di materiali, ridurre il consumo di materie prime e di energia”.

Dalla ricerca emerge infine “un'agenda di lavoro”, in base all'analisi delle normative e delle tecnologie, che indica obiettivi precisi; tra cui, “raccolta di tutti i materiali plastici utilizzati, progettazione di un'infrastruttura efficiente per separare i diversi tipi di plastica, ridurre lo smaltimento in discarica, prediligere raccolta e recupero monomateriale, garantire standard di qualità, creare sinergie industriali e promuovere il riciclo a 'km zero'”.